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Il Brasile come Capitol Hill, nuovo attacco alla democrazia. Lula si scaglia contro Bolsonaro, che è indagato

Domenica, i sostenitori dell’ex Presidente del Brasile Jair Bolsonaro hanno invaso e deturpato il Congresso, il palazzo del Presidente e la Corte Suprema, in una data volutamente vicina a quella in cui si svolse l’assalto al Campidoglio negli USA.

La sommossa rappresenta il culmine di una tensione accumulatasi a partire dall’inaugurazione del Presidente di sinistra Luiz Inácio Lula da Silva, che ha vinto le elezioni dello scorso 30 ottobre.

I rivoltosi hanno distrutto gli interni del palazzo presidenziale, allagato il Congresso con gli impianti antincendio e saccheggiato le aule della Corte Suprema, ma non ci sono stati feriti. Tuttavia, attorno alle sei del pomeriggio, le forze di sicurezza sono riuscite a riprendere il possesso degli edifici, disperdendo i riottosi.

Secondo il Governatore del Distretto Federale di Brasilia, Ibaneis Rocha, sarebbero più di 1500 gli arresti – e continuano le identificazioni.

L’organizzazione dell’assalto

Gli assaltatori, già da tempo, avevano cercato di bloccare le strade e l’accesso alle raffinerie, secondo quanto riportato dal portavoce del presidente Paulo Pimenta. Questi piccoli atti di vandalismo assieme all’accamparsi attorno al Congresso avevano reso più che chiare le intenzioni dei manifestanti.

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L’organizzazione dell’attentato si è svolta sui social, sotto gli occhi di tutti, soprattutto su Telegram, TikTok e Twitter. Si parlava, infatti, di una «Festa da Selva», dove “Selva” in Brasile è un tipico saluto militare e un grido di battaglia. Per cercare di aggirare la censura, però, i rivoltosi avevano cambiato una lettera a “Selva”, e parlavano di una “Festa da Selma”.

Proprio per i modi espliciti dei rivoltosi, la popolazione brasiliana ha lamentato il fatto che le forze dell’ordine non avrebbero fatto abbastanza per prevenire l’assalto alle istituzioni.

Le parole del Presidente Lula

Questi vandali, questi fanatici fascisti, hanno fatto ciò che non si era mai verificato nella storia di questo Paese. Tutte le persone responsabili di ciò saranno trovate e punite.

Queste le parole di rabbia del Presidente Lula, che subito dopo si è lanciato in un’accusa nei confronti dell’ex presidente Bolsonaro, su cui graverebbe la responsabilità (proprio come fu nel caso Trump) di aver incoraggiato l’assalto.

Infatti, dopo la sconfitta, il presidente uscente aveva – allo stesso modo – sollevato l’accusa del voto elettronico truccato ed incline alla frode, dando il via al movimento negazionista che l’ha sostenuto fino ad oggi. Lula ha poi affermato:

Questo genocida sta incoraggiando tutto questo tramite i social media da Miami. Tutti sanno che ci sono diversi discorsi dell’ex presidente che lo incoraggiano.

Ad oggi, Jair Bolsonaro si trova ricoverato in Florida in condizioni stabili. Alcuni esponenti del Partito Democratico degli USA ritengono che stia cercando asilo politico e ne avrebbero richiesto l’estradizione.

L’ex Presidente, rimasto in silenzio per diverse ore dall’attentato, ha risposto su Twitter negando qualsiasi accusa nei suoi confronti e sostenendo che: «le manifestazioni pacifiche sono parte della democrazia, ma invadere e danneggiare gli edifici pubblici significa superare il limite».

Bolsonaro sotto accusa

In realtà, su Bolsonaro gravano già accuse non meno pesanti. Secondo la Costituzione brasiliana, un Presidente in carica può essere arrestato solo se condannato dalla Corte Suprema. Una volta terminato l’incarico, però, può essere processato normalmente anche dalle corti minori.

Con la perdita dell’immunità a partire da gennaio, il presidente uscente si ritrova indagato per diversi capi d’imputazione: avrebbe sfruttato la polizia federale per proteggere i propri figli, diffuso falsità elettorali, sostenuto dei troll che spargevano disinformazione durante il suo mandato. Ad ogni modo, Bolsonaro sostiene di essere sempre stato fedele a Costituzione.

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Non sarebbe dello stesso parere il neo-eletto Lula, che dopo aver ottenuto l’incarico ha affermato:

Non abbiamo alcuno spirito di vendetta contro coloro che hanno provato a soggiogare la nazione alle proprie ideologie, ma garantiremo il corso della giustizia. Chi ha sbagliato pagherà per i propri errori.

Tecnicamente, Lula avrebbe la possibilità di perseguire giuridicamente il rivale. Infatti, la polizia federale è subordinata al suo Ministro della Giustizia ed è guidata da Andrei Rodrigues, un suo alleato. A partire da settembre, il Presidente potrà insediare il proprio procuratore generale, che avrà la possibilità di punire Bolsonaro. Tuttavia, l’attuale procuratore generale è – al contrario – accusato di proteggerlo.

Valeria Bonaccorso

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