Il sindaco di Budapest, Gergely Karácsony. Fonte: The Budapest Beacon

Ungheria, elezioni 2022: nasce l’opposizione a Orbán

L’Ungheria quest’anno si è resa protagonista di un “esperimento” particolare e a tratti surreale. A causa della pandemia mondiale, l’esecutivo ungherese ha stabilito che, per rendere più veloce ed efficace l’azione del governo contro il COVID-19, era necessario dare pieni poteri al Primo ministro Viktor Orbán. Si tratta di un nazionalpopulista ultraconservatore che ricopre la carica dal 2010. Fa parte del partito Fidesz, l’ “Unione Civica Ungherese”, di cui è anche il leader.

Il Primo ministro Viktor Orbán. Fonte: la Repubblica.

La situazione di Budapest

Il decreto di cui Orbán si è servito per esercitare i pieni poteri aveva un inizio (la fine di marzo) ma non una data certa di fine. Il 15 maggio Orbán ha dichiarato che lo stato di emergenza poteva considerarsi concluso perché l’ondata stava scemando. Il 20 giugno afferma che è pronto a restituire i poteri al parlamento ungherese ma, nel frattempo, emana decreti con cui accresce il ruolo delle contee (N.d.A. l’equivalente delle nostre province) a discapito delle città. Non si sa esattamente il perché di questa scelta, fatto sta che la maggior parte delle contee sono in mano ad esponenti del partito Fidesz mentre le città no.

Lo spostamento delle responsabilità dalle città alle province causa anche problematiche non indifferenti. La capitale Budapest, zona rossa, non è nelle mani del Fidesz e il suo sindaco progressista, Gergely Karácsony, afferma di avere le mani bloccate perché i fondi sono in mano della contea di appartenenza della città. Ciò permette la diffusione del virus perché non si è in grado di prendere immediatamente le misure necessarie a contrastarlo.

Il sindaco di Budapest Gergely Karácsony – fonte: budapestbeacon.com

Al momento la capitale è in bancarotta: il governo ungherese è pronto ad alzare la tassa annuale che Budapest e i più importanti centri urbani del paese versano allo stato poiché in questo modo si tassa i ricchi per dare ai poveri. In realtà sono i grandi centri urbani a soffrire maggiormente in questo periodo, eppure non si ha intenzione di modificare questo aumento.

Orbán e l’Unione europea

Con l’acquisizione dei pieni poteri, Orbán ha deciso di vietare il cambio sesso e non solo. Lo Stato si dichiara irremovibile per quanto riguarda la difesa dei valori cristiani e, grazie al suo governo ultraconservatore, garantisce il diritto di adottare bambini solo alle coppie spostate ed eterosessuali. Le associazioni LGBTQ+ ungheresi fanno sapere che al momento la situazione per le persone non etero è equivalente a “quella del Medioevo“. È in questo scenario che spicca l’ex eurodeputato e fondatore del Fidesz Jozsef Szajer, arrestato mentre stava fuggendo da un festino di sesso i cui partecipanti erano solo uomini.

Orbán ha inoltre inasprito le multe per coloro che diffondono fake news riguardo la situazione ungherese nel periodo pandemia.

La Commissione europea si trova invece con le mani legate: non ha gli estremi per perseguire il primo ministro e guarda da lontano la situazione in Ungheria. Il leader d’altra parte non sembra temere l’Unione europea e si avvicina sempre di più a figure contorte come il presidente serbo Aleksandar Vucic oppure a stati come Russia e Cina. Come il presidente serbo, Orbán pare interessato solo ai soldi europei, non ai suoi ideali democratici o ai valori liberali.

Jozsef Szajer, l’ex eurodeputato coinvolto in uno scandalo sessuale. Fonte: il Fatto Quotidiano.

La nascita dell’opposizione

In questo scenario conservatore, brilla però la speranza di un’Ungheria migliore. Ci si prepara alle elezioni politiche dell’aprile 2022 a cui anche Orbán ed il suo partito Fidesz sono intenzionati a concorrere. Sono contrastati da tutta l’opposizione democratica ungherese che per la prima volta decide di fare fronte comune. Sei partiti hanno deciso di unirsi e hanno siglato un accordo a riguardo. Questi partiti comprendono Momentum (liberali), Jobbik (nazionalisti), MSZP (socialisti), Dialogue (verdi) e MDF (democratici).

L’unione di questi partiti così diversi prevede la nascita di una lista nazionale comune e la presentazione di un solo candidato in ogni circoscrizione uninominale. Ci sarà un solo ed unico candidato premier che si troverà in una serie di elezioni preliminari. Al momento, i sondaggi danno l’opposizione come favorita: la lista comune ha 41%, il Fidesz 39% e gli astensionisti sono in discesa. Ciò che accomuna questi sei partiti è l’obiettivo di porre fine al governo corrotto dei conservatori e ristabilire le libertà e le indipendenze da loro tolte.

Fonte: Askanews

Sarah Tandurella

di Redazione Attualità

Rubrica di long form journalism; approfondimento a portata di studente sulle questioni sociali, politiche ed economiche dall’Italia e dal mondo.

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