A French flag and a yellow vest, the symbol of a French drivers' protest against higher diesel fuel prices, are seen at a roundabout in Roppenheim, France, December 6, 2018. REUTERS/Vincent Kessler

Cosa accade realmente in Francia? Le profonde ragioni della crisi e la nascita dei gilet gialli

In Francia  si è appena consumata la quarta settimana consecutiva di ribellione, portata avanti dai dimostranti contraddistinti dai loro gilet gialli, in francese gilets jaunes, tipici delle emergenze stradali, proprio ad evidenziare il loro bisogno di visibilità e stato di emergenza nel quale denunciano di trovarsi.
Il movimento, sorto come protesta contro l’aumento delle tasse sui carburanti, è cresciuto di intenti e proporzioni fino a diventare un ampio sfogo sulla disuguaglianza, contro l’intera classe dirigente che risulta disconnessa dalla realtà, e contro il Presidende Macron, percepito sempre più come “Presidente dei ricchi” e incolpato di aver completamente abolito la classe media, tanto da aver interrotto la comunicazione con il resto del Paese e in particolar modo con la Francia rurale.

Ma da dove nasce la protesta?
Al contrario di quello che si potrebbe pensare, date le proporzioni attuali della protesta, il movimento è nato in sordina, da parte di una signora, Jacline Mouraud – sconosciuta fino ad allora – che sul proprio profilo social ha postato un video che ha totalizzato sei milioni di visualizzazioni.

Nel video Jacline chiede a Emmanuel Macron “quando il governo la smetterà di accanirsi contro gli automobilisti”, facendo riferimento all’aumento delle accise sulla benzina. Mouraud, che vive in un paesino della Bretagna e utilizza la sua auto diesel per spostarsi ogni giorno, ha poi lanciato una provocazione che contrappone i ricchi cittadini ai francesi che abitano nelle campagne. “Voi potenti che siete nelle città la fate facile, tanto siamo sempre noi a pagare”, dice. A risponderle ci ha pensato Emmanuelle Wargon, sottosegretaria ai Trasporti, con un video su Twitter. “Non c’è nessun complotto del governo contro le auto!”, ha scritto nel post.
Dai social la protesta è passata alla strada il 17 novembre 2018, quando il movimento si è dato appuntamento per le manifestazioni in circa 600 città francesi.

A sostenere la protesta anche Marine Le Pen e Jean-Luc Mélenchon, leader della destra e della sinistra francese. L’inizio della mobilitazione però è stato segnato da un evento tragico, quando una donna è stata uccisa da un’auto che ha forzato un blocco stradale in Savoia, nel sud del Paese.
Il movimento popolare dei gilet gialli, è un movimento insolito, che ha colto impreparato il Presidente francese. E’ un movimento senza leader, e le barricate erette ai caselli, alle rotonde e ai depositi di carburante sono state organizzate tramite i social media.
Le rimostranze al governo sono sorte in seguito alle manovre economiche che dal prossimo gennaio avrebbero visto un aumento di 6,5 centesimi al litro e quelle della benzina di 2,9 centesimi. Aumenti che manterrebbero comunque la Francia tra i Paesi Ue con i prezzi più bassi. Ma a questo fatto si aggiungono critiche ulteriori da parte degli automobilisti, come la diminuzione della velocità a 80 chilometri orari sulle strade statali, l’incremento dei controlli e dei pedaggi, l’inasprimento dei requisiti per i collaudi. Inoltre, la protesta partita dai social si è allargata a una più generale critica al governo per il costo della vita e il calo del potere d’acquisto. I cittadini che vi aderiscono sono scesi in piazza per manifestare il proprio risentimento che va al di là delle accise sulla benzina.
Rimostranze che sembrano unire davvero tutta la Francia poiché un sondaggio di Le Figaro condotto venerdì 23 novembre suggerisce che il 77% dei francesi riterrebbe legittime le proteste organizzate a Parigi e dintorni, e che dunque anche coloro che non hanno preso direttamente parte ai blocchi stradali, giorno e notte, nelle città di provincia, nei paesi e nelle aree suburbane, si identificherebbero comunque col sentimento di lontananza dalla classe dirigente.
Macron, nonostante abbia costruito la propria identità politica sul rifiuto di fare passi indietro di fronte alla pressione pubblica e alle proteste di piazza, dopo la prima concessione fatta in extremis, che abolisce l’ecotassa sui carburanti, grazie alla decisione presa dall’Assemblea nazionale francese, che ha approvato con 358 voti contro 194 le misure indicate dal premier Philippe per provare a risolvere la crisi, dopo i tumulti di sabato 8 dicembre, che hanno portato ad almeno 179 feriti negli scontri con la polizia a Parigi e nelle altre principali città e a 975 arresti – ma rilasciati il giorno dopo circa la metà – decide finalmente di parlare alla nazione, affrontando così la crisi innescata dai gilet gialli contro il caro vita e la classe dirigente.
La collera è giusta, in un certo senso“, ha spiegato il presidente.

E ha annunciato che già da questa settimana verranno prese misure per affrontare lo “stato di emergenza sociale ed economico della Francia“. “Ne usciremo bene tutti insieme“, ha garantito. E ricordando le manifestazioni che hanno scosso il Paese e in particolare Parigi, il presidente ha anche ribadito che “la violenza è inaccettabile, saremo intransigenti con i violenti”. Tra le misure annunciate, anche quella che prevede che il salario minimo della Francia aumenterà di 100 euro al mese dal 2019. Macron ha poi annunciato l’annullamento della contribuzione sociale generalizzata (CSG) per i pensionati che guadagnano meno di 2.000 euro al mese.
Durane tutto il suo discorso Macron ha ripetutamente fatto appello alla Francia unita, “Per avere successo dobbiamo restare uniti” e “garantire la giustizia sociale”. Affermano inoltre, che il modo per andare avanti, prevede dialogo e rispetto.

 

Giusi Villa

di Redazione Attualità

Rubrica di long form journalism; approfondimento a portata di studente sulle questioni sociali, politiche ed economiche dall’Italia e dal mondo.

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