Coronavirus e gruppo sanguigno: un’analisi del genoma per capire meglio la loro correlazione

Dopo aver passato la prima parte di 2020 quasi totalmente in lockdown, stiamo imparando a convivere con il virus e contemporaneamente stiamo conoscendo la sua storia e le sue caratteristiche.  È recente la notizia del riscontro di tracce del suo RNA nelle acque di Milano e Torino già a dicembre (per saperne di più clicca qui).Ma abbiamo mai pensato che un indizio potrebbe essere celato nel DNA delle nostre cellule? Chissà se anche l’infezione da Coronavirus SARS-CoV-2 colpisce preferibilmente pazienti con determinate mutazioni?

Molte patologie dell’uomo, infettive e non, sono correlate ad una predisposizione genetica. La mutazione di un gene, ereditata dai genitori o successivamente acquisita, può rendere un individuo più suscettibile ad una determinata malattia. Pensiamo, ad esempio, alle malattie autoimmuni che sono spesso associate all’espressione di un particolare aplotipo del complesso maggiore di istocompatibilità (HLA, Human Leukocyte Antigen).
Un gruppo di ricercatori europei, spinto dalla voglia di conoscere a 360° SARS-CoV-2, ha eseguito uno studio di associazione sull’intero genoma (GWAS, dall’inglese genome-wide association study). Si tratta di un particolare tipo di indagine eseguita in epidemiologia genetica con lo scopo sequenziare il genoma dei partecipanti per individuarne differenze e somiglianze.

Come si è svolta l’indagine?

Sono stati reclutati 1980 pazienti affetti da covid-19 diagnosticata mediante la ricerca tramite PCR dell’RNA di SARS-CoV-2 sui tamponi nasofarigei. Le nazioni coinvolte sono state le due più colpite dalla pandemia in Europa, almeno nei primissimi mesi, ovvero Italia e Spagna. Sono stati scelti pazienti ricoverati in terapia intensiva o nei normali reparti che hanno sviluppato insufficienza respiratoria, definendo tale evenienza come il ricorso all’ossigeno-terapia o alla ventilazione meccanica almeno una volta durante la degenza. Inoltre si è fatto un raffronto dei dati ottenuti con quelli di un gruppo di controllo di 2381 italiani e spagnoli, scelti tra donatori di sangue e volontari sani, di cui solo 40 avevano sviluppato anticorpi anti-coronavirus.

Dopo l’estrazione del DNA, la fase investigativa ha portato all’analisi di circa 9 milioni di polimorfismi di singolo nucleotide (SNP), sia nella coorte italiana che in quella spagnola.
I risultati ottenuti hanno dimostrato una frequenza maggiore di mutazioni in due loci genici: il primo sul braccio corto del cromosoma 3, l’altro su quello lungo del 9.

Locus 3p21.31

Questo locus comprende sei geni che potrebbero avere un’azione rilevante nella patogenesi della Covid-19. Il principale indiziato è SLC6A20 codificante per un cotrasportatore sodio-prolina che interagisce con il recettore ACE2, proprio il recettore di SARS-CoV sulla superficie cellulare. Inoltre altre proteine potenzialmente mutate in relazione allo stesso locus sono recettori per le chemochine, come CXCR6. Questo peraltro regola l’azione dei linfociti della memoria T CD8 residenti nel polmone contro i patogeni aerei.

Locus 9q34.2

Veniamo alla curiosità che ha destato più sorpresa dello studio. Il locus individuato sul cromosoma 9 è quello in cui si trovano i geni per gli antigeni del sistema principale dei gruppi sanguigni, ovvero AB0. Facciamo un piccolo off topic per capire il suo significato. I soggetti di gruppo sanguigno A sono quelli che esprimono sulla membrana plasmatica dei globuli rossi solo l’antigene A, mentre il gruppo B è determinato dall’antigene B. Coloro con gruppo AB presentano entrambi gli antigeni ed infine 0 (zero) indica l’assenza di antigeni sulla membrana degli eritrociti.

I risultati dicono che tra i partecipanti allo studio la maggioranza presentava gruppo sanguigno A, definito come un fattore di rischio che aumenta del 50% circa la possibilità di trattamento intensivo. Invece avere gruppo 0 assume addirittura il ruolo di fattore protettivo per forme critiche di Covid-19. Difatti i pazienti affetti da Covid-19 con gruppo sanguigno 0 raramente necessitano di ventilazione od ossigeno. Del resto anche in Cina ad inizio pandemia si erano resi conto che il nuovo coronavirus colpiva in prevalenza il gruppo A, ma non avevano approfondito ulteriormente.

Quali saranno i risvolti positivi di questa scoperta?

Sicuramente le informazioni acquisite con l’analisi genomica avranno un vantaggio non indifferente nella stratificazione del rischio nella popolazione. Potremmo infatti così individuare i soggetti suscettibili a complicanze più gravi della Covid-19 ed organizzare campagne di prevenzione rivolte nei loro confronti.

È importante ribadire che i risultati dello studio non indicano che chi ha gruppo A ha un rischio maggiore rispetto agli altri di contrarre l’infezione da SARS-CoV-2. Piuttosto ci dicono che se sono di gruppo A e contraggo il coronavirus ho una probabilità maggiore di sviluppare una polmonite più aggressiva.
Comunque il meccanismo biologico con cui il gruppo sanguigno A influenzi negativamente l’infezione da coronavirus non è stato del tutto chiarito. Spetterà a nuove ricerche investigare in questo settore per sviluppare magari protocolli diagnostici e terapeutici migliori.

Antonio Mandolfo

 

 

 

Bibliografia

https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2020283
https://www.assocarenews.it/primo-piano/ultim-ora/sanita/coronavirus-gruppo-sanguigno
https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2020.03.11.20031096v2

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