Messina borghese e opulenta: lusso e Art Nouveau a Villa de Pasquale

Del terremoto del 1908 ci troviamo spesso a parlare, nella nostra rubrica, come di un evento che fu per la storia urbana messinese un tragico spartiacque fra la Messina dei secoli passati, con la sua fisionomia urbana e i suoi monumenti oggi in buona parte perduti, e la Messina post terremoto, la città in cui oggi viviamo, con le sue luci e le sue ombre. Dobbiamo però ricordare che il grande Terremoto non fu la fine di tutto e che, nei primi decenni del secolo scorso, la città intera fu animata da una incredibile ondata di tenacia e orgoglio, che si esprimeva nel desiderio di ricostruire Messina più grande e più bella di prima. Allo sforzo delle autorità cittadine si aggiungeva quello dei privati, della ricca borghesia: la fisionomia della città che conosciamo, con le sue vie squadrate ed i suoi grandi palazzi in stile eclettico, spesso non privi di un loro fascino e di un loro valore artistico, è proprio il frutto di questo grande slancio ricostruttivo.

Dietro ognuno dei grandi palazzi del centro storico possiamo immaginarci le centinaia di storie di borghesi, imprenditori, banchieri, aristocratici che facevano a gara fra loro nel fare sfoggio delle proprie ricchezze e del proprio potere, e al contempo a lasciare il proprio segno nella fisionomia della città in rinascita; spesso con il contributo di architetti blasonati, come il grande Gino Coppedè che a Messina lasciò molte opere pregevoli. È a uno di questi membri di quella borghesia rampante e vitale, l’imprenditore Eugenio De Pasquale, che si deve la costruzione di una delle più significative testimonianze di quel periodo storico: la preziosa quanto sconosciuta Villa De Pasquale.

 

È il 1912 quando Eugenio De Pasquale, imprenditore agrumario, dà inizio ai lavori per la costruzione di una sontuosa residenza privata. Il luogo designato non è però il centro storico, ma la periferia sud della città, quella che all’epoca ne costituiva la zona industriale: a pochi passi dai grandi agrumeti e dalle sue fabbriche, in cui si trasformavano gli agrumi e i fiori di gelsomino in essenze da usare in profumeria, che venivano rivendute in tutta Italia e nel mondo. È lì che la villa si trova ancora: a pochi passi dal torrente Larderia, in zona Contesse, lungo la antica via Consolare Valeria (oggi denominata in quel tratto via Marco Polo), a meno di un chilometro dall’odierno Policlinico Universitario.

 

La grande villa, restaurata e riaperta al pubblico in tempi relativamente recenti (circa un anno fa) dopo anni di decadenza e abbandono, consta di un ampio parco e di un palazzo in stile neorinascimentale, dalle linee architettoniche sobrie ed eleganti. Dietro il caratteristico cancello a forma di ragnatela, un lungo vialetto porta alla residenza padronale, in cima a una scenografica scalinata. L’atmosfera di serena compostezza dettata dalle linee essenziali della costruzione è la stessa che si respira negli interni ampi e luminosi, che conservano ancora il mobilio d’epoca.

Lontano dalle bizzarrie e dalle stravaganze di molto liberty contemporaneo, qui tutto sembra limpido e razionale, a richiamare gli ideali di bellezza neoclassica e rinascimentale che evidentemente dovevano rientrare nei gusti della ricca committenza; statue, mobili, decorazioni, fregi e dipinti, copie fedeli dalle opere dei grandi maestri del Rinascimento e del Manierismo italiano.

 

Poi il pezzo forte, al piano superiore, con la grande galleria resa trionfo di luce dalle ampie finestre che danno sull’esterno. Sul soffitto dello spazioso salone dipinto in verde, le grandi tavole di Salvatore De Pasquale riproducono capolavori di Tiziano Vecellio e Rubens; in lontananza, fuori, si stende l’abitato di Contesse e, sullo sfondo, la Calabria. Possiamo a stento immaginare quanto suggestivo potesse essere stato questo luogo, quando, nei primi decenni del secolo scorso, le case e i palazzi residenziali erano molto di meno, la campagna molta di più, da queste finestre, Eugenio De Pasquale e i suoi familiari potevano affacciarsi e vedere, in lontananza, la spiaggia e le acque dello Stretto.

Gianpaolo Basile

Ph: Giulia Greco

di Redazione UniVersoMe

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