I fratelli Sister

Il western non è morto. Voto UvM: 3/5

 

 

 

Fin dal titolo, che richiama il nome “di battaglia” dei due protagonisti, il nuovo film di Jacques Audiard tocca le corde dei rapporti familiari.

Lo fa evidenziando il portato ironico del cognome, Sisters, intrepretati da John C. Reilly e Joaquin Phoenix, una coppia di famigerati e scombinati fratelli assassini dell’Oregon, assoldati da un Commodoro, impegnati a seguire a distanza un investigatore privato un po’ depresso, John Morris (Jake Gyllenhaal).

 

 

Da buon autore cinefilo, Audiard ribadisce quanto sia ancora vivo e vivido il western, e lo fa a partire da quelle che sono state nel corso dei decenni considerate le fasi pionieristiche del genere, da Anthony Mann, a Clint Eastwood a Tommy Lee Jones, tenendo nella mente e negli occhi anche materiale non strettamente western, com’è la l’arte visiva di Paul Thomas Anderson.

Pieno di humor nero e di profondità insospettabili, di caratteri truculenti e avventure memorabili, il western di Audiard riprende i codici del genere per deviarli come un treno impazzito nell’America della corsa all’oro.

In realtà, dopo una lunga parentesi da cercatori d’oro, la storia indaga, nella maniera più complessa possibile, la vita dei Sisters Brothers, dalle profonde contraddizioni che li uniscono, valicando il legame di sangue legato ai rimpianti dell’adolescenza, al what’s next di una condotta il cui esito non potrà che essere la morte o l’essere braccati a vita.

 

 

Momento chiave per la comprensione dei personaggi, è quello del sogno di Eli, che rievoca l’uccisione del padre da parte del fratello Charlie come se fosse uno spettacolo di ombre cinesi.

Racconto che mette alla prova le identità dei suoi protagonisti, le fa vacillare, ne mette in discussione la mascolinità oltre che la maturità; racconto che mina continuamente la necessità di agire fuori dalla legge, o ai suoi margini, a servizio di un padre putativo spietato avendo fatto fuori quello naturale.

I Sisters non sono gli unici ad aver rescisso dalla propria vita la figura paterna, anche Morris e Kermit confessano di aver rotto ogni rapporto con la famiglia d’origine.

Da loro due, svuotati, sradicati, transitano le ipotesi di una società diversa, utopica, antitetica rispetto a quella in cui si muovono i brothers.

Il western non è morto, viva il western.

 

Antonio Mulone

di Redazione Recensioni

Approfondimento sul mondo dello spettacolo e letterario; musica, film, serie tv, libri e grandi artisti raccontati in una rubrica poliedrica e con occhio critico.

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