Il potere terapeutico dell’arte nel reparto di oncologia medica del policlinico di Messina

L’albero della vita e dei quattro elementi

Empatia, umanità, resilienza, condivisione, arte e rinascita sono solo alcune tra le più significative parole chiave che hanno caratterizzato l’inaugurazione della quarta mostra pittorica svoltasi il 9 luglio presso l’A.O.U. Policlinico “G. Martino” di Messina.

Nella sede dell’U.O.C. Oncologia Medica, nell’area del Day Hospital si è respirata un’atmosfera di festa inneggiante alla vita attraverso le tele che recano le firme dei pazienti che hanno intrapreso un percorso di cura oncologica in corso di svolgimento o già superato.
Potrebbe risultare inusuale e paradossale pensare a una struttura ospedaliera come luogo di celebrazione, forse perché si è soliti avere un prototipo di assistenza sanitaria sterile, fredda e arida; le pareti del reparto di oncologia costellate delle opere frutto dell’inventiva e della capacità espressiva dei pazienti, comunicano invece che è possibile rendere gli ambienti ospedalieri più accoglienti e rasserenanti, mobilitandosi per delle iniziative di umanizzazione del rapporto medico paziente.

La volontà di rivalutare i bisogni del paziente, riposizionandoli in primo piano – come afferma il Direttore dell’U.O.C. prof. Giuseppe Altavilla – risalgono al Gennaio 2013.
Un sabato sera il professore si imbatte nello spettacolo teatrale “I miei occhi cambieranno alla sala Laudamo: si tratta di un monologo diretto dal regista Giampiero Cicciò, interpretato magistralmente da Federica De Cola e scritto dalla nota attrice messinese Celeste Brancato, scomparsa il 10 ottobre 2009 a causa di un tumore al seno.
L’oncologo viene letteralmente travolto dall’intensità e dalla profondità delle parole contenute nel monologo, autobiografiche perché intrise di sensazioni realmente vissute in prima persona dalla stessa autrice.
In particolare, il punto di svolta per il prof. Altavilla è rappresentato dal racconto di quando Celeste, allo stadio terminale del male, è costretta a ricoverarsi in un ospedale di Roma. Porta con sé un borsone con dentro “un pigiama non pigiama e delle ciabatte non ciabatte”, così definiti nel tentativo di smitizzare la sua condizione, e sale con l’ascensore al quinto piano dell’edificio, dove, dopo aver percorso un corridoio, ad attenderla si trova la seconda stanza a destra al cui interno risiedono già altre tre donne. La degenza non versa in condizioni ospitali e non consente al paziente di affrontare la malattia con atteggiamento fiducioso e ottimista.

