La nuit oubliée, il massacro di Parigi, che nessuno ricorda o ha mai conosciuto

L’11 Ottobre scorso, nella capitale francese, si è festeggiato il centesimo anniversario dell’armistizio della Prima guerra mondiale dove, per l’occasione, sono accorsi i più grandi Leader mondiali, dalla Merkel a Trump. Ma se questo è un avvenimento per cui andare fieri, da ricordare a gran voce, e per i quali vale la pena scomodare Leader e Stampa mondiali, ve ne sono altri, altrettanto importanti – se pur non altrettanto lodevoli – che hanno segnato in qualche modo la storia del mondo, che però si cerca in tutti modi di nascondere, insabbiare, dimenticare. Archiviare negli anfratti più remoti della nostra memoria storica. Questo è proprio il caso di quella che, per l’appunto, viene chiamata “ La nuit oubliéè“.
Siamo, a Parigi nella notte del 17 ottobre 1961, in pieno periodo coloniale post bellico e pochi – anche francesi – sanno cosa sia successo quella notte. Si tratta del massacro di centinaia di Algerini che volevano manifestare pacificamente per il centro di Parigi chiedendo l’indipendenza del loro Paese. Nel pieno della Guerra d’indipendenza algerina (1954 – 1962) la repressione della Francia colonialista fu durissima: rastrellamento e violenza su 15.000 persone, in 300 furono buttati dai flics nella Senna, molti di loro scomparvero “nel nulla”. Dopodiché, il silenzio, l’oblio.
Si tratta della più grande mattanza consumatasi in Francia dal 1945 in poi. La ricostruzione di quell’avvenimento non è mai stata semplice, un’alone di silenzio sembra avvolgere l’accaduto. Una delle poche ricostruzioni storiche è possibile trovarla nel libro “La Battaile de Paris” di Jean Luc Einaudi, che si trova solo in lingua originale.
Una breve ricostruzione del contesto storico: in Francia nel ’61 la crisi della guerra d’Algeria, il conflitto che oppose tra il 1º novembre 1954 e il 19 marzo 1962 l’esercito francese e gli indipendentisti algerini guidati dal Fronte di Liberazione Nazionale (FLN, Front de Libération Nationale), scuoteva il governo di De Gaulle, nello stesso periodo avvenivano massacri e torture sistematici in Algeria mentre si avviavano i primi contatti per la negoziazione tra la Francia e FLN dell’indipendenza algerina. A Parigi ci furono diversi attentati contro poliziotti che organizzavano rafles (termine per indicare brutali retate) contro i nordafricani, maltrattati e che subivano un pesante razzismo. Nello stesso tempo si è attivata un’organizzazione di estrema destra armata, l‘OAS (Organisation Armée Sècrete) apertamente ostile ad ogni forma di negoziato sull’Algeria, che è arrivata a fare un attentato a De Gaulle, un tentato colpo di stato e diversi omicidi. Questa formazione nazionalista, apertamente razzista, poteva contare sull’appoggio delle forze armate e delle forze di polizia. In questo estremo stato di tensione, alcuni Flics, compiono dei sequestri e delle uccisioni di algerini, facendo aumentare drasticamente il numero di algerini scomparsi o ritrovati nella Senna. In questa situazione già tragica, il prefetto di Parigi, Maurice Papon, ordinò, il 5 ottobre, il coprifuoco per tutti gli algerini, compiendo l’ennesimo gesto di estremo razzismo. A questo punto l’ Fln lanciò una manifestazione di tutti gli Algerini ( chi non andava era considerato un disertore), nel centro di Parigi, contro il coprifuoco. Una manifestazione pacifica, a dimostrazione della tenacia della lotta per l’indipendenza e contro il colonialismo francese ma, per il governo Francese la manifestazione era un atto di guerra di un gruppo terroristico sul suolo della capitale della Francia metropolitana. Il Prefetto Papon quella sera ricevette carta bianca per decidere come reprimere quella manifestazione. Quella sera oltre 15.000 Algerini vennero arrestati in rastrellamenti su tutta Parigi e portati in centri di detenzione che diventano macellerie. La polizia aprì il fuoco su manifestanti disarmati e spaccò teste con i suoi manici di piccone lunghi oltre 1 metro. I morti che si contavano erano già tantissimi, e sotto le finestre della Prefettura, decine di Algerini ormai morti, o moribondi, vennero gettati nella Senna dal Ponte Saint Michel, i rimanenti furono portati nella corte della Prefettura e picchiati più volte, poi arrivarono le espulsioni di massa in Algeria.
La polizia comunicò alla stampa di essere stata attaccata da persone armate e che si era quindi difesa causando 2 morti (poi diventati 3) e diversi feriti. La stampa salvo rarissime eccezzioni (la rivista di Sartre e Testimonianza Cristiana) ci credette, su quella giornata cadde il silenzio e l’oblio.
Sebbene oggi sia stata apposta una piccola targa sul ponte S. Michel, il silenzio sembra durare ancora. La cifra di morti ufficiale è ancora quella di 3 (gli storici realisti la collocano tra 200 e 300), nessuno è stato condannato per i fatti.

 

Giusi Villa

di Redazione Attualità

Rubrica di long form journalism; approfondimento a portata di studente sulle questioni sociali, politiche ed economiche dall’Italia e dal mondo.

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