…l’Università di Messina è stata già chiusa in precedenza?

La città di Messina, nella sua lunga e gloriosa storia, spesso ha dovuto affrontare momenti difficili come quello che noi tutti stiamo vivendo in questi giorni nebulosi.

Tra le drastiche misure per fronteggiare la minaccia del contagio, quasi una settimana fa il Governo ha disposto, tra le altre, la sospensione delle attività di tutti gli atenei presenti sul territorio nazionale. Non è la prima volta che l’ateneo peloritano ha subito un provvedimento del genere, anche se con le dovute e numerose differenze: l’Italia ancora non esisteva e la città mamertina era sotto la dominazione spagnola.

Ma, proprio in questo periodo, ci è venuto in mente questo collegamento storico: è il momento di salire sulla macchina del tempo e immergersi in uno dei capitoli più celebri e drammatici della storia della nostra città.

La citta di Messina nel Seicento – Fonte:lacooltura.com

 

Il legame tra Università e città

Il nostro viaggio inizia il 2 dicembre 1599 , quando l’Università di Messina conferì la prima laurea a Giovan Battista Castelli, divenuto in seguito un noto giudice.

Nonostante la fondazione dell’ateneo risalga al 1548, soltanto dopo una lunga disputa con l’Università di Catania, davanti al tribunale della Sacra Rota è stata ottenuta la possibilità di conferire i titoli di studio.

Da allora, l’Università messinese è cresciuta, sia in prestigio sia in numero di matricole, grazie anche alla posizione strategica della città dello Stretto. Infatti, Messina era una meta più appetibile, in confronto alla città etnea, per gli studenti forestieri, provenienti dalla Calabria e da Malta.

Tra l’Università e le élite cittadine intercorreva un profondo legame, sancito dalla possibilità riservata a queste ultime di scegliere i docenti, il Rettore (che a quei tempi era uno studente, come accadeva negli altri atenei italiani), i riformatori e altri uffici interni.

Lo Studium Urbis (antica denominazione dell’Università) aveva un ruolo centrale, poiché garantiva la formazione delle élites culturali e politiche cittadine. In particolare, gli studiosi di diritto erano chiamati in causa dal Senato cittadino per la difesa nelle varie sedi dei numerosi privilegi della città, fondamenta del progetto di ascesa di politica di Messina.

L’antico portale dello Studium, attualmente collocato nel cortile della nuova sede dell’ateneo – Fonte:messinaora.it

 

Il progetto di ascesa politica ed autonomia

Negli anni Venti del Seicento prese corpo tra le élite cittadine l’obbiettivo di far diventare Messina la capitale di diritto della Sicilia orientale, visto che di fatto già lo era. La proposta fu quella di dividere in due viceregni il territorio siciliano, fino a quel momento unificato sotto un unico viceregno, con Palermo capitale.

L’azzardo politico fu supportato dalla scissione della provincia gesuitica siciliana in due parti (1628), una delle quali facente capo a Messina. Questa mossa da parte della Societas Iesu (Compagnia di Gesù, volgarmente gesuiti) fu il frutto di una collaborazione tra il Senato e i gesuiti messinesi, che ottennero la gestione della facoltà di Teologia.

L’offerta di quasi due milioni di scudi arrivò nel 1629, ma fu controbilanciata dalle offerte congiunte della città di Palermo e del Parlamento siciliano. L’ambizioso progetto di “Messina capitale” dunque naufragò, anche a causa della retromarcia del preposto generale dei gesuiti, che nel 1633 riunificò la provincia, provocando inoltre nuovi scontri in merito alla gestione dello Studium.

L’ingerenza di Palermo evidenzia il conflitto in atto in quel periodo tra le due città e più in generale tra la Sicilia occidentale del grano e la Sicilia orientale della seta. Il susseguirsi di altri eventi di scontro mutò anche il rapporto tra Messina e Madrid, sempre più incrinato. Nel frattempo, in città si costituirono due schieramenti contrapposti: i Merli, filogovernativi, e i Malvizzi, sostenitori del Senato, di cui facevano dichiaratamente parte alcuni esponenti dell’Università.

