Coronarovirus: cosa può fare il Governo nel caso di un’epidemia

Le recenti notizie circa la scoperta di nuovi casi di individui portatori di sintomi ricollegabili al virus “2019-nCoV” anche al di fuori della Cina, luogo di origine del ceppo, sono state per la comunità internazionale un campanello di allarme e, soprattutto, fonte di allarmismo e disinformazione.
La possibilità di un’epidemia globale è divenuta col passare dei giorni oggetto di approfondimento e discussione e la recente riunione di emergenza dell’Organizzazione Mondiale della Sanità svoltasi giorno 22 gennaio a Ginevra, ha confermato che, sebbene la quasi totalità dei contagi e dei decessi si siano verificati in Cina, la minaccia globale rappresenta uno scenario tutt’altro che improbabile.

Al fine di contenere la minaccia sanitaria, la Cina ha istituito tre zone di quarantena e la Russia ha confermato che fino al 7 febbraio saranno terrà chiusi ben nove valichi di frontiera.
A livello nazionale le nostre autorità hanno reagito con cautala alle notizie dei primi giorni provenienti dall’Asia: il Ministero della Salute ha disposto l’affissione nell’Aeroporto di Roma Capitale di alcuni cartelli di sensibilizzazione rivolti ai viaggiatori provenienti da/diretti verso la città cinese di Wuhan. I voli provenienti dalla Cina sono stati dirottati presso gli aeroporti di Milano Malpensa e Roma Fiumicino e sono stati inoltre previsti screening accessori, corsie di sicurezza e controlli per i passeggeri che possono essere entrati in contatto con i luoghi sottoposti al contagio.

Gli italiani residenti a Wuhan sono stati rimpatriati e trascorreranno due settimane in isolamento, con misure preventive ad altissima sicurezza: non potranno avere nessun contatto con l’esterno, saranno visitati giornalmente da personale medico attrezzato con maschere e tute di sicurezza, tutti i rifiuti, compresi il cibo avanzato, saranno trattati come rifiuti di tipo speciale.

Mentre ricercatori e scienziati portano avanti nei rispettivi ambiti studi e ricerche per eviscerare l’esatta natura e pericolosità del Coronavirus, è innegabile che in una società interconnessa come quella dei nostri giorni gli Stati e le Organizzazioni internazionali siano chiamate a collaborare per garantire la salute e la sicurezza dei cittadini.
Il problema, di conseguenza, deve essere affrontato secondo un modello a doppio binario: su un livello locale mediante l’azione degli Stati, attori principali ed enti esponenziali degli interessi dei relativi abitanti, nonché dotati degli strumenti maggiormente efficaci per intervenire in maniera diretta, e su un piano transnazionale nelle assemblee e nei comitati di quelle Agenzie e Organismi internazionali dove vengono disegnati piani di intervento comune.

Quali strumenti ha a disposizione il nostro Stato per affrontare un’eventuale minaccia sanitaria?

La tutela della salute dei cittadini rientra tra i doveri che lo Stato Italiano è tenuto a perseguire entro i limiti del rispetto del principio di autodeterminazione dell’individuo: la libertà personale è inviolabile e nessuno può infatti essere sottoposto a trattamenti sanitari contro la propria volontà a meno che questi non siano previsti espressamente dalla legge, esempio classico sono i vaccini i quali, sebbene oggetto di dibattito tra la comunità scientifica e politica hanno contribuito sensibilmente al miglioramento della qualità della vita nello scorso secolo.
Possiamo dunque vedere come tale limite non sia invalicabile e può essere ragionevolmente superato nel momento in cui si persegue un interesse della collettività.
Nella sventurata ipotesi in cui un’epidemia dovesse minacciare la salvaguardia della popolazione, lo Stato potrebbe legittimamente prevedere l’istituzione di zone di quarantena al fine di contenere il pericolo di diffusione o di contagio, sacrificando dunque una libertà fondamentale del cittadino qual è quella del libero spostamento sul territorio nazionale.

Altre misure adottabili da parte dello Stato sono la previsione di controlli sanitari obbligatori, agevolazioni nella somministrazione di farmaci e requisizione di merci sospette o pericolose dal mercato con relative sanzioni patrimoniali nei confronti di coloro i quali dovessero astenersi dal collaborare.

Per potere intervenire immediatamente nell’attuazione delle misure di sicurezza necessarie la Costituzione riconosce in capo al Governo il diritto di emanare, in casi di necessità e d’urgenza, dei decreti legge, aggirando le lungaggini del dibattito parlamentare.

Lo strumento del Decreto legge venne adoperato per la prima volta proprio in occasione del Terremoto di Messina del 1908 per dichiarare lo stato d’emergenza.

L’Italia e la comunità internazionale.

L’Italia è per sua storica vocazione aperta alla collaborazione e al dialogo con altri attori internazionale. Diversi trattati internazionali, firmati dal nostro Parlamento, vincolano il nostro Paese a partecipare attivamente nel processo di formazione di una volontà da parte della comunità internazionale. In uno scenario di emergenza sanitaria internazionale le Nazioni Unite (il cui trattato a oggi è ratificato da 193 paesi su 196 riconosciuti sovrani) e altre agenzie internazionali, quali per esempio l’Organizzazione Mondiale della Sanità o il World Food Programme, agirebbero però col grande limite del “principio di non ingerenza negli affari interni”, presente all’interno dello stesso Statuto delle Nazioni Unite e che vieta di interferire nei procedimenti decisori dei singoli Stati.

Essi avrebbero innanzitutto il compito di sensibilizzare l’opinione pubblica, attirando l’attenzione degli Stati e invitarli a politicizzare le questioni richiedenti un pronto intervento facendo leva su disegni di politica comune ragionevoli approvati in seno alle Agenzie dai rappresentanti degli stessi Stati.

Non ci resta dunque che sperare che tutti, autorità, medici e scienziati, adempiano ai propri doveri con senso di responsabilità e collaborazione.

Filippo Giletto

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