Covid-19 in Italia e regolarizzazione dei migranti: l’intervista ad Alfonso Pecoraro Scanio

 

Alfonso Pecoraro Scanio è un politico ed avvocato italiano. Attualmente è docente presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca e l’Università Tor Vergata di Roma. E’ Presidente del Consiglio Generale della Fondazione Univerdi e Presidente del Comitato scientifico della Fondazione Campagna Amica. Pecoraro però viene ricordato soprattutto per esser stato Ministro delle politiche agricole e forestali nel governo Amato II e Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del governo Prodi II.

Ponendogli alcune domande, siamo riusciti a cogliere il parere esperto di un’importante figura politica circa il tema del Coronavirus allacciato al tema dei migranti in Italia.

 

Innanzitutto vorrei partire da un tema attualissimo, ossia il Covid-19. Come pensa che l’Italia e gli italiani stiano reagendo a questa situazione di emergenza?

Gli italiani si stanno comportando abbastanza bene e di certo non possiamo lamentarci, anche se con una leggera differenza tra nord e sud. Quest’ultimo infatti è sembrato più disciplinato invertendo la tendenza a dare più enfasi a ciò che accade al sud rispetto a quello che accade al nord. 

Come giudica le scelte del governo?

Il governo in una situazione d’emergenza con tale diffusione, contagiosità e letalità che non c’era da cent’anni – ossia dalla spagnola – ha fatto sicuramente alcuni errori. Probabilmente bisognava chiudere sin da subito la Lombardia, impedire lo spostamento dalle zone che apparivano già più infette. Quello che è venuto meno, però, è il rapporto tra le regioni e soprattutto il modus operandi di alcune di queste le quali spesso hanno cercato di fare delle scelte più per propaganda che per il bene comune, creando confusione anche nei rapporti istituzionali. Quello che secondo me servirebbe è, perciò, una maggiore concertazione istituzionale, mettendo in chiaro che in tempi di  emergenza è necessario agire in maniera centralizzato.

In ogni caso l’Italia ha assunto un grandissimo prestigio internazionale, piazzandosi nella reputazione mondiale tra i Paesi che meglio hanno affrontato l’emergenza. E questo lo dobbiamo sicuramente all’eccellenza che ha dimostrato il servizio sanitario nazionale.

Lei nella sua carriera politica è stato prima Ministro delle Politiche Agricole e poi Ministro dell’Ambiente. Pensa che a causa dell’emergenza sanitaria vi possano essere delle ripercussioni soprattutto sull’agricoltura, ma anche sull’ambiente?

Per quanto concerne l’agricoltura, tutti gli italiani hanno finalmente capito quanto questa sia essenziale e a dimostrarlo c’è il fatto che in piena emergenza tutta la filiera agricola e agroalimentare non si è mai fermata: senza cibo non si vive. Possiamo dire che la gente ha iniziato a capire perché il settore primario si chiama primario.

Ma l’elemento che è più saltato all’occhio è quanto l’Italia ha bisogno degli immigrati, e della manodopera specializzata straniera a potare le viti, mungere gli animali da cui viene, ad esempio, il Parmigiano Reggiano.

Sul versante ambiente si è potuto notare, invece, come ci sia una connessione tra ambiente e virus, perché, come molti studi confermano, le zone più inquinate atmosfericamente sono anche quelle più contagiate: le persone che respirano un’aria “sporca” hanno un sistemato respiratorio inevitabilmente più danneggiato e quindi più esposti alla polmonite, che è una delle maggiori cause di morte dovute al Covid-19.

Di recente la Ministra delle politiche agricole Teresa Bellanova ha dichiarato di volersi dimettere dalla carica se non si procederà a regolarizzare la carenza dei braccianti agricoli. Secondo lei è una scelta corretta? 

La Ministra Bellanova ha voluto mettere al centro dell’attenzione l’importanza di garantire lavoro qualificato in agricoltura e fare in modo che questo lavoro sia fatto secondo leggi rigorose, in modo da non finire in mano alla malavita organizzata. Minacciare di dare le dimissioni è semplicemente il gesto estremo che un ministro mette in atto quando vuole porre con forza un tema.

Come si può affrontare il problema delle centinaia di migliaia di immigrati irregolari che lavorano nei campi del nostro Paese, i quali la maggior parte delle volte anche sfruttati?

Bisogna far rispettare le leggi. Tagliare i permessi stagionali come si fa già in Germania, distinguendo coloro che vengono da paesi extraeuropei e coloro che provengono ad esempio dalla Romania – che in questo caso sono cittadini comunitari. In entrambi i casi, però, bisogna capire quali sono le aziende agricole che hanno bisogno, fare in modo che il percorso sia trasparente e velocizzare il visto per entrare garantendo, infine, degli alloggi adeguati per evitare che questi vengano tenuti in modo clandestino e abusivo in baraccopoli. 

Infine, da ex ministro cosa consiglia ai giovani che hanno il sogno di entrare in politica?

Innanzitutto io consiglio di avere degli ideali e degli obiettivi. Bisogna capire che la politica non è un mestiere, perché sennò diventi un faccendiere, non un politico. L’attività politica non si può fare per guadagnare. Il primo motivo per candidarsi è sapere cosa si vuol fare e come si vuole agire affinchè le cose vadano meglio. Il secondo è impegnarsi partendo dall’attivismo civico: bisogna partire dal confronto con gli altri, misurarsi su cose concrete e, infine, avviare la persecuzione di alcune battaglie democratiche, semplici e mai violente. Tutto questo può essere altamente gratificante e motivante.

Piero Cento

di Redazione Attualità

Rubrica di long form journalism; approfondimento a portata di studente sulle questioni sociali, politiche ed economiche dall’Italia e dal mondo.

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