Brexit. L’erasmus spera nella sconfitta del “vote leave”

Cari britannici, siete certi che il “Vote Leave” sia la scelta giusta? Il tema della Brexit tiene in apprensione gran parte della cosiddetta “generazione erasmus”, preoccupata dalle possibili conseguenze che potrebbero determinarsi all’indomani del 23 giugno, giorno in cui l’atteso referendum sancirà la permanenza o l’eventuale fuoriuscita del Regno Unito dall’Unione Europea.

Migliaia di studenti del Bel Paese hanno dipinto David Cameron come l’uomo brutto e cattivo che potrebbe limitare fortemente la loro mobilità internazionale ma la verità è che il leader Tory ha agito con astuzia rendendosi protagonista di un’abile manovra politica e mettendo sotto scacco la potenza continentale.
Il Premier inglese ha praticamente fondato il proprio consenso in patria sul divorzio dall’Ue, costringendo, dopo una lunga negoziazione, Bruxelles a concedere una sorta di “statuto speciale”. L’accordo raggiunto garantirà al governo britannico diverse agevolazioni tra cui la possibilità di limitare i sussidi ai lavoratori comunitari per i primi quattro anni in cui essi saranno nel Paese e di indicizzare gli assegni familiari dei lavoratori comunitari per i figli rimasti nel Paese d’origine sulla base delle condizioni di vita in quest’ultimo: restrizioni al welfare per gli immigrati, italiani compresi, equiparati a cittadini di serie B. In cambio Cameron fornirà il proprio sostegno alla campagna pro-Europa in vista del referendum. Appoggio che tuttavia potrebbe non bastare, infatti, i conservatori sono spaccati, con ben sette ministri decisi a schierarsi insieme al sindaco di Londra Boris Johnson con gli euroscettici guidati dall’Ukip, partito xenofobo di Nigel Farage. Il castello costruito da mamma Europa vacilla e a tremare è soprattutto la generazione cresciuta senza barriere, la categoria degli erasmus che con un’importante componente italiana, nell’ultimo decennio ha fatto del Regno Unito la meta più ambita per studiare nuove materie, imparare le lingue straniere, praticare dei tirocini formativi, vivere esperienze uniche che hanno segnato gli animi di migliaia di ragazzi. Accenti e pronunce da rivedere, termini incomprensibili accolti da facce confuse, gli occhi colmi di meraviglia nell’osservare le bellezze e la multiculturalità di Londra, si intrecciano con la passione e la spettacolarità degli sports anglosassoni, la storia mondiale ospitata dal British Museum, gli amori, le amicizie.
Luoghi, volti delle cities che tanti studenti hanno sentito un pò più loro grazie a quelle idee di vicinanza, condivisione, confronto, libertà che in fondo l’Europa tra i suoi mille mali ci ha donato. La Brexit certamente non impedirà i viaggi-studio ne tanto meno un passaporto o un visto in più da esibire diverranno una muraglia invalicabile: quello che si mette a rischio è la predisposizione naturale di culture e società diverse ad interagire, conoscersi, sentirsi nella diversità parte di un unicum.

Forse passano in secondo piano anche la Regina e la Royal family, malgrado siano l’istituzione simbolo del mondo britannico. Ma non è una caso, la mente del giovane desideroso di intraprendere un’esperienza erasmus nei prossimi mesi non sarà rivolta alla Queen Elisabeth II o al thè delle 5, a David Cameron o alla classe politica ma all’intero popolo britannico, l’unico in grado di poter stabilire se anche dopo il 23 giugno l’Europa possa essere l’accogliente casa condivisa dallo studente della piccola Universita di Messina e dal collega della London University.

Paolo Vinci

 

di Paolo Giorgio Vinci

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