Né omozigoti né eterozigoti: lo straordinario caso dei gemelli “quasi identici”

La gravidanza gemellare è un evento affascinante che è tuttora oggetto di intenso studio. A differenza di numerosi mammiferi, la gravidanza gemellare è poco frequente nell’uomo, infatti, meno del 2% delle gravidanze umane sono gemellari, anche se tale percentuale è in aumento a causa dell’utilizzo sempre più diffuso di farmaci per la fertilità.

Innanzitutto, i gemelli sono tradizionalmente classificati in monozigoti ed eterozigoti.

gemelli omozigoti originano da un singolo zigote, quindi da un singolo spermatozoo e da una singola cellula uovo
Durante le primissime fasi dello sviluppo dello zigote, vengono a separarsi due masse cellulari che daranno origine a due individui geneticamente identici, dello stesso sesso e dello stesso aspetto. Inoltre, i gemelli monozigoti possono o meno condividere la stessa placenta e lo stesso sacco amniotico, in base all’esatto momento e alla sede di separazione, per cui si distinguono in monocoriali e bicoriali e in monoamniotici e diamniotici.

I gemelli eterozigoti originano ognuno da un diverso zigote, quindi da due spermatozoi che fecondano due distinte cellule uovo.  
L
o sviluppo degli zigoti è indipendente l’uno dall’altro, caratterizzato sempre da sacchi amniotici e placente separati. In questo caso, quindi, i gemelli hanno profili genetici diversi, condividendo circa il 50% dei loro genomi, così come accade per fratelli non gemelli.
I gemelli eterozigoti sono molto più frequenti, costituendo i 2/3 di tutti i parti gemellari.

Questa classificazione si è rivelata tuttavia incompleta poiché esiste una terza modalità di genesi di gemelli: si tratta dei cosiddetti gemelli semi-identici o sesquizigoti, di cui sono stati documentati finora solamente due casi 

Il primo caso è stato documentato nel 2003 in un articolo pubblicato sul The New England Journal of Medicine, una delle più prestigiose riviste scientifiche in campo medico, ed ha scosso profondamente il postulato secondo cui i gemelli monocoriali sono sempre monozigoti.  

Protagonista dello studio è una donna di 48 anni che ha partorito due gemelli in seguito a fertilizzazione in vitro. Un primo esame ecografico alla sesta settimana di gestazione ha evidenziato la presenza di due gemelli monocoriali diamniotici, da cui l’ipotesi di due gemelli monozigoti. L’esame successivo, a 12 settimane, ha confermato il precedente; tuttavia, l’esame a 20 settimane ha rivelato che i due gemelli erano di sesso differente, evento impossibile in caso di gemelli monovulari
Gli autori concludono l’articolo parlando di “gemelli eterozigoti monocoriali” ed esaminando una serie di possibili ipotesi che giustifichino tale evento, senza però giungere ad una spiegazione; emerge inoltre il dubbio che sia stata la fecondazione in vitro a influenzare l’intero processo. 

Tale studio ha stimolato numerosi scienziati a trovare spiegazioni valide, finché nel 2015 si è verificato un secondo caso, esaminato e pubblicato nel 2019. 

Protagonista in questo caso è una donna di 28 anni che ha partorito due gemelli in seguito a fertilizzazione naturale. L’esame ecografico nel primo trimestre ha evidenziato una gravidanza gemellare monocoriale diamniotica, indicativa di monozigosi. Anche in questo caso, a partire dalla 14esima settimana sono apparsi segni evidenti di discordanza del sesso dei due gemelli, in disaccordo con l’ipotesi di monozigosi 

Sono stati quindi svolti numerosi esami, differentemente dal primo studio, anche durante la gravidanza. Sono state eseguite due amniocentesi, ovvero prelievi di liquido amniotico, una per ogni sacco amniotico: tale esame permette infatti sia analisi a livello genetico e cromosomico, sia dosaggi di enzimi, proteine ed altre molecole.
Proprio grazie all’analisi dell’assetto cromosomico è stato dimostrato che un feto possedeva cromosomi sessuali XX ed uno XY; sono state analizzate anche le tracce di DNA fetale nel sangue materno ad ulteriore conferma dei test eseguiti. 

