Vinyl: l’epoca d’oro del rock secondo Mick Jagger e Martin Scorsese

 

La New York degli astri nascenti del punk e del rock and roll, gli ultimi bagliori di Elvis e della Factory di Andy Warhol, la vita notturna a Greenwich Village con David Bowie e i Velvet Underground, i concerti elitari della esordiente musica disco afroamericana, innovativa e destinata a un ruolo di primo piano negli anni a venire: l’epoca felice in cui l’industria discografica e le major che controllavano il mercato musicale erano all’apice del loro ingranaggio e le vendite dei vinili schizzavano come i giri infuocati della puntina sul piatto del giradischi. La fine degli anni ’60 e il principio degli anni ’70 rappresentano un periodo cruciale nella storia della musica; il rock di maniera si avviava ad estinguersi riducendosi a comparire tuttalpiù sulle copertine imbolsite di alcuni dischi in occasione delle compilation natalizie, mentre band come i New York Dolls mandavano in estasi il pubblico e venivano trasmesse nelle radio fuori dai confini americani.

Tutto questo e molto altro raccontano – o vorrebbero raccontare – le 10 puntate che compongono la prima serie di Vinyl, trasmesse in Italia su SkyAtlantic. L’obiettivo è senza dubbio ambizioso e non privo di rischi. Del resto quando l’ideatore della serie è l’interprete più famoso di quella generazione, ovvero Mick Jagger, e i registi e produttori sono Martin Scorsese e Terence Winter, il progetto non può che accendere grandi aspettative. Se poi il personaggio protagonista di fantasia è uno degli addetti ai lavori che si muovono con maggiore disinvoltura tra le opportunità e le insidie di questo ambiente fatto di statistiche commerciali e passione genuina, le possibilità di offrire una narrazione esaustiva accattivante di quegli anni sono servite.

Richie Finestra (l’attore di origine italiana Bobby Cannavale) è il presidente dell’American Century Records. L’industria musicale e i contatti con gli artisti, la ricerca dei gruppi da immettere sul mercato e costruire in alcuni casi a tavolino seguendo un’estetica mirata, costituiscono gli obiettivi dell’etichetta. Il precipizio della crisi finanziaria che potrebbe portare al licenziamento coatto degli impiegati e persino alla chiusura dell’American Century Records costringe nel corso degli episodi Richie Finestra e i suoi più stretti collaboratori a manovre politiche azzardate che vanno dalla proposta di vendita a un colosso tedesco, la Polygram, al coinvolgimento di esponenti senza scrupoli della mafia locale. Fa da sfondo la vita privata “normale” delle persone che gravitano intorno agli uffici: quella di Devon (Olivia Wilde), musa e modella di Andy Warhol prima di diventare la moglie di Richie, e di Jamie C. Vine (Juno Temple), giovane segretaria dell’etichetta che nutre aspirazioni come talent scout e che riesce a scritturare i Nasty Bits. Gli elementi originali di Vinyl sono presentati attraverso un filtro che descrive l’ascesa e il declino dei miti e che fa intravedere la condizione personale di fragilità nascosta dietro i riflettori. Le incursioni curatissime nel mondo della musica dei primi anni ‘70, con una colonna sonora ricca di canzoni che spaziano dai Led Zeppelin agli Slade fino ai cantanti blues, e la cura scrupolosa per la scenografia, il vestiario e la fotografia, contrastano con alcuni difetti nella sceneggiatura, che risulta a volte calante e non in grado di tenere alta l’attenzione dello spettatore con una trama ben strutturata in tutti gli episodi. Ci aspettiamo che queste carenze vengano colmate a partire dalla prossima stagione. Nel frattempo l’attesa è comunque abbondantemente ripagata grazie a un tuffo nel passato che nelle sue note e nei suoi colori sgargianti ci riporta con nostalgia agli anni migliori dell’industria culturale.

Eulalia Cambria

 

 

di Eulalia Cambria

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