Universitari protestano a Piazza Municipio: stop all’esame di abilitazione. L’intervista alla Dott.ssa Luciana Morabito

Nonostante il tempo proibitivo e la pioggia incessante, nella giornata di ieri si è svolta a Piazza Unione Europea dalle 16 alle 18 la manifestazione degli studenti e neo laureati di psicologia. La protesta ha visto coinvolti numerosi ragazzi messinesi e calabresi, oltre che studenti di altre facoltà quali biologia e farmacologia. L’iniziativa si pone come continuazione a livello locale della mobilitazione svoltasi di fronte Palazzo Chigi nella giornata di ieri. Qui il nostro articolo a riguardo.

Abbiamo intervistato la Dott.ssa Luciana Morabito, portavoce di giovani laureati messinesi e calabresi. Laureatasi in psicologia presso l’Università di Enna ha poi deciso di affrontare l’esame di abilitazione a Messina.

La protesta ha visto coinvolti numerosi studenti non solo iscritti o laureatisi in psicologia ma anche appartenenti ad altri corsi come biologia e farmacologia. Che cosa chiedete?

Chiediamo che il nostro esame di stato venga tramutato nel riconoscimento del tirocinio professionalizzante così come è stato fatto per i medici e gli infermieri tramite il D.l. Cura Italia nel mese di Marzo. La nostra professione, esattamente come quella dei biologi e dei farmacisti, viene spesso dimenticata quando si affrontano importanti e delicate questioni concernenti le problematiche del sistema sanitario nazionale. Non solo, infatti, siamo stati ingiustamente esclusi da qualsiasi considerazione ma allo stesso tempo, a fronte delle numerose richieste di chiarimenti rivolte alle autorità competenti, sia a livello nazionale che a livello locale, sono mancate risposte esaustive e tanto meno utili. A un mese di distanza dalla prima delle due sessioni d’esame noi studenti messinesi e calabresi che intendiamo svolgere l’esame a Messina ci ritroviamo ancora privi di un bando da consultare, dovendo ragionare unicamente per ipotesi sulla base dei precedenti anni e dei bandi emessi dalle altre università. Le uniche indicazioni che abbiamo ricevuto non hanno fatto altro che alimentare lo sconforto che proviamo, mi riferisco alle dichiarazioni di alcune università che hanno affermato che se ci dovessero essere problemi di linea e saltasse la connessione durante l’esame spetterà alla commissione decidere come procedere, oppure a quanto affermato dall’università La Sapienza che ha chiesto di svolgere l’esame al muro e con le mani alzate.

Com’è nata la vostra protesta?

Tutto è partito da alcuni ragazzi, tra cui Davide Pirrone, che subito dopo l’inizio del lockdown si sono chiesti come l’adozione delle modalità telematiche, del distanziamento sociale e la chiusura delle università avrebbero interessato coloro i quali avrebbero svolto l’esame di abilitazione nel 2020. Insieme hanno creato il Movimento Abilitazione Nazione sulla cui pagina Facebook, attraverso i post e le indicazioni degli amministratori, hanno organizzato e coordinato questa serie di proteste a livello nazionale e locale riuscendo finalmente a ottenere l’attenzione dei media e delle autorità interessate.

Non è la prima volta che il vostro esame di specializzazione, pur rimanendo immutato, è stato indicato come necessitante di una riforma. Parlami di questo esame. Come veniva svolto precedentemente ?

Fino all’anno scorso l’esame di abilitazione prevedeva quattro prove di cui tre scritte e una orale sostenibili o a giugno o a novembre. Si tratta di un esame che arriva dopo cinque anni di università, quaranta esami superati, cinquecento ore di tirocinio obbligatorio tra triennale e specialistica e, infine, un tirocinio professionalizzante di mille ore non retribuite. Uno scoglio non indifferente, reso ancor più difficile dalla prospettiva che un eventuale non superamento di una qualsiasi delle prove comporterebbe necessariamente dovere svolgere nuovamente tutto l’esame. A ciò si aggiunge la palese assenza di oggettività e omogeneità tra studenti della stessa facoltà ma iscritti in università differenti. Le tempistiche variano infatti da sede a sede, per esempio gli anni scorsi la prima prova veniva svolta in tre ore presso la sede di Messina, mentre in altre facoltà siciliane erano previsti tempi più lunghi (a Palermo sei ore mentre a Enna cinque).  Non solo le tempistiche delle prove ma anche gli intervalli di tempo tra le stesse sono differenti: l’esame può durare un mese e mezzo in alcune facoltà e addirittura cinque mesi in altre.

Data l’emergenza Covid e la chiusura delle sedi, come verrà svolto quest’anno?  

Il ministro Manfredi ha interrogato l’Ordine Nazionale degli Psicologi e i rettori universitari sulla modalità da adottare per lo svolgimento dell’esame di specializzazione in questo periodo così problematico dovuto all’emergenza Covid, ma senza consultare le rappresentanze studentesche e la figura dell’organo ministeriale del CNSU (Consiglio Nazionale Studenti Universitari). La scelta di svolgere l’esame in via telematica su tutte e quattro le prove, quindi dalla durata indefinita, non fa che rendere ancora più incerta la nostra posizione. Sorgono tanti quesiti: quanto tempo avremo a disposizione? E per quanto riguarda il caso clinico avremo la possibilità di rileggere le tracce? Chi ha già fatto l’esame sa quanto sia importante rileggere più volte prima di giungere a un ipotesi diagnostica differenziale e di intervento. Quel poco che sappiamo lo sappiamo perché sono usciti i bandi nelle altre università.

Vi è dunque il rischio che la modalità telematica acuisca delle problematiche già esistenti

Esatto. Non solo le commissioni godono già di un ampia discrezionalità nell’elaborazione delle traccie (già differenti da università a università), ma è ovvio che, non potendo essere tutti gli studenti esaminati nello stesso giorno, coloro i quali affronteranno l’esame per ultimi avranno modo di approfondire maggiormente gli argomenti richiesti.

Non è possibile essere esaminati in una simile maniera, nella quale il potere decisionale in merito al nostro futuro sia completamente nelle mani delle commissioni esaminatrici. Un esame di cui non conosciamo neppure le tempistiche. Non sappiamo quanto durerà, come verrà affrontato, i sistemi di valutazione. E in tutto questo solamente scendendo in piazza siamo riusciti a ottenere l’attenzione che meritiamo. Qualsiasi precedente iniziativa volta al dialogo o non ha avuto ascolto o è stata pesantemente ignorata. Basti pensare all’emendamento che richiedeva che l’abilitazione alle nostre professioni avvenisse per mezzo della valutazione dei nostri tirocini professionalizzanti e che, a meno di due giorni dalla sua discussione in aula al Senato (il 26 maggio) è stato ritirato dai senatori che lo avevano proposto in quanto a detta loro sarebbe stato bocciato dalla maggioranza e trasformato in Ordine del Giorno.

Filippo Giletto

di Redazione Attualità

Rubrica di long form journalism; approfondimento a portata di studente sulle questioni sociali, politiche ed economiche dall’Italia e dal mondo.

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