Paolo Cognetti – Le otto montagne

Voto UVM: 5/5

-Guarda quel torrente, lo vedi? – disse. – Facciamo finta che l’acqua sia il tempo che scorre. Se qui dove siamo noi è il presente, da quale parte pensi che sia il futuro?

Ci pensai. Questa sembrava facile. Diedi la risposta più ovvia: – Il futuro è dove va l’acqua, giù per di là.

-Sbagliato, – decretò mio padre. – Per fortuna -.

 

Pietro è un ragazzino di città, solitario e taciturno. I suoi genitori sono uniti da una passione comune: in montagna si sono conosciuti, innamorati, si sono addirittura sposati ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo. La montagna li ha uniti da sempre, anche nella tragedia. Quando scoprono un paesino ai piedi del Monte Rosa, Grana, sentono di aver trovato il posto giusto.

Una volta trovata una casa, Pietro si ritroverà a passare molte estati della sua vita proprio in questo paesino.

“mi spediva fuori: che andassi a prendere vento e sole e perdessi finalmente un po’ della mia delicatezza urbana.” Dice il ragazzo della madre.

Proprio in quel paesino, Pietro conoscerà Bruno, capelli biondo canapa e collo bruciato dal sole: ha la sua stessa età ma invece di essere in vacanza si occupa del pascolo delle vacche. Iniziano così estati di esplorazioni e scoperte, tra le case abbandonate, il mulino e i sentieri più aspri. Sono anche gli anni in cui Pietro inizia a camminare con suo padre, “la cosa più simile a un’educazione che abbia ricevuto da lui“.

Sulla sfondo di una montagna, Paolo Cognetti affronta molti temi che travolgono il lettore, due in particolare: l’amicizia di due uomini che da ragazzini diventano adulti autonomi e che, pur provenienti da esperienze di vita diverse, condividono gli stessi valori; l’amore paterno visto dagli occhi del figlio prima bambino e poi adulto.

Sono molte le domande che lo scrittore, attraverso questo libro, pone al lettore. Oltre alla citazione iniziale, mi piace riportarne un’altra.

Noi diciamo che al centro del mondo c’è un monte altissimo, il Sumeru. Intorno al Sumeru ci sono otto montagne e otto mari. Avrà imparato di più chi ha fatto il giro delle otto montagne o chi è arrivato in cima al monte Sumeru?

Per giorni mi sono interrogata sulle risposte delle due domande. La prima risposta è venuta da sola, nel libro. La seconda mi è rimasta in testa tuttora. A ognuno la sua.

Ricerchiamo il caos, la tecnologia, cerchiamo persone con cui parlare, uscire, ballare, bere. Temiamo noi stessi, la solitudine, il silenzio. Consiglio questo libro a chi storce il naso quando sente parlare di montagna, associandola all’idea di noia, monotonia e vecchiaia.  Si pensa sempre che per “cercare se stessi” bisogna andare lontano o scappare giù al mare. Io una cosa l’ho capita: la montagna è un’entità mistica, una metafora della vita e del viaggio che, ogni giorno, ci ritroviamo ad affrontare.

Cognetti ha uno stile molto semplice, lineare, ti rende complice dei protagonisti ma soprattutto complice della natura: difficile non sentire, attraverso le pagine di questo libro, il freddo della neve, l’odore dei prati e il rumore che fanno i torrenti e le legna sul fuoco. Non a caso è il libro vincitore del Premio Strega 2017.

Nessuna violenza, nessun cellulare, nessuna parolaccia, niente sesso, nessuna concessione al linguaggio odierno, nessun tono falso, niente citazioni o riferimenti colti. Solo una storia semplice, profonda, malinconica, raccontata con intelligenza. Solo?

 

Serena Votano

di Redazione Recensioni

Approfondimento sul mondo dello spettacolo e letterario; musica, film, serie tv, libri e grandi artisti raccontati in una rubrica poliedrica e con occhio critico.

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