Studio italiano all’Oms: Coronavirus in circolo già da Ottobre

A distanza di circa dieci giorni dalla prima diagnosi di Coronavirus in Italia, si contano oltre 2000 contagiati, dislocati su tutto il territorio nazionale.
Di fronte alla crescita esponenziale dei contagi, vacilla l’ipotesi dell’esistenza di un vero e proprio “paziente zero” e ci si chiede a quando risalga effettivamente l’inizio della diffusione del virus, in Cina e nel nostro Paese.

L’inizio e l’evoluzione del contagio

L’epidemia di SARS-CoV-2 è unica nella storia delle malattie infettive umane non solo perché è causata da un nuovo virus, ma anche per la disponibilità immediata di dati epidemiologici e genomici, che sono presenti su piattaforme accessibili a tutti.

Proprio grazie all’elaborazione di questi dati, un gruppo di ricercatori italiani del Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche dell’Ospedale Sacco di Milano e del Centro di Ricerca di Epidemiologia e Sorveglianza Molecolare delle Infezioni dell’Università Statale del capoluogo lombardo ha ricostruito la filogenesi del virus lavorando sulle “variazioni del genoma virale”. 

Il loro lavoro, che verrà pubblicato sul Journal of Medical Virology, ha consentito di stabilire il periodo in cui il virus ha cominciato a circolare e di ricostruire la diffusione dell’infezione nei primi mesi dell’epidemia in Cina.

Gli autori hanno condotto un’ indagine epidemiologico-molecolare, basandosi sull’analisi di 52 genomi completi del Coronavirus SARS-Cov-2 depositati nelle banche internazionali di dati genetici fino al 30 gennaio 2020.

I risultati di questo studio mostrano che il Coronavirus sarebbe presente in Cina già da metà ottobre, diverse settimane in anticipo rispetto ai primi casi di polmonite virale. La sua diffusione avrebbe registrato una vera e propria accelerazione nel mese di dicembre.

Un’analisi matematica

E’ stato possibile ricostruire l’andamento del contagio analizzando parametri epidemiologici fondamentali.
Uno di questi è il numero riproduttivo di base (R con zero) che indica il numero di persone che, in media, ogni individuo infetto contagia a sua volta. La situazione ideale si ha quando R0 è inferiore a 1: se ogni infetto non contagia almeno un’altra persona, la diffusione si arresta da sola. Se, al contrario, R0 è maggiore di 1, anche di poco, siamo in presenza di un principio di epidemia. 

Da questa analisi è emerso che da un numero riproduttivo inferiore a 1, a dicembre il virus è passato a 2.6, oggi tra 2.2 e 2.9. Secondo i ricercatori, le cause dell’aumento di questo parametro potrebbero risiedere nei cambiamenti genomici che hanno permesso al virus di trasmettersi in modo più efficace da uomo a uomo oppure nelle caratteristiche della popolazione colpita.

I primi casi anomali

Quando si cerca di risalire al periodo in cui un nuovo virus può aver iniziato a circolare in una popolazione, un campanello d’allarme è rappresentato dalla comparsa localizzata e simultanea di un numero anomalo di casi delle manifestazioni patologiche che il virus può causare.

In Cina, per esempio, a destare i primi sospetti sulla presenza di un nuovo patogeno è stata la registrazione di molti casi di polmonite virale nel giro di pochi giorni.

Similmente, in Italia, si è scoperto che nell’ultima settimana di dicembre, nell’ospedale di Piacenza, a pochi km da Codogno e Casalpusterlengo, i primi focolai italiani, si sono avuti oltre 40 casi di polmonite, un picco assolutamente anomalo. Tuttavia, i sintomi dei pazienti sono stati confusi e curati come quelli delle influenze di stagione o di polmoniti comuni. La maggioranza è guarita, ma nel sangue sono rimaste le tracce degli anticorpi contro il Covid-19, a dimostrazione del fatto di essere stati già infettati.

Sulla base di questi accertamenti, si deduce che il virus è presente in Italia da molto prima della diagnosi del “paziente uno” e abbia avuto un’iniziale diffusione silente.

Come evolverà l’epidemia in Italia

Secondo un’analisi tecnica della diffusione del nuovo Coronavirus in Italia, realizzata dal biologo Enrico Bucci e da due fisici, Enzo Marinari e Giorgio Parisi, l’epidemia si troverebbe ancora nella sua fase iniziale. Considerando soltanto i casi gravi (in terapia intensiva ed i decessi) dal 24 febbraio al 1 marzo, i tre esperti hanno dimostrato che il tempo in cui i casi raddoppiano è di 2,4 giorni. La rapida crescita del numero dei casi critici, dei pazienti ospedalizzati e dei positivi al nuovo Coronavirus registrata negli ultimi giorni, potrebbe rallentare entro una o due settimane.

Grafico tratto dall’analisi di Enrico M. Bucci insieme a Enzo Marinari e Giorgio Parisi

L’evoluzione della situazione del nostro Paese dipenderà da quanto si dimostreranno efficaci le misure di contenimento adottate, dal rispetto da parte di ciascuno delle ordinanze istituzionali e delle regole di igiene.

Negli ultimi giorni si è aperta una faglia tra chi accetta quanto viene disposto dalle istituzioni e chi grida alla «psicosi collettiva». In realtà, proprio l’analisi matematica dell’andamento di questa epidemia, ci aiuta a capire che le misure restrittive messe in atto non sono affatto «esagerate».
Nel momento in cui queste misure venissero allentate o disattese è probabile che i valori di R0 tornerebbero ad innalzarsi nuovamente e il contagio ricomincerebbe a diffondersi.

I prossimi giorni saranno quindi cruciali per capire se si andrà verso una crescita incontrollata di casi oppure se saranno rilevati i primi segni di un rallentamento.

Federica Nuccio

 

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