Questo è il messaggio che il professore coglie immediatamente, comprendendo che dietro le riflessioni di Celeste si cela un richiamo, un grido d’aiuto collettivo che altri pazienti avrebbero ugualmente manifestato e di fronte al quale non si poteva restare inermi. A seguito dello spettacolo, il Direttore confronta la descrizione di Celeste con quella delle stanze del reparto del Policlinico e si rende conto dell’impressionante somiglianza degli spazi: nota che al quinto piano, seconda stanza a destra, c’erano cinque posti letto. È cominciato in quel momento un progetto rivoluzionario di trasformazione del reparto, finanziato inizialmente da un’ingente somma di denaro proveniente da una donazione, unitamente poi all’investimento delle risorse di progetti PSN.
Oltre al Prof. Altavilla, le personalità coinvolte nell’evoluzione e nel progressivo perfezionamento del percorso di umanizzazione sono la prof.ssa Antonella Cocchiara, docente di Storia delle istituzioni all’Università di Messina, donna pioniera delle pari opportunità e prematura perdita per un tumore, ha suggerito al Professore di riporre la giusta attenzione sull’aspetto estetico della donna promuovendo una raccolta fondi volta all’acquisto delle parrucche.
La prof.ssa Cocchiara ha avanzato anche la proposta di adibire una stanza al parrucchiere e un’altra, originariamente concepita per essere destinata alle sole donne, da lei volutamente rinominata “Una stanza tutta per sé” in omaggio al saggio di Virginia Woolf, divenuta successivamente un punto di ritrovo per tutti i pazienti.
Il contributo di Pompeo Oliva è stato determinante in termini artistici perché è stato lui a chiamare il collega Piero Serboli che a sua volta ha proposto ad altri quindici artisti del territorio messinese di aderire alla donazione di quadri da loro realizzati da esporre nelle pareti del quinto piano.
La risposta è stata talmente positiva che in seguito, nella primavera del 2014, è stato pensato di avviare un corso di pittura per i pazienti del reparto di oncologia coordinato dai maestri Josè Martino, Claudio Militti, Piero Serboli e Aurelio Valentini.
Il laboratorio, quest’anno giunto alla quarta edizione, alla sua conclusione prevede ogni anno l’esposizione delle opere dei pazienti, individuali e a più mani, che resteranno permanenti abbellendo i muri del reparto precedentemente spogli e monocolore.
Adesso il bianco ha lasciato spazio all’azzurro che fa da sfondo alle tele o ad affreschi come l’allegorica “Uscita a colori” che campeggia sulla parete corrispondente all’uscita di sicurezza della sala d’attesa del quinto piano, simboleggiando il turbine di interrogativi, paure, sgomento e sentimenti che investono mente e cuore dei malati oncologici all’inizio di un cammino impervio dal quale si auspica si possa uscirne vittoriosi e rigenerati, con un sole che illumina un arcobaleno di nuove strade da percorrere.

Un’altra parete è occupata dall’albero della vita e dai quattro elementi (aria, terra, acqua e fuoco). Mentre ci si addentra nella scoperta degli esordi del progetto artistico, Piero Serboli indica i primi disegni su carta dei pazienti, da cui tutto è partito.
Osservandoli, ci spiega, si può comprendere come la scelta sia ricaduta inizialemente su fogli e non su tele per i timori dei pazienti, che una volta superati, hanno permesso il passaggio ad opere più ambiziose su tele. Nei dipinti degli anni successivi emerge, infatti, un graduale superamento di quei limiti che la malattia vorrebbe prepotentemente imporre, ma che, grazie al prezioso aiuto del Professore Marcello Aragona, psico-oncologo, e dei maestri d’arte, sono stati valicati, pervenendo a una “Bellezza oltre i confini”, concetto che ha ispirato la tela a più mani realizzata da tutti i pazienti partecipanti al corso di pittura di quest’anno.È un quadro estemporaneo, nel quale è possibile individuare la linea dell’orizzonte che allude al confine dello stretto di Messina e metaforicamente alle solo apparenti barriere di paura e sofferenza dei pazienti, che l’arte, con “il suo potere taumaturgico” – dichiara il maestro Serboli – contribuisce a lenire e curare. Tutti i lavori trasmettono la creatività, il coraggio e la forza di aver espresso le proprie emozioni, anche e soprattutto quelle negative.
Attraverso il lavoro maieutico di analisi e introspezione, si è giunti al coraggio di raccontare, mediante l’arte, le proprie storie e mettersi a nudo esternando il proprio dolore o esorcizzandolo, immaginandosi ad esempio l’evolversi delle cellule tumorali come raffigurato nel quadro “Energia vitale”.

Molte le testimonianze dei pazienti, che hanno sottolineato come questa esperienza all’insegna del linguaggio dell’arte e del contatto umano, li abbia aiutati ad elaborare il percorso di cure oncologiche. Daniela Pistorino, nello specifico, racconta che durante le ore trascorse a dipingere riusciva a dimenticare quel dolore fisico post operatorio che percepiva invece nel resto del tempo. Nonostante il cosiddetto “male oscuro” non dovrebbe essere considerato un argomento tabù, ancóra sono insidi molti pregiudizi che portano chi non ne viene colpito a preferire non discuterne. A tal proposito, il maestro Martino lancia un monito: la condivisione del dolore ci restituisce la giusta dimensione di noi stessi nella misura in cui comprendiamo che la sofferenza rientra nell’esistenza e ci ricorda di essere parte di un’umanità. Evitare di confrontarsi sul dolore significherebbe essere uomini a metà e restare indifferenti di fronte alle problematiche degli altri ostacola l’incontro e istiga a comportamenti chiusi e pressapochisti. L’arte, al contrario, unisce, contribuisce allo scambio umano e a quel circolo virtuoso del bene che genera bene.

