La protagonista di Maid con la figlioletta Maddy. Fonte: Netflix

Maid: dall’annullamento alla riconquista di sé, un inno alla maternità firmato Netflix

Una serie veramente incredibile e ben fatta, che nulla dà per scontato e si rivela capace di emozionare – Voto UVM: 5/5

 

Tra le innumerevoli opzioni che il catalogo di Netflix ci offre, non troppo raramente capita d’incappare in vere e proprie perle d’autore: la miniserie drammatica del 2021 Maid (ideata da Molly Smith Metzler e prodotta da Margot Robbie!) è una di quelle. E vi diremo anche perché!

La serie, ispirata dal bestseller Maid: Hard Work, Low Pay and a Mother’s Will to Survive dell’autrice Stephanie Land, racconta la storia di Alex (un’incredibile Margaret Qualley, che forse ricorderete accanto a Brad Pitt in C’era Una Volta ad Hollywood), una ragazza madre nel pieno dei suoi vent’anni alle prese col duro lavoro di domestica e con tutti gli ostacoli che dovrà superare per riuscire a dare un’infanzia serena alla sua piccola Maddy (Rylea Nevaeh Whittet), avuta col compagno Sean Boyd (Nick Robinson).

Fin qui le premesse sono abbastanza generiche: ci saranno migliaia di opere che affrontano lo stesso tema, dunque cos’ha Maid di tanto speciale?

L’elemento particolare di questa produzione è l’estremo realismo con cui i tragici avvenimenti della protagonista vengono narrati. La commistione di più temi centrali, quali quello della povertà, quello degli abusi domestici ed, infine, quello della maternità viene realizzata nel quadro di una dura critica sociale alla borghesia medio-alta con un occhio aperto sulle difficoltà, per chi parte dal basso, di riscattarsi per ottenere una posizione sociale migliore.

Povertà

Alex Russell è, sostanzialmente, povera. Non che in precedenza fosse ricca (anche per via dell’eccentricismo della madre Paula, interpretata dalla vera madre della QualleyAndie MacDowell), ma una scelta che andrà a compiere la porterà – di fronte alla crudele realtà – a trovarsi sprovvista di ogni mezzo ed incapace di adattarsi velocemente alle esigenze del mercato del lavoro.

Alex intenta ad annotare alcuni pensieri durante un turno di lavoro

All’inizio della serie, la protagonista viene presentata come un personaggio privo di talenti, il cui unico obiettivo sembra essere quello della sopravvivenza. L’effetto – laddove non fosse voluto, ma lo dubitiamo – è di rendere lo spettatore leggermente disinteressato per i primi tre o quattro episodi.

Effettivamente in molti hanno avvertito lentezza nello svolgersi degli eventi nelle prime puntate, ma semplicemente perché il mondo interiore di Alex non ci era stato ancora mostrato. Esso si rivelerà lentamente, tramite la riscoperta della sua passione per la scrittura creativa.

Fondamentale in questo passaggio è il rapporto con la ricca ma infelice Regina (interpretata da Anika Noni Rose), di cui sarà domestica. Tra le due all’inizio vi sarà diffidenza reciproca, ma poi si instaurerà un’amicizia leale e duratura.

La povertà è il punto di partenza per la rinascita della protagonista, ma questa viene tenacemente osteggiata da un secondo ostacolo.

Abusi domestici

In Maid non aspettatevi di vedere una trattazione in bianco e nero di questo tema così delicato. Forse è questo l’elemento che ci ha catturato di più: la delicatezza con cui lo spettatore viene posto in ascolto delle vittime di violenza.

In particolare, quella subìta da Alex è violenza emotiva, una forma più subdola e meno evidente di abuso che tuttavia la vincola al compagno.

Alex (Margaret Qualley), Sean (Nick Robinson) e Maddy (Rylea Nevaeh Whittet) in una scena della serie

Sean Boyd, padre di Maddy, è un personaggio complesso (dicevamo prima che il tema non viene presentato in bianco e nero). Ebbene, anch’egli vittima durante l’infanzia di violenze da parte della madre, finirà per sfogare le proprie frustrazioni sulla compagna e nell’alcool. Benché, di base, la sua indole non sia cattiva, egli si renderà autore di numerosi abusi emotivi su Alex: tra questi, la priverà dei supporti economici esterni, accentrando la ricchezza del nucleo familiare nelle proprie mani.

Ecco perché la scelta di Alex di addentrarsi nel mondo senza neanche uno spicciolo in tasca, sarà il punto di partenza per la sua rinascita. Una scelta sofferta, certo, perché significa mettere a rischio anche ciò a cui tiene più al mondo: sua figlia.

Maternità

Prima ancora che una critica sociale, una serie targata Netflix o un bestseller, Maid è un inno alla maternità, allo sforzo ed ai sacrifici di una madre che compie la scelta di dedicare tutta sé stessa a sua figlia.

E fondamentale è il rapporto tra genitori e figli: di Alex con sua figlia, di Sean con sua figlia, di Sean con sua madre, ma soprattutto di Alex con la madre Paula: quest’ultima, afflitta da un disturbo di personalità borderline e profondamente segnata da esperienze passate, sarà il personaggio che più di tutti metterà alla prova la sua forza mentale.

Potremmo definirla come il punto debole della protagonista: Paula è estremamente complessa e fragile e, benché ami Alex, non riesce semplicemente a renderle le attenzioni che meriterebbe. Tuttavia, è anche in lei che la giovane troverà la forza di andare avanti nel suo percorso.

Paula (Andie MacDowell) in una scena della serie

 

In ultima analisi, Maid è una miniserie che ben si presta all’istruire su circostanze di vita delicate e lo fa senza troppe ambizioni – forse è proprio questo il suo punto di forza. Si mastica facilmente, ma va consumata con lentezza e parsimonia. In sostanza, va metabolizzata. Il lavoro del cast è stato incredibile sotto questo punto di vista e la chimica tra i personaggi è ben visibile.

Valeria Bonaccorso

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