No Delivery Day: “Non ordinate, non consegniamo in nome dei nostri diritti”. Anche a Messina i rider scioperano

Oggi, 26 marzo, è la giornata in cui i rider di tutta Italia hanno deciso di scioperare con l’obbiettivo di portare alla luce una condizione lavorativa dove mancanza di tutele e contratti irregolari sono in realtà sotto gli occhi di tutti. Proprio coloro che durante il lockdown e le restrizioni varie imposte dalla pandemia erano gli unici a popolare le strade fino a tarda notte, intemperie avverse o meno, per fornire un servizio altrimenti lasciato morire, sono gli stessi che adesso scendono in piazza per rivendicare a gran voce diritti che faticano ad essere riconosciuti. Definiti “essenziali” dalle istituzioni ma rimasti ad esse fino ad ora soltanto invisibili, i rider annunciano il “No food deliveryaccolto in tutta Italia, compresa la città di Messina, il cui appuntamento è fissato a Piazza Cairoli alle ore 19.00.

La denuncia di RiderXidiritti

Il movimento RiderXiDiritti rivolge un appello di supporto a tutti i cittadini, destinatari di una lettera aperta, in cui spiegano:

Siamo pedine nelle mani di un algoritmo, siamo considerati lavoratori autonomi; siamo inseriti in un’organizzazione del lavoro senza alcun potere ma non siamo considerati lavoratori dipendenti dai nostri datori di lavoro. Il lavoro autonomo è solamente un espediente: consente a multinazionali feroci di non rispettare i contratti e di non riconoscerci tutele”.

Continuano affermando una realtà già nota a livello giuridico in Europa e in Italia, ma sorda alle orecchie delle grandi multinazionali, che ammettono esclusivamente un modello di business basato su sfruttamento, cottimo e precarietà:

In tutta Europa i tribunali stanno riconoscendo la verità: il nostro è un lavoro subordinato. Anche il tribunale del lavoro di Palermo, nel primo grado di giudizio, si è mosso in questa direzione. Il Tribunale di Milano ha fatto luce su casi palesi di caporalato dentro Uber Eats, che arrivavano a sorveglianza, non solo digitale ma persino fisica, con contorno di violenza e aggressioni nei confronti di riders resi ricattabili (reclutati anche nei centri di accoglienza) da indigenza ed estremo bisogno. Il Tribunale di Bologna ha riconosciuto che l’algoritmo è un dispositivo discriminatorio nei confronti dei lavoratori. La procura di Milano ha recentemente ribadito che il tempo dello schiavismo deve finire e deve cominciare quello di un lavoro che riconosca tutti i diritti di cittadinanza; ha per questo comminato maxi-multe per centinaia di milioni di euro alle aziende, intimandogli di assumerci e riconoscerci tutele piene”.

Il sostegno su Twitter della Cgil Lombardia. Fonte: Twitter.

La situazione in Italia: il contratto Assodelivery-sindacati

E se in Europa, come afferma la Cgil di Roma e Lazio, le aziende si sono messe già in moto per garantire diritti, sicurezza e salario, in Italia Assodelivery – prima e unica associazione dell’industria del food delivery alla quale aderiscono Deliveroo, Glovo, SocialFood e Uber Eats – “preferisce soccombere in tribunale e rischiare di pagare milioni di multe piuttosto che trattare davvero con le organizzazioni sindacali.”

Infatti, nella giornata del 24 marzo, Assodelivery in accordo con le rappresentanze sindacali di Cgil, Uil e Cisl ha siglato un protocollo riassunto in tre punti fondamentali: il primo riguarda l’impegno delle aziende aderenti ad Assodelivery ad adottare un modello organizzativo in grado di prevenire comportamenti scorretti e l’adozione di un Codice Etico; il secondo punto assume l’impegno delle piattaforme a non ricorrere ad aziende terze, almeno fino a quando non verrà creato un apposito albo delle stesse piattaforme; l’ultimo punto prevede la costituzione di un Organismo di Garanzia (che coinvolgerà sia rappresentati delle aziende e sia rappresentati sindacali) il cui compito sarà di vigilare sulle dinamiche lavorative dei rider e riportare eventuali specifiche segnalazioni alla Procura della Repubblica.

A presenziare l’accordo anche il ministro Orlando, il quale ha convocato per il primo aprile un tavolo per garantire procedure anti-Covid su salute e sicurezza dei lavoratori (non dimenticando che durante la pandemia i rider hanno ottenuto le mascherine dalle aziende solo dopo il ricorso a vie legali) e la contrattazione su diritti e tutele da mettere in atto il prima possibile.

Immediata la risposta di Deliverance Milano, che ha scritto: “Nonostante la buona notizia di oggi confermiamo lo sciopero del 26 Marzo e le manifestazioni organizzate in oltre 20 città italiane in occasione del No Delivery Day, a riprova del fatto che non bastano gli impegni formali ma occorre aggiungere sostanza e serietà alle promesse fatte ai lavoratori, da parte delle aziende e delle istituzioni.”

Uniti contro lo sfruttamento, Messina non si tira indietro

Le pretese sono più che mai legittime in un sistema come il nostro (formalmente) democratico: essere alla pari di tutti i lavoratori dipendenti del nostro paese. Un’intera categoria privata di salari, sicurezza, malattia, ferie, contributi, mensilità aggiuntive, TFR, contratte nazionale, è una sconfitta morale e sociale per tutti, non riguarda i singoli lavoratori. Un gesto semplice – rifiutarsi per un giorno di fare click – può sostenere una causa che non è solo quella dei rider, ma quella della civiltà di un Paese e del mercato del lavoro. Uniti possiamo fare la storia verso i diritti del futuro contro un regime di sfruttamento ottocentesco”.

NoDeliveryDay
Locandina a Messina per la mobilitazione nazionale dei rider. Fonte: Normanno.

La partecipazione prevista anche per i rider di Messina, che si augurano possa cambiare qualcosa grazie a un movimento di risonanza nazionale: “Già nelle grandi città ci sono state attuazioni del genere. A Messina ancora no e ciò ci preoccupa perché il mercato del lavoro continua a rimanere precario e senza tutele anche da parte di aziende locali.”

Che sia giunto finalmente il momento in cui sarà riconosciuta dignità ai lavoratori che ne sono giuridicamente privi?

Alessia Vaccarella

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