Tra sicurezza e rischio. Arriva il Taser in Italia

Saranno undici le città d’Italia in cui partirà la fase di sperimentazione del Taser e trenta i dispositivi da acquistare. Questi i numeri iniziali per dare avvio a una nuova fase per le forze dell’ordine italiane che disporranno della comunemente conosciuta pistola elettrica.

Ieri è arrivata la firma del decreto che ha messo fine ad un iter legislativo durato 4 anni. Anche l’Italia, dunque, farà parte di quella schiera di paesi, 107 per la precisione, dove l’arma è utilizzata delle forze dell’ordine in alternativa alle armi da fuoco.

Milano, Napoli, Torino, Bologna, Firenze, Palermo, Catania, Padova, Caserta, Reggio Emilia e Brindisi, saranno le prime città dotate dell’arma elettrica. La fase sperimentale seguirà a una preliminare e necessaria fase di formazione di donne e gli uomini delle forze dell’ordine coinvolti nella prima fase di utilizzo.

 “È una misura di dissuasione non letale – ha spiegato il ministro degli interni Salvini – che può risultare più efficace e soprattutto può ridurre i rischi per l’incolumità personale degli agenti che si trovano in situazioni borderline. Credo che la pistola elettrica sia un valido supporto, come dimostra l’esperienza di molti paesi avanzati, tra cui gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Francia e la Svizzera”

Il dissuasore elettrico, in realtà, meno di un mese fa, era già arrivato alla gendarmeria di Città del Vaticano anticipando il resto del territorio italiano.

Il Taser è un’arma propria non letale che deve il suo nome all’acronimo di “Thomas A. Swift’s Electric Rifle” dal libro pubblicato a New York nel 1911 che narrava di un’avventura imperialista (e razzista) in cui il protagonista Tom Swift sviluppa un fucile elettrico per la caccia all’avorio in Africa.

Niente di fantascientifico o troppo futuristico, insomma.

Premendo il grilletto della pistola si sparano contro l’obiettivo due piccole “freccette” – gli elettrodi – legati al corpo del Taser da due cavi elettrici isolati, lunghi solitamente non più di 8 metri. La distanza consigliabile per un tiro efficace è, infatti, dai 3 ai 7 metri. Quando il bersaglio viene colpito, si crea un circuito elettrico e la scarica inizia a fluire dalle batterie della pistola verso l’obiettivo.

La funzione del dispositivo è propriamente di deterrente: andrà mostrato senza esser impugnato per far desistere il soggetto dalla condotta in atto. Se il tentativo fallisce si spara il colpo. Il dissuasore elettrico è in grado di stordire la persona colpita, immobilizzandola per alcuni secondi, senza provocare danni letali. O almeno, nella maggior parte dei casi.

Le Nazioni Unite inseriscono il Taser tra gli strumenti di tortura. Secondo Amnesty International l’uso di queste armi ha provocato la morte di centinaia di persone degli Stati Uniti (500 morti tra il 2001 e il 2012) e ne ha chiesto il ritiro.

Si tratta di uno strumento che richiede molta più cautela di quanto la sua definizione di non letalità lasci presupporre. Il beneficio derivante da un minor utilizzo delle armi da fuoco è, infatti, controbilanciato da alcuni elementi negativi non trascurabili: i potenziali rischi di abuso, la sofferenza provocata dalla scarica elettrica alla quale è associato, la perdita di controllo del sistema muscolare. Senza tralasciare le ulteriori conseguenze di tipo fisico dal momento che la persona colpita dalla scossa elettrica normalmente rovina a terra e quindi ciò può provocare lesioni alla testa o a altre parti del corpo. Nei casi più gravi, infine, la morte per arresto cardiaco o conseguenze, per esempio, sulla salute del feto nel caso di donne incinte.

Proprio per limitare i rischi, stando a quanto trapelato dal Capo della Polizia Gabrielli, per le forze dell’ordine italiane si prenderà in esame un modello “personalizzato” di arma, caratterizzato da un amperaggio ridotto, con scariche ancora più corte rispetto ai cinque secondi dei modelli classici, e predisposte in modo da cessare automaticamente senza bisogno dell’intervento manuale.

Martina Galletta

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