Il potere salvifico e liberatorio di un’altra forma di espressione – la scrittura – è la peculiarità del quadro di Sabrina Pistone, che racchiude il mutamento di corpo e anima di una donna nelle seguenti parole: “non siamo solo lunghe chiome che ci hanno coccolato quando lo scirocco soffiava caldo e il maestrale impazzava. Ci siamo lasciate crescere i capelli per nascondere i nostri sentimenti. Siamo donne, siamo pensieri e sogni nascosti, se ci passi accanto riesci ad ascoltarli. Siamo bellezza e mistero, l’una che spesso è da riscoprire nel corso di una malattia, l’altra è un seme piantato alla nascita dalla mano di una fata. Siamo luce e illuminiamo il buio. Curatrici e giardiniere ed ogni germoglio è forza vitale.”

All’evento sono intervenuti il Professore Altavilla, il direttore generale Dott. Vullo e il Magnifico Rettore dell’Università degli studi di Messina Prof. Salvatore Cuzzocrea.
Il Professore Altavilla, dopo aver raccontato la genesi del progetto, ha ringraziato le altre colonne portanti il cui apporto nell’ideazione e nell’organizzazione è stato fondamentale: le dottoresse Francesca Albiero e Stefania Panetta.
Ha inoltre evidenziato la necessità di puntare a un miglioramento del Day Hospital costituendo quest’ultimo il primo approccio per i pazienti poiché include gli spazi dove si svolgono le visite, le attività diagnostiche e la chemioterapia. Il professore si prefigge, grazie alla collaborazione di una équipe medica valida e altamente professionale, di poter fare sempre meno ricorso alla degenza e più ricorso alla domiciliazione, investendo risorse su un tipo di oncologia medica prevalentemente ambulatoriale. Per il futuro è in programma la ristrutturazione del quarto piano, per il cui progetto verranno impiegati finanziamenti già presenti nelle casse dell’azienda ospedaliera che attendono solo di essere utilizzati proficuamente.

Il Rettore ha riflettuto su quanto di straordinario sia stato costruito fino ad adesso, esortando però a un processo di umanizzazione che deve avanzare ed essere esteso anche agli altri settori della medicina. Occorre, secondo il Prof. Cuzzocrea, che la comunità scientifica tutta venga esortata verso una strada di rinnovamento della struttura ospedaliera, restando sì rispettosi delle leggi e dei regolamenti, ma inclini anche a un atteggiamento propositivo finalizzato alla tutela del paziente che deve rappresentare il principale fulcro di interesse di un ospedale. Agire in tal senso è “una volontà politica”- afferma il prof. Cuzzocrea – una presa di posizione mirata “alla vera medicina fatta di persone, non solo di software e attrezzature”, che richiama ad un impegno e ad un attivismo che ci auguriamo possano divenire virali.

In conclusione, meritano una menzione speciale ricca di gratitudine e stima, tutti i pazienti protagonisti del corso di pittura che costituiscono un modello di determinazione e vitalità e i cui lavori hanno suscitato nei presenti un vortice di emozioni e sentimenti: Maria Berenato, Antonella Caggeggi, Luisa giorgio, Lucia Inferrera, Adriana Micali, Katia Militello, Silvana Modica, Marcella Mondello, Silvana Nastasi. Giusy Oliveri, Nancy Pagano, Sabrina Pistone, Daniela Pistorino, Giovanna Romeo, Nicoletta Scarcella, Matteo Sorte, Graziella Spadaro.

 

Giusy Boccalatte

di Redazione UniVersoMe

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