Terapia nei pazienti affetti da HIV: un trattamento inusuale

Da due anni a questa parte l’emergenza Covid ha costretto a mettere in secondo piano ogni altra patologia infettiva e di altra natura, ha obbligato a stravolgere le priorità, procrastinando i routinari controlli ambulatoriali. Di fronte alla pandemia, una grave malattia infettiva sembra scomparsa ed invece continua ad insinuarsi, più di quanto immaginiamo.

  1. Dati epidemiologici
  2. Caratteri del virus
  3. Il materiale genetico
  4. Terapia
  5. Qual è il vantaggio della terapia?
  6. E’ possibile la guarigione definitiva?
  7. Le eccezioni della letteratura scientifica
  8. Conclusioni

 

Dati epidemiologici

Stiamo parlando dell’AIDS. Ad oggi le statistiche mondiali stimano 37,7 milioni di persone che convivono con l’infezione, di cui 36 milioni sono adulti e 1,7 milioni sono bambini con meno di 15 anni. A questi si aggiungono in media 1,5 milioni di nuove diagnosi annue. Ogni settimana vengono diagnosticate 5000 nuove infezioni da HIV in giovani donne tra 15-24 anni. Tuttavia il numero di nuovi casi è in progressivo calo grazie all’efficacia delle terapie antiretrovirali che da qualche anno a questa parte hanno reso la malattia curabile sebbene non guaribile. Su 36 milioni di infetti, 27.5 hanno accesso alle terapie, tra questi l’85% delle donne in gravidanza. Nel 2020 sono stati registrati 680.000 decessi, a fronte dei milioni di persone affette. Ricordiamo che l’infezione non è tipica delle aree dell’Africa Sub-Sahariana, è un problema mondiale. Le terapie antiretrovirali negli altri paesi hanno reso l’infezione meno galoppante.

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Caratteri del virus

Si tratta di un virus ad RNA, appartenente alla famiglia dei Retroviridae, specie Lentivirus. Presenta esternamente un envelope in cui possiamo riconoscere due glicoproteine di notevole rilevanza in quanto oggetto di studio negli anni per rallentare e bloccare il contagio di altre cellule. Le due glicoproteine sono la gp120 e la gp41. Gp120 funge da recettore per legare le cellule bersaglio. gp41 agisce in seguito al legame recettore-bersaglio favorendo la fusione delle membrane e permettendo al virus di penetrare nella cellula. La gp41 viene pertanto definita proteina di fusione.

Il materiale genetico

Il materiale genetico del virus è contenuto nella porzione centrale della particella virale, il cosiddetto core. All’interno troviamo l’RNA virale insieme agli enzimi fondamentali alla replicazione del virus. Tali enzimi sono trascrittasi inversa, proteasi e integrasi, bersagli della terapia antiretrovirale. Le principali cellule bersaglio del virus sono i linfociti CD4, più è alta la carica virale, più ne vengono distrutti. In passato spesso si arrivava spesso ad una condizione di immunodeficienza acquisita per valori di CD4 <200/mcL (v.n. 500-1200/mcL). Tale condizione era gravata da un elevato rischio di infezioni opportunistiche, come Citomegalovirus, polmoniti da Pneumocystis Jirovecii, oltre che di neoplasie, sarcoma di Kaposi e linfomi non-Hodking. Le infezioni cui erano soggetti questi pazienti, in quanto immunocompromessi, erano infezioni fortemente resistenti ai trattamenti, da qui l’elevato numero di decessi. Parliamo al passato in quanto abbiamo avuto la fortuna negli ultimi anni di poter affermare che l’HIV è un’infezione curabile.

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Terapia

Non abbiamo farmaci in grado di distruggere il virus, motivo per cui l’infezione non è curabile, ma sono disponibili oltre 20 farmaci in grado di ostacolarne la replicazione.

A seconda del meccanismo d’azione distinguiamo diverse classi di inibitori:

  • Nucleotidici e non nucleotidici della trascrittasi inversa;
  • Della proteasi;
  • Di fusione;
  • Dell’integrasi;
  • Del co-recettore CCR5.

