… il nostro Stretto ha nutrito il mito di Scilla e Cariddi?

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Oggi possiamo ben dire che passare lo stretto di Messina sia una passeggiata: a migliaia ci spostiamo dalla sponda sicula a quella calabra, e viceversa, ogni giorno in pochissimo tempo. Senza contare poi tutte le imbarcazioni, di ogni genere, che continuamente lo attraversano da nord a sud.

Eppure, in  passato questo tratto di mare era considerato fra i più pericolosi. Correnti, gorghi e le fredde acque che lo contraddistinguono spaventavano molto i navigatori. Oggigiorno sappiamo che si tratta di fenomeni dovuti al fatto che lo Stretto sia punto di incontro tra due mari: il Tirreno e lo Ionio. Due mari che hanno caratteristiche fisico-chimiche diverse: a livello di temperatura, di salinità e di densità delle acque; inoltre, quando il mar Tirreno si trova in fase di bassa marea, quello Ionio presenta alta marea, e viceversa. Accade dunque che le acque dei due bacini si mescolino: in fase di corrente “scendente” le acque tirreniche si riversano nel bacino ionico; in fase di corrente “montante”, al contrario, le acque ioniche invadono il bacino tirrenico. Tale mescolarsi delle due masse d’acqua dà vita a diversi fenomeni, quali appunto gorghi e vortici, ma anche scale di mare, garofali e macchie d’olio.

In antichità, ovviamente, non si aveva consapevolezza di tutto ciò e tali eventi, allora inspiegabili, venivano ricondotti alla mitologia. Si pensava, infatti, che in tale porzione di mare che separa la nostra isola dal continente, albergassero due mostri marini: Scilla e Cariddi.

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Scilla era una bellissima ninfa, solita passeggiare sulla spiaggia di Zancle e fare il bagno nel mare. Un giorno, il dio marino Glauco la notò e se ne innamorò perdutamente, al tal punto da respingere Circe. Fu così che la maga si vendicò, trasformando la ninfa in un essere mostruoso con dodici piedi e sei teste di cani rabbiosi attaccate alla vita. Da quel momento, Scilla si nascose sulla costa calabra, là dove essa protende verso la Sicilia, seminando terrore sulle navi che si trovavano a passare da lì.

Anche Cariddi era stata una bellissima ninfa, forse figlia di Poseidone e Gea. La sua voracità l’aveva portata a rubare e divorare i buoi di Eracle, di passaggio dallo Stretto. Per questo Zeus l’aveva trasformata in un mostro marino, che risucchiava e risputava una grande quantità di acqua  tre volte al giorno, facendo così naufragare le imbarcazioni che passavano nei pressi di Capo Peloro, dove era collocata.

Si credeva, dunque, che passare per quello che oggi conosciamo come l’”innocuo” e tranquillo Stretto di Messina, significasse passare in mezzo a queste mostruose e terribili creature, poste l’una di fronte all’altra. Bisognava, anzi, scegliere vicino a quale delle due transitare. Come dovette fare Ulisse (così ci narra Omero nel XII libro dell’Odissea): temendo che Cariddi distruggesse la sua nave, decise di passare vicino a Scilla; una volta lì, tentò di fronteggiarla con le armi, ma il mostro agguantò e divorò sei dei suoi uomini. Successivamente, Ulisse si trovò comunque ad affrontare anche Cariddi: dopo che Zeus distrusse la sua nave e disperse i suoi compagni per aver osato violare le vacche di Helios, egli si trovò nei pressi di Cariddi, alla quale riuscì a sfuggire miracolosamente aggrappandosi ad un fico riemerso dalle acque.

Ma quella di Scilla e Cariddi è solo una delle tante leggende che sono nate intorno allo Stretto di Messina, da sempre luogo ricco di fascino e suggestione…

Francesca Giofrè

 

di Redazione Cultura Locale

Bellezze artistiche e paesaggistiche, personaggi celebri e curiosità messe nero su bianco per raccontare tutto ciò che c’è da sapere sulla città di Messina.

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