Le tensioni tra le due parti mutarono nel 1674 in una guerra civile, sfociata nella celebre rivolta antispagnola.

Il palazzo del Senato messinese – Fonte:tempostretto.it

 

La rivolta antispagnola

Seguendo l’antica legge del cacciare un invasore chiamandone un altro, i ribelli invocarono l’aiuto della Francia di Re Luigi XIV, che accettò strategicamente. Infatti, il conflitto garantiva l’apertura di un nuovo fronte della guerra d’Olanda, nella quale il regno francese fronteggiava proprio la Spagna.

Dopo che il generale della marina francese Louis de Vivonne  entrò trionfante nella città peloritana (1675), in seguito alla debacle della flotta spagnola a Stromboli, i messinesi non si trovarono di fronte ad una situazione migliore, a causa delle ristrettezze dovute al blocco navale e alla carestia.

Dopo quasi quattro anni di conflitto, Francia e Spagna posero fine alla Guerra d’Olanda attraverso il trattato di Nimega.

La pace fu siglata all’insaputa dei messinesi, nonostante diversi ambasciatori tentarono di trattare in precedenza con il Re Sole per ottenere impegni precisi.

Il ritorno degli Asburgo (ovviamente ramo spagnolo), previsto da una postilla del trattato, non tardò ad arrivare ed ebbe conseguenze drammatiche per la città di Messina, dichiarata ciudad muerta civilmente (città morta civilmente).

Fuga di famiglie nobiliari messinesi dopo la rivolta antispagnola – Fonte:antoniocattino.blogspot.com

 

La “vendetta” degli Asburgo

La vendetta spagnola fu spietata e si concretizzò nell’eliminazione delle istituzioni protagoniste dell’ambizioso progetto autonomistico: il palazzo del Senato fu raso al suolo e le Accademie cittadine furono chiuse.

La città fu privata della millenaria Zecca e della sua memoria storica attraverso la confisca dell’Archivio cittadino.

Lo Studium fu chiuso a causa del suo ruolo centrale nell’aggregazione e formazione delle élite politiche e culturali, responsabili della rivolta. La sede dell’ateneo fu utilizzata per ospitare i forni militari e l’orto botanico, fondato da Pietro Castelli, che divenne luogo di pascolo per i cavalli delle truppe reali.

Si dovrà attendere il 1838 per parlare nuovamente di Università a Messina.

“Messina restituita alla Spagna” di Luca Giordano – Fonte:tempostretto.it

 

In conclusione…

In seguito alla repressione la città non si sarebbe ripresa facilmente e non sarebbe mai tornata ai fasti e agli splendori dei secoli precedenti.

Tentammo di conquistar la Luna e forse avevamo gli strumenti per farlo, ma la Dea Fortuna o chi per lei ha deciso di non baciarci, condannandoci all’oblio.

Che possa questo periodo di stasi essere anche un momento di studio e di (ri)scoperta della meravigliosa storia della nostra città, che necessita sempre più di (ri)costruire una memoria civica collettiva.

 

Mario Antonio Spiritosanto

 

 

Bibliografia:

Bottari Salvatore e Chiara Luigi, La Lunga rincorsa. Messina dalla rivolta antispagnola al terremoto del 1908;

Novarese Daniela, Istituzioni politiche e studi di diritto fra cinque e seicento. Il Messanense Studium Generale tra politica gesuitica e istanze egemoniche cittadine;

Ribot Luis, La rivolta antispagnola di Messina. Cause e antecedenti (1591-1674);

https://www.unime.it/it/ateneo/presentazione/storia-dellateneo

https://www.universome.eu/2017/10/25/origini-universita-primato-mondiale/

 

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