Mercoledì in Afghanistan si è inaugurato il nuovo anno scolastico a più di sette mesi dalla presa talebana del Paese. Il rientro era previsto per gli studenti (e studentesse) di ogni ordine e grado – ma così non è stato. Infatti, l’attuale esecutivo ha effettuato un dietro-front all’ultimo minuto sull’educazione femminile: niente scuola finché non si troverà un accordo sulle uniformi conforme alla legge Islamica. Questa la motivazione ufficiale condivisa da un esponente dell’IEA (Emirato Islamico dell’Afghanistan), Suhail Shaheen, a Reuters. Un portavoce del Ministero dell’Istruzione in Afghanistan, Aziz Ahmad Rayan, si è rifiutato di giustificare il provvedimento, affermando di «non avere il permesso di commentare».
Nonostante il generale scetticismo delle studentesse sull’effettivo rientro in classe, la notizia è giunta così improvvisamente ed a poche ore dall’inizio delle lezioni da lasciare la popolazione studentesca sotto shock ed in lacrime.
Abbiamo perso ogni speranza non appena la Preside ce l’ha comunicato, lei stessa stava piangendo
Ha dichiarato a Reuters una delle studentesse. La decisione è stata accolta con aspre critiche e condanne da parte delle agenzie internazionali, come UNAMA, la Missione di Assistenza in Afghanistan delle Nazioni Unite. Quello dell’istruzione delle studentesse è uno dei punti chiave dei negoziati tra Emirato e comunità internazionale per il riconoscimento: è infatti noto che, durante il periodo di dominazione talebana dell’Afghanistan tra il 1996 e il 2001, alle donne era vietata l’istruzione dai dodici anni in su ai sensi dell’interpretazione fortemente restrittiva della Sharia adottata dai talebani.
The UN in Afghanistan deplores today’s reported announcement by the Taliban that they are further extending their indefinite ban on female students above the 6th grade being permitted to return school. pic.twitter.com/aNH7rj3amw
— UNAMA News (@UNAMAnews) March 23, 2022
Le divisioni nell’Esecutivo talebano
Secondo il corrispondente della BBC Secunder Kermani, si tratterebbe dell’ennesima dimostrazione di quanto la fazione talebana al governo sia, in realtà, divisa al proprio interno: i principali contrasti sarebbero dovuti alla differenza di opinioni tra membri conservatori (portatori di un’idea assolutamente più tradizionalista della Sharia) e moderati del nuovo esecutivo. Tant’è che pochi giorni fa, l’esponente dell’Emirato ed ex membro del team per i negoziati con le Nazioni Unite Suhail Shaheen, aveva condiviso un tweet riportando la notizia di 193 tra studenti e studentesse neolaureati nella provincia afghana di Kandahar.
Inoltre, nella serata di martedì (poche ore prima del contrordine), un esponente del Ministero per l’Istruzione aveva condiviso un videomessaggio congratulandosi con tutti gli studenti per il ritorno in classe.
Graduation Ceremony of 193 male and female students of Benawa Institute in Kandahar province, Afghanistan. pic.twitter.com/soh1FMdtE8
— Suhail Shaheen. محمد سهیل شاهین (@suhailshaheen1) March 17, 2022
L’istruzione afghana negli ultimi sette mesi
Già dalle prime conferenze pubbliche il nuovo Esecutivo, con l’intento di mostrarsi più moderato ed aperto al dialogo con le Nazioni, aveva promesso di permettere anche alle donne di ricevere un’istruzione. Tuttavia, non appena i riflettori dell’informazione si sono spostati altrove rispetto alla situazione in Afghanistan, sono intervenute diverse restrizioni e violazioni del diritto allo studio nei confronti della popolazione femminile. Prima di mercoledì, le università e le scuole primarie (dai 6 ai 12 anni) avevano riaperto i propri cancelli all’intera popolazione studentesca, ma con classi divise per genere. Inoltre, il Ministro per l’Educazione Superiore Abdul Baqi Haqqani aveva dichiarato la revisione ed eliminazione delle materie di studio contrarie alla legge Islamica.
A settembre Tolo News aveva comunicato che le università si stavano svuotando: non si presentavano né studenti né professori.

Il report della BBC su speranze e timori delle studentesse afghane
Appena tre giorni fa, la BBC ha pubblicato sul proprio sito un video-report chiedendo alle giovani donne afghane cosa si aspettassero dal rientro a scuola dopo sette mesi privi di istruzione. Sanaz Qarizadeh, di 17 anni, rivela: «Senza la scuola ho sofferto di depressione per tre mesi. In futuro vorrei disegnare abiti».
Si tratta di una delle voci femminili intervenute nel report della BBC; voci con un futuro sempre più labile e confuso, nelle mani di un organo governativo instabile e diviso più che mai. Intanto, per le strade si sono accese numerose proteste di donne che rivendicano il proprio diritto allo studio, ma sono rimaste inascoltate e per lo più duramente represse. Anche il Premio Nobel per la Pace Malala Yousafzai si è espressa a riguardo in un tweet, affermando che:
Continueranno a trovare scuse per impedire alle ragazze di imparare, perché hanno paura delle giovani istruite e delle donne emancipate.
Adesso le giovani donne afghane sono state costrette a mettere da parte le proprie speranze, ma c’è chi non demorde, come la diciassettenne Farzana, che aveva già terminato di lavare e stirare la propria uniforme col desiderio di rivedere le proprie compagne di classe il prima possibile. Secondo quanto riportato da Ariana News, avrebbe affermato di sentirsi «molto potente. Siamo riuscite a dimostrare non solo ai talebani, ma a tutto il mondo, che non ci fermeremo e che l’Afghanistan non tornerà nel passato».

La condanna di Usa e Ue
Poco tempo dopo il contrordine sul rientro a scuola, Usa, Francia, Italia, Norvegia, Canada, Gran Bretagna e l’Alto Rappresentante dell’Ue hanno firmato un appello congiunto, in cui si legge:
L’azione dei talebani contraddice le loro assicurazioni pubbliche al popolo afghano e alla comunità internazionale. La decisione è arrivata dopo mesi di lavoro da parte della comunità internazionale per sostenere gli stipendi degli insegnanti sulla base della promessa che le scuole sarebbero state aperte a tutti. Chiediamo urgentemente ai talebani di revocare questa decisione che avrà conseguenze ben oltre il danno per le ragazze afghane e potrebbe minare profondamente le prospettive di coesione sociale e crescita economica dell’Afghanistan, la sua ambizione di diventare un membro rispettato della comunità internazionale e la volontà degli afghani di tornare dall’estero.
Valeria Bonaccorso