Giochi d’acqua e pietra: le fontane storiche messinesi, parte 1

IMG_4473Probabilmente, alla luce dei recenti fatti d’attualità che qualche mese fa hanno fatto assurgere la nostra città ai (dis)onori della cronaca, affermare che a Messina l’acqua non è mai mancata potrà prestare il fianco a una facile ironia di pessimo gusto; ma, tralasciando un attimo il presente, possiamo dire senza ombra di dubbio che in passato questa affermazione è sempre stata vera

La città di Messina, infatti, è cresciuta nei secoli, per via della sua peculiare posizione, arrampicandosi dal mare verso le colline lungo il letto di numerosi torrenti che hanno sempre concesso ai cittadini di avere una continua disponibilità di acqua dolce, e ai suoi governanti di abbellire, nel corso degli anni, il suolo pubblico, con la costruzione di monumentali fontane artistiche: e forse i nostri lettori più assidui (se ne abbiamo) si ricorderanno delle due più importanti di cui già abbiamo discusso, le fontane di Orione e del Nettuno, impareggiabili capolavori del manierismo cinquecentesco, opere del toscano Montorsoli, collaboratore di Michelangelo.

Diverse altre sono le fontane sparse qua e là nelle vie del centro storico, e, anche se oggi molte di loro non sono più ravvivate dagli zampilli dei giochi d’acqua, conservano intatto il loro fascino, la loro bellezza e il loro valore storico ed è per questo che la nostra rubrica, per questa uscita e la prossima, vi propone un piccolo itinerario a tema alla scoperta di questi piccoli gioielli di pietra.

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Partiamo da un luogo caro a tutti noi universitari: la sede del Rettorato, in piazza Pugliatti, uno dei punti di snodo della città moderna. A pochi passi da lì, se ci dirigiamo lato monte, sul corso Cavour, proprio fra questa via e la via XXIV Maggio, c’è un piccolo spazio alberato in cui fa capolino l’antica Fontana dell’Acquario: una vasca in marmo rosa, sormontata dalla statua di un giovanotto dal sorriso appena abbozzato, che regge due brocche d’acqua e sta seduto a cavalcioni di un globo decorato da una fascia coi segni dello Zodiaco. Probabilmente è la personificazione del segno dell’Acquario, e secondo alcuni è proprio questo segno zodiacale, il secondo segno del mese di Gennaio, a cui si deve il nome popolare della fontana, detta di “Innaru” o “Gennaro”, benché l’origine di questo soprannome sia controversa. Datata dagli storici locali al 1602, la tradizione la attribuisce a Rinaldo Bonanno, genero di Andrea Calamech (autore del monumento a Don Giovanni d’Austria), benchè sia morto nel 1590; è più probabilmente opera della sua bottega, forse proprio di Lorenzo Calamech, il figlio di Andrea.

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Proseguendo lungo la via Cavour ci dirigiamo verso il Duomo, davanti a cui si trova la meravigliosa Fontana di Orione, e da lì scendiamo lungo la via I Settembre, l’antica via Austria. Proprio lungo questa via, a un certo punto, troviamo una piccola strada, oggi completamente pedonale, che la collega alla piazza Lepanto, la famosa “piazzetta” antistante l’Annunziata dei Catalani. È quel che resta della antica via Cardines; queste due vie, via Austria e via Cardines, rappresentavano le due principali arterie della città vecchia, il cardo e il decumano. Proprio per questo negli anni ’60 del 1600 il Senato di Messina, che all’epoca era all’apogeo del suo potere, decise di decorare il loro punto di intersezione con quattro fontane che dovevano essere poste ai quattro angoli dell’incrocio, sul modello dei palermitani Quattro Canti. Il progetto fu affidato a Pietro Calcagni, che disegnò quattro fontane uguali di gusto squisitamente barocco, dal sontuoso apparato decorativo di conchiglie, volute, cavallucci marini, con quattro grandi mascheroni dalle gote gonfie da cui l’acqua doveva scorrere nelle vasche: nel 1666 la prima fu realizzata ad opera di Innocenzo Mangani. Certo, nessuno poteva immaginare che di lì a poco le cose non sarebbero andate poi così bene per la città; nel 1674, infatti, scoppia la rivolta antispagnola, che si conclude in un fallimento quando nel 1678 Messina cade, stremata dall’assedio spagnolo e abbandonata dagli alleati francesi, e il Senato viene soppresso. Il progetto resta dunque incompiuto; verrà ripreso, calmate le acque, a partire dal 1714, quando, con sorti alterne, diversi scultori locali, fra cui Ignazio Buceti, si occuperanno di completarlo. Distrutte dal terremoto del 1908, oggi solo due delle Quattro Fontane, le meglio conservate, sono state ricostruite e ricollocate nella loro sede originale; le altre due, ridotte in frammenti, sono custodite al Museo Regionale.

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Torniamo sui nostri passi fino al Duomo e da lì, passando da piazza Immacolata di Marmo, prendiamo la via Cristoforo Colombo che ci porta davanti all’ingresso laterale di Palazzo Zanca, sede del municipio della città. Davanti all’ingresso si trova una piccola fontana, elegante, dal profilo semplice; trasportata in questa sede nel 1937 in occasione della visita di Mussolini a Messina, prima si trovava davanti al Palazzo Reale, ad arricchire la cortina del porto ed era probabilmente parte di una struttura monumentale più grande e articolata. Lungo i bordi della vasca superiore, su sette cartigli si legge la data, 1615, e i nomi dei senatori messinesi che la commissionarono, ed è per questo che la fontana oggi è nota come Fontana Senatoria. È qui che si ferma, per adesso, il nostro piccolo percorso per le vie della città, sui sentieri della storia e dell’arte, alla scoperta dei suoi gioielli d’acqua e pietra.

Gianpaolo Basile

ph: Giulia Greco

di Redazione UniVersoMe

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