A Bagnara Calabra l’ultimo libro di Franco La Torre

Il 23 Maggio 2024, si è tenuta a Bagnara Calabra la presentazione del libro “L’antimafia tradita” di Franco La Torre, storico, ambientalista, nonché figlio del noto sindacalista e politico Pio La Torre, brutalmente assassinato il 30 Aprile 1982 dalla mafia. Di seguito una piccola intervista.

Lei è noto principalmente come storico. Quando è nato il suo interesse per la storia?

Da che ne abbia memoria, esso c’era già dai tempi della scuola elementare, tanto che avevo anche amici di famiglia che già mi chiamavano “lo storico“, anche se ancora non meritavo un titolo vero. La passione mi aveva portato a conoscere l’evoluzione dell’essere umano. Spesso a scuola la materia viene insegnata come una successione di eventi bellici, tutte le guerre, e invece è una storia poco attenta alla parte sociale, economica, e alla vita civile.

Lei è anche ambientalista. Considerando il mondo di oggi, un mondo inquinato, stravolto dal cambiamento climatico, ma anche dalle innovazioni ( come i prototipi che trasformano il movimento delle onde in energia elettrica) che non vengono applicate al meglio. L’Italia a che punto è?

Per certi versi è abbastanza avanti, anche per le sue condizioni fisiche e geografiche, per la sua tradizione dell’idroelettrico, che non sfrutta risorse esauribili. Lo stesso vale per l’energia solare, essendo l’Italia una penisola molto esposta al sole. Siamo più deboli dal punto di vista della produzione di tecnologie, perché il nostro apparato industriale è legato a tecnologie tradizionali, quindi ha resistito alla transizione energetica. Ma d’altronde il fatturato di queste aziende è legato alla tradizione e investire in esperimenti e innovazione è una cosa che non tutti sono disposti a fare. 

Oggi è anche una giornata particolare, il 23 Maggio. Lei ha mai incontrato Giovanni Falcone? E che ricordo ha di quel periodo?

Mia madre lo ha conosciuto, anche perché ha condotto delle indagini nella seconda fase del processo che riguardava l’omicidio di mio padre e del suo amico e collaboratore Rosario Di Salvo. Quel processo fu riunito con altri due processi, quello sull’omicidio di Piersanti Mattarella e quello sull’omicidio del segretario della DC palermitana Reina, il processo ai diritti politici. Io credevo di non aver mai incontrato il giudice Falcone, ma di recente ho scoperto che il giorno del funerale di mio padre, il 2 Maggio 1982 a Palermo, ero nella tribuna accanto al giudice Falcone.

Un noto articolo di Leonardo Sciascia, “I professionisti dell’antimafia”, aveva suscitato diverse polemiche. Lei, anche in vista della presentazione del libro oggi, che cosa ne pensa?

All’epoca, come poi chiarì lui stesso con quello che pareva essere l’oggetto del suo articolo, cioè il professionismo di Paolo Borsellino, che a suo dire (di Sciascia), la promozione a capo dell’ufficio istruzione, aveva tenuto conto del suo “impegno antimafia”, sacrificando invece chi aveva diritto a quella posizione con un miglior Curriculum. Poi, si sa, la cronaca racconta che tra i due ci fu un incontro molto cordiale e si chiarirono, ma, Sciascia sembra aver lasciato un messaggio valido per il futuro. Oggi,  l’antimafia è un fenomeno nazionale, non più esclusiva della Sicilia come lo è stato a lungo. La maggior parte delle vittime innocenti di mafia sono siciliane.

Questo movimento così diffuso e articolato ha anche consentito a professionisti dell’antimafia, a persone che non vedono l’antimafia come impegno civile in difesa della democrazia, ma come un modo di sbarcare il lunario, di trasformare quello che dovrebbe essere un impegno sociale in attività professionale. Ci sono associazioni antimafia la cui unica attività è quella di costituirsi parte civile nei processi( un ruolo sicuramente importante e necessario). Ma se si fa solo quello per prendere solo i benefici che le sentenze prevedono per le parti civili, mi sembra(senza nulla togliere) troppo poco.

La generazione di oggi è molto disorientata, fatica a trovare punti di riferimento. Anche i genitori non sono in grado di orientarli nelle loro scelte. Oggi siamo di fronte a una generazione debole. Quale può essere la soluzione?

Questa generazione deve fare scelte impegnative, coraggiose e ambiziose, anche se al livello delle sue capacità, che sono un motore di innovazione e cambiamento. Devono prendere il futuro sulle loro spalle, senza affidarlo alla nostra generazione, che a loro non ha lasciato nulla. Noi (la mia) gli avevamo dedicato diritti, opportunità, ideali. Ma noi abbiamo dissipato il nostro patrimonio, lasciando nulla alla generazione successiva. Questo deve essere da monito, deve risvegliare le coscienze e far si che le generazioni di oggi si preoccupino del loro futuro.

 

Roberto Fortugno

di Redazione Attualità

Rubrica di long form journalism; approfondimento a portata di studente sulle questioni sociali, politiche ed economiche dall’Italia e dal mondo.

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