Gesù e Maria del Buon Viaggio al Ringo: storie di gente di mare

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Abbiamo già parlato di come la città di Messina e il suo mare siano da considerarsi un binomio inscindibile: per secoli, se non millenni, Messina è cresciuta in grandezza, ricchezza e potere grazie ai frutti che il suo mare le offriva, grazie ai commerci floridi del porto e all’importanza strategica delle sue fortificazioni nella lotta per il controllo del Mediterraneo; un rapporto di simbiosi che trova la sua manifestazione simbolica nell’eloquente impianto manierista della Fontana del Nettuno, emblema e allegoria della città. Sempre del mare parleremo, in questa uscita: ma stavolta cercheremo di discostarci dalla solenne retorica del potere economico e militare, e di guardare il rapporto fra la città e il suo mare con gli occhi umili dei semplici, dei marinai, dei pescatori, dei naviganti, di coloro che in mare ci lavoravano, ci vivevano e talvolta ci morivano pure, che dal mare traevano il loro pane quotidiano, offrendogli in cambio un pesante tributo di sudore, salato quasi quanto le sue acque.

Prima di essere completamente fagocitato dalla caotica realtà urbana delle palazzine residenziali anni ’70-’80 del moderno Viale della Libertà, il quartiere del Ringo altro non era che un piccolo e pittoresco borgo di pescatori e marinai, nato intorno ai primi del ‘600 su una piccola spianata di terra battuta in riva al mare, dove, secondo la tradizione, nei secoli precedenti si mettevano in riga (in francese, “haranguer”, da cui il nome) i cavalieri che sfilavano per partecipare ai tornei (le “giostre”) che si tenevano lungo il vicino torrente di Giostra. Nel 1598 in questo borgo si stabilisce la costruzione di un oratorio con una chiesetta dedicata a Gesù e Maria: questa chiesa diventa presto il centro spirituale del villaggio, tanto che viene fatta ampliare, nel 1644, a spese delle abitazioni circostanti, ed è in questo periodo che viene iniziata la costruzione della facciata. Punto di riferimento per i naviganti, che vi si recavano prima di prendere il mare per invocare protezione dai pericoli, la chiesa prende il nome di “Gesù e Maria del Buon Viaggio al Ringo”: sopravvissuta ai terremoti del 1783 e del 1908, guarda ancora, come 400 anni fa, lo Stretto, dal lungomare di Messina.

 

La sua facciata, di architetto ignoto, nasconde l’ambizione di creare una struttura monumentale e severa dietro una apparenza semplice, ma non per questo poco elegante o visivamente inefficace. Incorniciate dalle paraste, due nicchie accolgono le statue di Gesù, a sinistra del portale, e della Madonna, a destra: tradizione vuole che tenessero, dalle mani, due lanterne, per orientare i naviganti e i pescatori durante le ore notturne. Il portale, dall’architrave ornata con motivi floreali, dà accesso a una chiesa di piccole dimensioni, ad unica navata, che conserva, nonostante le evidenti manipolazioni successive, gran parte degli altari a tarsie marmoree, ascrivibili al XVIII sec., e diversi dipinti storici.

Sull’altare maggiore fa bella mostra di se, nella sua cornice argentata fiorita di decorazioni tardo-barocche, una tela raffigurante il Trionfo della Croce fra Gesù e Maria, di anonimo settecentesco; sempre anonimo, e databile allo stesso periodo, è il grande dipinto che occupa il primo altare di destra, con la Madonna del Rosario fra i santi Caterina e Domenico; mentre l’altare di sinistra ospita, circondata da una nube di stucchi settecenteschi, una tela seicentesca attribuita a Giovanni Simone Comandè, con la Madonna del Buon Viaggio che benedice la città, interessante testimonianza che ci permette di sorvolare, grazie alla prospettiva a volo d’uccello, il porto di Messina per come lo vedeva un uomo del ‘600. Sempre del Comandè è una altra tela raffigurante sant’Antonio da Padova, proveniente dalla perduta chiesa di Santa Maria inferiore. Sono dipinti semplici, senza pretese artistiche eccessive, la cui fattura un po’ rustica e il linguaggio diretto, farcito di stereotipi, non nascondono l’evidente finalità di devozione popolare; una religiosità ingenua, solo in parte mascherata dall’apparente fasto baroccheggiante delle cornici e degli stucchi, fasto che tradisce anch’esso, nella malcelata grossolanità di alcuni dettagli, una certa vena genuinamente popolaresca.

Una curiosità: ai due lati del portone, volgendo lo sguardo in alto è possibile notare due finestrelle coperte da grate, attraverso le quali gli abitanti dei palazzi circostanti potevano assistere da casa loro alle sacre funzioni. Uno di questi palazzi, Palazzo Formento, è ancora in piedi, nonostante le condizioni di abbandono quasi totale, a destra del portone della chiesa: un altro pezzo storico da valorizzare che ci ricorda che, dove ora ci sono le palazzine e il traffico, prima andavano in scena ogni giorno la vita, la fatica e le preghiere della gente di mare.

Gianpaolo Basile

Ph: Giulia Greco

 

di Redazione UniVersoMe

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