WALL•E: dieci anni di modernità

Ci sono momenti nella vita in cui si ha voglia di tornare bambini e non solo nel periodo natalizio. Questa mia “voglia di ringiovanire” è stata agevolata dal servizio di streaming più famoso in Italia (quello che inizia per N, per intenderci), che ha inserito nel suo vasto catalogo una piccola perla della Pixar e della Disney: WALL•E.

Ammetto che non lo avevo ancora visto, ma volevo assolutamente farlo, ed ho colto l’occasione. La mia recensione, quindi, non sarà un’analisi tecnica su un film che ha ormai 10 anni, del quale hanno parlato tantissime testate e critici ai tempi; ma l’opinione di una ragazza di 30 anni (mi piace definirmi ragazza ancora, perché no) che lo ha visto per la prima volta, con un bagaglio di esperienze sicuramente diverso rispetto a una “me” più giovincella.

La regia e la fotografia, oltre che l’animazione, sono veramente ben studiate e costruite; le ho apprezzate davvero tanto, ma il mio commento sarà “più di pancia”.

Il futuro distopico che il film ci sbatte letteralmente in faccia è qualcosa di devastante, catastrofico. Cumuli di spazzatura e città fantasma. Eppure i primi 10 minuti di film sono un concentrato di tenerezza e simpatia. Ci viene presentato questo robottino-compattatore, unico superstite del pianeta Terra, insieme a un piccolo insetto. Un robot particolare WALL•E, curioso, indagatore, che prova anche paura, sensibile, che discerne tra le cose che possono essere ancora utili o gli piacciono. Come una videocassetta con il musical Hello Dolly, che lui ama molto ed allo stesso tempo lo mette di fronte la realtà della sua solitudine concreta.

Questa condizione, però, cambia quando sbarca sul pianeta EVE.

Lei è molto più “moderna” di lui, ma il nostro simpatico e dolce robot cercherà in tutti i modi comunicare con lei e farà di tutto per aiutarla. E’ molto carina questa contrapposizione tra ipertecnologia e oggetti in disuso. Lo stesso WALL•E, per quanto automa, è un “oggetto” vecchio, ma è unico e ricco di personalità.

Questo amore tra “macchine” che, diversamente dal solito, non sono affatto antropomorfe, è di una delicatezza disarmante. Tutto quello che succede nel film dimostra quanto le macchine siano più umane degli uomini stessi. Gli umani, quelli che il pianeta lo hanno distrutto e abbandonato e, peggio ancora, rintronati dalla tecnologia, hanno rovinato loro stessi.

Dieci anni e i temi sono sempre attuali: la natura e il pianeta annientato dalla scelleratezza dell’essere umano, una compagnia multimilionaria che decide sulle sorti dell’intera popolazione, i soldi e il potere. Forse questa cosa dovrebbe farci un po’ riflettere.

Quello che deve farci ancora di più riflettere sono i sentimenti e le azioni positive nel lungometraggio: il coraggio, non solo dei robot, l’amicizia, l’altruismo, insomma tutte quelle cose di cui i film Disney sono colmi solitamente.

Non mi sento, però, di classificare WALL•E come un classico d’animazione qualunque, sarebbe un peccato. Mi ha colpito, mi ha toccato il cuore sin dai primi minuti, anche se per i primi 30 minuti non c’è nemmeno una parola; ma i gesti valgono più di mille parole, si dice. E sono contentissima di averlo visto da “adulta”, perché si colgono molte cose. Consiglio, quindi, a chi non lo ha visto di farlo e a chi lo ha visto, dieci anni fa, di rifarlo, perché lo scoprirete più moderno e attuale di quanto potreste immaginare.

 

Saveria Serena Foti

di Redazione Recensioni

Approfondimento sul mondo dello spettacolo e letterario; musica, film, serie tv, libri e grandi artisti raccontati in una rubrica poliedrica e con occhio critico.

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