Non dite che sia solamente un gioco

Gioia e lacrime, lacrime e gioia. Abbiamo visto – e lo abbiamo visto quasi tutti – come sia stato accolto Cristiano Ronaldo a Torino, nel pomeriggio di lunedì. Un’accoglienza da star hollywoodiana o, ancor meglio, da carica istituzionale d’altissimo rango. Autografi, foto – anche solo da lontano, e finanche solo uno sguardo capaci di realizzare un piccolo sogno.

Perchè, ormai, che vi piaccia o no, che lo seguiate o no, è impossibile non constatare che avvenimenti del genere riescano a segnare le vite di chi segue lo sport e, in particolare, questo sport. Una disciplina, quella calcistica, forse (?) malata, forse (?) corrotta, forse (?) eccessivamente privilegiata. Ma, ormai, motore sociale dotato d’un numero spropositato di cavalli, volendo proseguire nella descrizione motoristica della portata.

In ogni caso, i tifosi della Juve, ieri e non solo, hanno vissuto un giorno che, senza dubbio, ricorderanno per molto tempo. Al pari di addetti ai lavori, dipendenti della Juve e dirigenti e calciatori stessi. Ma, forse, è stato il calcio italiano a vivere una giornata di festa. A prescindere dalla fede calcistica, vedere il portoghese con la maglia bianconera non poteva lasciare indifferenti. A prescindere dalla fede calcistica, vedere le migliaia di tifosi appostatisi a Caselle e fuori dal J Medical, non poteva lasciare indifferenti.

Per cui, ormai, l’invito è a non definirlo più solo un gioco. Un pò, allacciandoci ad un altro tema calcistico, seguendo la falsariga lasciataci da un Mondiale bellissimo, vissuto, grazie all’ottimo lavoro di Mediaset, a 360 gradi. Lo ripetiamo ancora: non è uno sport normale. Ma una fabbrica di sogni che, volenti o nolenti, a volte riesce davvero a realizzarli.

Matteo Occhiuto

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