La terapia è antiretrovirale di combinazione (cART) di più farmaci delle diverse classi. Si tratta di più compresse o spesso di una singola compressa racchiudente in sé i diversi principi attivi. La pillola deve essere assunta quotidianamente. Quanto più precocemente si inizia il trattamento, migliore sarà l’outcome. Si osserverà una riduzione della replicazione virale, recupero immunologico con ripresa del sistema immunitario, minor rischio di complicanze e basso tasso di trasmissibilità al partner. Le attuali linee guida raccomandano l’inizio del trattamento a tutti i soggetti con HIV indipendentemente dal quadro immunodeficienza-virologico.

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Qual’è il vantaggio della terapia?

La terapia antiretrovirale combinata consente di ridurre la carica virale, e se effettuata correttamente, possiamo arrivare ad un azzeramento della stessa, con zero rischi di trasmissione del virus. È considerata efficace se entro 3-6 mesi dall’inizio del trattamento la viremia si assesta stabilmente sotto le 50 copie/ml. Al di sotto di questa soglia si parla di viremia non rilevabile. Questo ha rappresentato la svolta nella storia naturale della patologia. La terapia garantisce pertanto protezione del partner, ha reso possibile il parto vaginale e l’allattamento. Perché la terapia sia efficace è pertanto fondamentale che venga assunta nei tempi e nelle dosi previste. Il salto della dose o la ritardata assunzione per un certo lasso di tempo consentirà al virus di riprendere a replicarsi e di infettare altre cellule. Per di più replicandosi aumenta la possibilità di selezione di copie resistenti ai farmaci con rischio di fallimento terapeutico.

E’ possibile la guarigione definitiva?

Poco meno di un mese fa giunge la notizia di una donna statunitense guarita da HIV. Evento più che raro, in quanto la letteratura scientifica documenta solo 3 casi di completa guarigione. Li hanno definiti “incidenti di percorso”. In tutti e tre i casi si trattava di soggetti affetti da patologie ematologiche sottoposte a trapianto di midollo da donatore compatibile. Il trapianto, come effetto collaterale, ha portato all’eliminazione del virus. Il segreto del successo sta in un’unica differenza tra donatore e ricevente, una mutazione di CCR5, recettore utilizzato dal virus per infettare le cellule. Il recettore CCR5 del donatore, essendo diverso da quello del ricevente, non viene riconosciuto dal virus opponendo resistenza all’infezione.

Le eccezioni della letteratura scientifica

Il primo caso risale al decennio scorso, il paziente di Berlino, è stato trattato con trapianto di midollo per una leucemia; ha vissuto 12 anni senza assumere antiretrovirali. Il secondo caso è stato un uomo affetto da linfoma non-Hodking che, a seguito di ripetuti cicli di chemio, ha necessitato di un trapianto di midollo. In entrambi i casi il trapianto ha portato al graft versus host disease, nonché una reazione autoimmune come effetto collaterale. L’ultimo caso è di una donna statunitense affetta da leucemia. La strategia adottata consiste in un’associazione tra un trapianto di cellule staminali prelevate da cordone ombelicale, da donatore parzialmente compatibile,  con una trasfusione di sangue di un parente. Si è riusciti così a minimizzare gli effetti collaterali. La paziente è sieronegativa da oltre 14 mesi.

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Conclusioni

Ad oggi, pertanto, possiamo capire come la terapia antiretrovirale abbia rappresentato la svolta nella storia naturale della malattia. E’ proprio l’efficacia della terapia che ha portato negli ultimi anni a sottostimare il rischio. L’infezione da HIV non è scomparsa, anzi è più presente di quanto possiamo immaginare, il virus è solo tenuto a bada. Sicuramente, almeno il mondo occidentale, non si trova di fronte alla mortale patologia di un tempo, ma ricordiamo che il virus è sempre pronto a prendere il sopravvento non appena la terapia non viene seguita adeguatamente. Accanto alla grande arma rappresentata dai farmaci antiretrovirali, il virus ci riserva tante altre sorprese. Gli ultimi tre casi citati sono la prova di come il virus possa essere completamente eliminato in determinate condizioni. La Scienza auspica pertanto di usufruire al meglio di una delle terapie più efficaci che abbiamo a disposizione, nell’attesa che l’eccezione possa diventare la regola!

Alessandra Nastasi

Per approfondire:

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