“Perché questo titolo?” – chiederete.
Semplice, forse, immaginare che quello utilizzato sia un sostantivo simile a “femminicidio”.
Prima del 1801 non esisteva una parola che richiamasse l’uccisione della donna proprio in quanto donna; e a questo primo termine se ne approssimò un altro: feminicide.
Dopo il susseguirsi di definizioni, l’Italia del 2001 cominciò ad utilizzare la voce ormai tanto udita: femminicidio.
Mi piace adottare una definizione usata nel web per questa parola: “ È formata unendo insieme due parole, femmina e -cidio (uccisione) quindi, “uccisione di una donna” che di per sé non è una brutta parola, ma fa paura per il suo significato.
In effetti, è terrificante sapere che una donna ogni tre giorni è vittima di questa parola; è succube di una violenza inaudita, di varie forme, che si manifesta in maniera diversa su ogni donna.
Si presenta come una cicatrice sul volto o sul corpo di una donna, ma anche come quella profonda, che lede l’animo ferito dalle parole amare di chi le usa.
È quasi bizzarro, poi, credere o immaginare che esista una giustificazione a questi atti e che, oltretutto, questa sia “l’amore”.
Sì, “amore”: quel sentimento quasi spirituale, volto al bene di un’altra persona.
E allora come può un uomo dichiarare amore e praticare un vile atto su una donna? Com’è possibile questa assurda associazione o addirittura uguaglianza, fra amore e violenza?
Non è amore. È chiaro.
Ed ogni donna deve ribadirlo a se stessa, deve necessariamente capire che un uomo che ama non minaccia; un uomo che ama non lascia lividi; non insulta; non diventa uno stalker.
Non è amore, ma è ossessione, è perversa gelosia, è un malato senso di appartenenza, di possessione, insidi in un’oscura e vigliacca “persona” che si impossessa dell’essere altrui.
Che poi, cos’è la violenza?
La violenza non è altro che il mezzo più semplice a cui ricorrere, il mezzo dei più deboli, il più ingrato e triste.
La violenza è paura: una paura racchiusa tra i muri della propria casa; un terrore soffocato da urla fioche.
Ed è proprio nella vita domestica che si manifestano la maggior parte di atti del genere su una povera donna che si fida di un uomo che ama o che ha amato: è così che la questione diventa di dominio pubblico e non più un problema privato.
Ad ogni vita andata, ad ogni donna sfigurata, ad ogni animo spezzato, ci si chiede: come si può evitare tutto questo?
Parlare: mai stare in silenzio, mai giustificare; non esistono scusanti per dei gesti crudeli.
Sensibilizzare: è fondamentale educare alla conoscenza dei fatti e soprattutto al rispetto; non ricordare questi avvenimenti esclusivamente nella giornata mondiale contro la violenza sulle donne, ma ogni singolo giorno.
Nell’angosciante fotografia della realtà, una donna su cinque è vittima di femminicidio; è bersaglio di ogni tipo di violenza sul corpo e/o sulla mente. Ognuna di loro aveva il suo nome, il suo lavoro, la sua famiglia, schiacciati da mani conosciute.
Non bendiamoci. Questo orrore è davanti ai nostri occhi.
Jessica Cardullo