Dal 1 luglio l’UE riapre le frontiere internazionali. “USA no, Cina forse”: ecco i 15 Paesi “affidabili”

Negli ultimi giorni si è discusso sulla riapertura delle frontiere extra-europee, da cui si è determinata una vera e propria lista dei paesi “sì” contro quelli “no”. I paesi  membri dell’Unione europea si sono riuniti inizialmente giovedì 25 giugno, a Bruxelles, per poi proseguire la riunione il giorno successivo. I 27 hanno dibattuto a lungo sul da farsi, e il tema ancora oggi risulta aperto.

Si stanno ricercando, infatti, criteri comuni, che garantiscano la massima oggettività e si basano su fattori certi, quali i dati epidemiologici. La prima stesura della lista aveva ben visto 54 paesi considerati “positivi” contro 47 considerati “negativi”. Se inizialmente ci si è soffermati sul cercare di non escludere quei paesi che per varie ragioni, economiche e turistiche, occupano un posto “privilegiato”, l’Italia ha invece optato per un atteggiamento più prudente, che considerasse altri aspetti e non solo “quelli strategici”nelle stesura delle liste.

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A favore di quanto appena detto sono prevalsi tre indicatori:

  • un tasso di nuovi contagi ogni 100 mila persone nelle ultime due settimane non superiore a 16,1, che è la media europea;
  • un trend di questi contagi decrescente o per lo meno non in crescita;
  • un indice di affidabilità del sistema sanitario di X paese superiore a 57.

Quest’ultimo è il criterio su cui si è dibattuto di più. Più precisamente questo indice di “affidabilità” varia su una scala da  1 a 100 (parametri stabiliti dall’International Health Regulations dell’Organizzazione Mondiale della Sanità), e misura la capacità di affrontare da parte di ciascun paese “emergenze sanitarie di rilevanza internazionale”. In sintesi, questo indice valuta il numero dei medici in rapporto alla popolazione, numero dei posti letto in ospedale e terapia intensiva, norme preventive in rigore, qualità delle cure e così via fino ad ottenere un punteggio medio di 57.

La determinazione di questi criteri per valutare in maniera oggettiva la possibilità di entrare a far parte della lista, ha condotto ad un restringimento considerevole degli iniziali 54 paesi considerati “buoni”. In conclusione sono solo 15 i paesi che attualmente rientrano nei criteri stabiliti.

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Algeria, Australia, Canada, Georgia, Giappone, Montenegro, Marocco, Nuova Zelanda, Ruanda, Serbia, Corea del Sud, Thailandia, Tunisia e Uruguay sono i superstiti che dall’1 luglio potranno riaprire le frontiere.

Un discorso a parte è fatto per la Cina. Quest’ultima che dichiara tasso di contagio 0 è un caso speciale, poichè avrà il via libera solo se farà altrettanto con gli europei ( al momento non previsto). Come possiamo vedere non rientrano nella lista gli Stati Uniti, la Russia, il Brasile, l’Israele. Un duro colpo questo, come dichiarato dal New York Times

“questa prospettiva, secondo la quale gli americani sarebbero nell’elenco degli “indesiderati”, come russi e brasiliani, è un duro colpo per il prestigio americano alla gestione dell’emergenza negli Usa da parte del presidente Trump”.

L’America, infatti, è attualmente il paese con i tassi di mortalità e contagio maggiori.

Ovviamente le liste non sono definitive, ma verranno costantemente riviste ogni due settimane qualora si registrassero dei miglioramenti. E’ giusto sottolineare che ancora l’accordo definitivo non c’è stato, e come in ogni caso la gestione delle frontiere  rimane prerogativa degli Stati. Ogni paese, infatti, ha nelle sue possibilità quella di chiudere le frontiere ai cittadini di un altro paese che rientra nella lista dei “buoni”. Allo stesso tempo però tutti i 27 paesi non accetteranno arrivi di cittadini  provenienti dalla “lista cattiva”

Eleonora Genovese

di Redazione Attualità

Rubrica di long form journalism; approfondimento a portata di studente sulle questioni sociali, politiche ed economiche dall’Italia e dal mondo.

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