Analisi genetiche crociate tra i campioni dei due feti, basate sulla valutazione degli SNP (Single Nucleotide Polymorphismmarcatori polimorfi del DNA), hanno mostrato identità, per ogni locus genico, di almeno un allele; ovvero nel complesso un’uguaglianza genetica di almeno il 50%, come ci si aspetterebbe per due gemelli eterozigoti. 
La stessa analisi è stata eseguita per comparare il genoma dei feti con quello dei genitori. Da questo sono emersi risultati sorprendenti: i gemelli condividono il 100% del genoma di origine materna ed il 77.7% del genoma di origine paterna, con un totale del 89% di genoma condiviso, condizione inadeguata sia per gemelli monozigoti che dizigoti. 

Stavolta gli scienziati sono giunti ad una spiegazione del fenomeno, anche sulla base dei seguenti presupposti 

  • Usando un modello bovino, Destouni e colleghi hanno dimostrato che più corredi genetici all’interno di uno zigote possono segregare indipendentemente, con un processo atipico definito “divisione cellulare eterogonica”.  
  • In seguito a fertilizzazione di un ovulo da parte di due spermatozoi, si può avere separazione del genoma paterno in due diverse linee cellulari tramite formazione di un fuso mitotico tripolare; si viene a formare anche una terza linea, caratterizzata dal solo genoma paterno, che però, come dimostrato da studi eseguiti sul topo da McGrath e colleghi, non può sopravvivere. 

Mettendo insieme il tutto, la teoria prevede che due differenti spermatozoi fecondino una singola cellula uovo, dando vita a tre diverse linee cellulari, di cui quella con genoma esclusivamente paterno non sopravvive, a differenza delle altre due che danno vita a due gemelli detti sesquizigoti, monocoriali e diamniotici. 

Gli autori concludono che “la sesquizigosicondizione in cui i gemelli sono geneticamente identici per quanto concerne il genoma ereditato da un genitore, e diversi per circa il 50% per quanto concerne il genoma ereditato dall’altro genitore, è una terza forma di gemellarità. Geneticamente, può essere considerata un intermedio variabile tra la monozigosi e l’eterozigosi.
Grazie a questo studio è stata quindi ampliata la concezione di gemellarità, che non si limita più alla monozigosi e all’eterozigosi, con l’introduzione di una terza possibilità di fecondazione, sebbene essa sia un evento davvero raro ed eccezionale. 

Gli eventi che portano alla nascita di un nuovo individuo a partire da due singole cellule, una materna e una paterna, che devono incontrarsi nel luogo e nel momento giusti, e poi l’embriogenesi, la crescita del feto, sono processi di per sé complessi e tutt’altro che chiariti, che rendono consapevoli di quanto ancora bisogna comprendere della biologia dello sviluppo umano.
La fecondazione produttiva di una cellula uovo da parte di due spermatozoi era considerata un evento impossibile, incompatibile con la vita. Il raro e particolarissimo caso dei gemelli sesquizigoti è un fenomeno che fa ancor più riflettere sulla capacità della natura, a volte, di compiere dei miracoli biologici che, come in questo caso, permettono alla vita di proseguire, sebbene le condizioni di partenza violino un percorso fisiologico risultato di milioni di anni di evoluzione. 

Davide Arrigo 

Fonti: 
https://www.nejm.org/doi/abs/10.1056/NEJMoa1701313
https://www.nejm.org/doi/abs/10.1056/NEJMoa030050
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/6722870
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27197242 

 

di Redazione Scienza&Salute

Rubrica di divulgazione scientifica dalle curiosità di tutti i giorni alle ultime scoperte.

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