Bradley Cooper e Rooney Mara in "Nightmare Alley". Fonte: searchlight pictures

Nightmare Alley: l’inquietante circo delle illusioni di del Toro

Con ben 4 nominations agli Oscar, Nightmare Alley è un thriller coinvolgente dall’atmosfera unica – Voto UVM 4/5

 

La nuova pellicola di Guillermo Del Toro, rifacimento del film omonimo del 1947, narra una storia semplice.

Un protagonista anonimo, Stan Carlisle (Bradley Cooper), lascia la sua casa senza un avere addosso e viene per caso raccattato dai proprietari di un circo. Questo baraccone sembra inizialmente sospeso nella realtà: non abbiamo alcuna indicazione di dove si trovino i personaggi o quale sia il periodo storico in cui è ambientata la vicenda. Fa da sfondo soltanto un’atmosfera lugubre e triste, a tratti inquietante.

Bradley Cooper in un’immagine promozionale. Fonte: Searchlight Pictures

Come ogni buon film del regista qui l’introspezione la fa da padrone: quasi ogni immagine è una metafora portata visivamente sullo schermo, una visione delle emozioni che prende forma e colore nel mondo. Come sempre Del Toro non riesce a deludere e parla con immagini che riescono a catturare lo spettatore: la resa fotografica rasenta la perfezione, riuscendo a comunicare sempre la giusta emotività della scena attraverso colori e luci. Non a caso una delle nomination di Nightmare Alley agli Academy – oltre a miglior film, costumi e scenografia – è proprio per la fotografia!

Non ci troviamo di fronte ad un approccio che vira sul fantastico come in altri film del regista, ma le azioni stesse dei personaggi sono specchio della loro vera identità e torna qui la tematica tanto cara al regista della fantasia mista alla crudità del reale. In questo il lavoro è ottimo: nonostante ci venga rivelato solo all’ultimo, possiamo già intuire dall’inizio come tutti i personaggi mentano a se stessi e vengano illusi dalle altre persone. Quasi come se la vita intera fosse uno spettacolo di mentalismo.

Anche a livello tecnico il film risulta solidissimo. La camera inquadra sempre quello che deve e le immagini appaiono chiare. Il film risulta in questo riuscito in quanto porta sullo schermo un racconto che, tramite scene cariche di significato e a volte cruente, riesce a narrare una storia coinvolgente.

Stan durante uno spettacolo da mentalista.

La sceneggiatura, inoltre, quasi non sbaglia un colpo, riuscendo ad essere sempre sottile ma anche chiara e coerente. Sono i piccoli gesti dei personaggi a renderli reali (un bacio rubato alla persona sbagliata o un atto di violenza immotivato). Sono tutti segnali che fin dall’inizio il film ci manda come campanelli d’allarme. L’intero intreccio segue, inoltre, lo stesso leitmotiv e risulta un quadro perfetto costruito sempre attorno al tema che ritorna anche nel titolo. Ottimo anche il ritmo della narrazione, che in un crescendo ci porta verso fasi finali ricche di pathos.

Ottime anche le performance degli attori: i personaggi sono tutti espressivi e riescono a raccontarsi benissimo attraverso la propria mimica. Bradley Cooper, nel ruolo di Stan, riesce perfettamente a sembrarti un anima timida ed impacciata, così come Rooney Mara rientra bene nel ruolo della solare e speranzosa Molly. Anche a Cate Blanchett è stato cucito un ruolo da femme fatale, che calza a pennello con la sua espressività da rapace. Oltre ai protagonisti, poi, l’intero cast riesce a spiccare sullo schermo – in particolare David Strahairn e Toni Collette, rispettivamente Pete e Zeena nella storia. Una nota di merito va sicuramente a Willem Dafoe che nonostante il minutaggio risicato riesce a lasciare la sua impronta nel film.

Stan mostra a Molly le sue idee per un nuovo spettacolo

La pellicola, benché sia un’ottima opera, ben costruita sotto ogni punto di vista non riesce – forse – a rimanere impressa, a risaltare se paragonata ad altri lavori del regista. Non esistono purtroppo immagini o sequenze che rimangano più di altre nella mente dopo la visione. Film come Il Labirinto del Fauno rimangono ancora oggi nella memoria collettiva per la loro crudezza e impressività, punte che Nightmare Alley non riesce a toccare.

Inoltre, il messaggio di fondo, non risultando comunque banale, non riesce a spiccare: il rischio è che molti si fermino alla lettura superficiale che vede prevalere la semplice legge del contrappasso. Lettura che si limiterebbe alla visione delle azioni del solo protagonista, mentre – come già detto – gli errori sono sempre gli stessi e sono commessi da tutti i personaggi.

Come giudicare allora Nightmare Alley? Il tratto di Del Toro si nota ed ogni inquadratura, ogni sguardo risultano curati nei minimi dettagli. Il film trasmette ansia, paura e gioia riuscendo a farlo bene in ogni fotogramma. Se si può rinvenire una pecca, sta allora nel messaggio finale: più banale delle previsioni che si potevano fare ad inizio film.

Nonostante tutto La fiera delle illusioni che ci racconta del Toro rimane un ottima pellicola drammatica, da consigliare a chiunque sia un amante del cinema.

 

Matteo Mangano 

di Redazione Recensioni

Approfondimento sul mondo dello spettacolo e letterario; musica, film, serie tv, libri e grandi artisti raccontati in una rubrica poliedrica e con occhio critico.

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