fonte: ilbolive.unipd.it/it/news

Machine learning: come nasce “l’intelligenza”

Vi siete mai chiesti quale sia il meccanismo insito nell’apprendimento? Cosa rende gli esseri umani, gli animali e alcune piante in grado di imparare? Una questione quantomeno spinosa, che si inasprisce ancor più se pensiamo che per rispondere è necessario prima definire il concetto stesso di apprendimento. E badate, è un Problema tutt’altro che semplice, al centro di discussioni di carattere filosofico, metafisico e scientifico da secoli.

Cos’è l’apprendimento

Sarebbe lecito in prima battuta vedere l’apprendimento come la capacità di reagire in modo diverso, rispetto al passato, a determinati stimoli. Di mutare, quindi, il modo con cui ci interfacciamo con la realtà.
Pensiamo a un predatore che impara a cacciare: sta reagendo a uno stimolo (la presenza della preda) in modo diverso rispetto a prima. Anche un bambino che impara a leggere sta relazionandosi alle lettere in un modo nuovo. E’ evidente che un approccio del genere non è in grado di esaurire completamente la questione ma è sufficientemente “potente” da rendere possibile una prima formalizzazione della faccenda.

Fu proprio questo l’aspetto che non sfuggì ad Arthur Lee Samuel, considerato il pioniere dell’intelligenza artificiale. Infatti, è su tale presupposto che oggi si fonda il machine learning, la disciplina che si occupa di insegnare alle macchine come imparare.
Un algoritmo classico non è altro che una serie di operazioni che un PC esegue e che qualcuno deve implementare. Il machine learning supera questo scoglio, servendosi di un algoritmo in grado di generarne degli altri, per poi modificarli e ri-assemblarli, così da renderli in grado di fronteggiare circostanze sempre diverse. Il ML, infatti, può gestire situazioni molto complesse, tutte riconducibili al problema di natura strettamente dicotomica di riconoscere due elementi distinti, per esempio un uomo da una donna, un cane da un gatto o un cavallo da un catamarano.

Come si insegna a un pc?

fonte: www.iberdrola.com

Se vi state chiedendo come un computer possa imparare a farlo, provate a ricordare come ci siete riusciti voi. Qualcuno deve aver puntato un dito contro un uomo, un gatto, un catamarano e contemporaneamente pronunciato le rispettive parole.

Per capire meglio, immaginiamo di dare a una macchina dei numeri che descrivano un uomo veicolando informazioni riguardo la forma del viso. Noi vogliamo che ogni volta che l’algoritmo si imbatte in valori simili dia 0. Per imparare a farlo, la macchina avvia i numeri a una sorta di percorso, che li modifica secondo leggi ben precise, e ne restituisce un valore fra 0 e 1. Questa sorta di catena di montaggio è strutturata in modo tale che 2 input numerici iniziali simili restituiscano valori finali simili. Dopodiché, a seconda di quanto il valore risultante sia vicino a 0, la struttura stessa del percorso viene modificata insieme alle leggi che la caratterizzano.
Le modifiche apportate saranno tali che la prossima volta che la macchina incontrerà “un uomo” risponderà con un valore finale più spostato verso lo zero.

In altre parole, ogni uomo è individuato da parametri numerici paragonabili quantitativamente a quelli di un altro uomo, ma distanti da quelli di una donna. Il percorso viene tarato in modo che con una classe di parametri esso restituisca 0, mentre con un’altra (quella che identifica una donna) restituisca 1.

Differenze geometriche quantificabili tra il viso di una donna e quello di un uomo. Fonte https://design.tutsplus.com

Infinite applicazioni

Il ML esprime tutto il suo potenziale creando un’ “intelligenza” dal nulla, in maniera del tutto artificiale. Ora, nell’immaginario collettivo, queste parole portano alla mente un insieme di sensazioni per lo più negative. Pensiamo al freddo metallo dei Terminator, alle profonde crisi esistenziali dei protagonisti dei romanzi di Philip K. Dick, fino alle angoscianti puntate di Black Mirror.

La realtà purtroppo è meno eccitante di cosi. Molto più modestamente, le intelligenze artificiali (IA) trovano applicazioni nei campi in cui è necessario elaborare un’enorme quantità di dati con un’atteggiamento che coniughi lo zelo di una macchina e la flessibilità mentale di un umano. I più noti esempi sono le IA sviluppate da Google, che ottimizzano la nostra esperienza sui motori di ricerca.  All’avanguardia quelle sviluppate da Naughty Dog per rendere l’interazione con i personaggi dei loro videogame più coinvolgente.

Istantanea della fase di progettazione di The Last Of Us 2, i suoi personaggi sono animati da un’avanzatissima intelligenza artificiali che li rende in grado di sfruttare l’ambiente che li circonda proprio come farebbe un essere umano. Fonte: www.assistivetechnologyblog.com

Innumerevoli sono poi le applicazioni in campo medico. Che ci crediate o no, anche le IA hanno avuto una parte, seppur marginale, nell’emergenza che stiamo vivendo. Il contact tracing, il tentativo di sviluppare vaccini, il recupero e l’elaborazione dei dati necessari alla modellizzazione della diffusione del virus, sono tutte applicazioni del machine learning, seppur migliorabili.

Ad ogni modo, questo strumento ha tutte le carte in regola per essere addestrato a gestire situazioni altrettanto complesse con molta più efficacia. Secondo le previsioni dei maggiori esperti del campo, già in un futuro prossimo potrebbe rivelarsi un alleato indispensabile per l’amministrazione di risorse fisiche e non solo.

Estratto del primo adattamento cinematografico de “il cacciatore di androidi” romanzo di Philip K. Dick ambientato in un 1992 distopico che narra le vicende di androidi ribelli. fonte: www.tomshw.it

Il bue e il trattore

Ma cosa ne pensiamo noi a riguardo? Dopo tutto, a ben pensarci non siamo in una situazione diversa da quella di un vecchio bue da traino davanti a un trattore ruggente. Alcuni obietterebbero che la differenza fra noi e l’animale è che il genere umano ha il destino nelle proprie mani, strizzando di fatto l’occhio a un atteggiamento restio allo sviluppo di queste tecnologie. Un dibattito fra i cosiddetti progressisti e conservatori si ridurrebbe dopo poche battute alla più grande questione etica in cui l’uomo si sia mai impelagato. Quale sarebbe il nostro posto in un mondo popolato da entità che abbiamo artificialmente “sporcato” con la nostra coscienza? Come gestire queste entità? Saremmo formalmente costretti a definire una linea di confine fra noi e loro, e quale sarebbe questa linea? Fino a che punto potremmo usare delle macchine prima di considerarle umani? Immaginate la confusione dei sindacati di tutto il mondo!

La serie TV Westworld è la risposta alla vecchia domanda: cosa mai potrebbe andare storto in un parco a tema western le cui attrazioni principali sono degli androidi che non sanno di esserlo? Fonte: www.theverge.com

Molti nel corso degli anni, quando ancora il ML era in stato embrionale, decisero di farsi interpreti di questi dilemmi e di presentarli al grande pubblico. Affidarono l’arduo compito di diffondere il messaggio alla letteratura, alla cinematografia, al teatro, alle serie TV, in poche parole all’unica disciplina che, paradossalmente, nessuna macchina, forse, riuscirà mai a comprendere: l’arte.

Gianluca Randò

Leggi Anche...

Alzheimer: sarà possibile diagnosticarlo tramite un esame del sangue?

L’Alzheimer è una malattia cronico-degenerativa, caratterizzata da un progressivo impoverimento cognitivo: ad oggi, si stima …