Chi era Lea Vergine, la pioniera della bodyart

Si è spenta, all’età di 84 anni, Lea Buoncristiano meglio conosciuta come Lea Vergine. Ricoverata al San Raffaele di Milano dopo essere risultata positiva al covid-19, è deceduta a causa delle complicazioni del suo stato di salute. E’ stata una critica d’arte e curatrice italiana, conosciuta sia a livello nazionale che internazionale, come pioniera della body art e pietra miliare dell’arte negli ultimi 50 anni.

La carriera e la rivalsa delle donne

Nasce a Napoli il 5 ottobre 1936 e fin da giovane inizia a scrivere per quotidiani locali e a organizzare le prime mostre. Nella sua carriera scrive numerosi saggi che le danno notorietà e importanza all’interno dell’ambiente artistico. In particolare, ‘Il corpo come linguaggio, body art e cose simili’ in cui analizza l’evoluzione e la rivoluzione della body art.

La perdita di identità; il rifiuto del prevalere del senso della realtà sulla sfera emozionale; la romantica ribellione alla dipendenza da qualcuno o da qualcosa; la tenerezza come meta mancata e quindi frustrante; l’assenza di una forma adulta, altruistica, d’amore.

Con queste parole Lea Vergine descriveva la body art come uno strumento che permette al corpo di estranearsi da ciò che davvero rappresenta potendo diventare qualsiasi cosa, il tutto o il niente. Vedeva, nel corpo umano, un qualcosa che andava ben oltre l’ordinario.

Parte integrante della body art è anche l’arte performativa, ovvero i movimenti artistici che consistono in esibizioni di fronte a un pubblico. Teatro, musica e danza sono – ad esempio – arti performative, ad esempio, e seguono ciò che la body art offre, ovvero far si che il proprio corpo, in un modo o nell’altro, si trasformi in qualcosa di diverso e susciti un’emozione all’interno dello spettatore che assiste alla performance.

(Il corpo come linguaggio. La body art e storie simili. Giampaolo Prearo. 1974)

Un altro saggio fu ‘L’altra metà dell’avanguardia 1910-1940. Pittrici e scultrici nei movimenti delle avanguardie storiche nel 1980‘ in cui mette in evidenza gli importanti contributi al mondo dell’arte da parte del popolo femminile. Lei, infatti, da sempre si è battuta per far emergere il popolo femminile in una società dove, ancora, era l’uomo a farla da padrone non tenendo in considerazione le artiste del gentil sesso.

La storia d’amore con Enzo Mari

Enzo Mari, purtroppo deceduto anche lui il giorno prima a causa del covid-19, è stato uno dei migliori designer italiani e non. Conosciuto da Lea Vergine negli anni ’60, i due si fidanzano e iniziano a convivere finchè non furono costretti a trasferirsi a Milano a causa di una denuncia nei loro confronti. Lì decisero di sposarsi nel ’78 e concepirono la loro unica figlia, Meta.

Il rapporto tra Lea Vergine e l’arte

L’arte non è necessaria, è il superfluo. E quello che ci serve per essere un po’ felici o meno infelici è il superfluo. Non può utilizzarla, l’arte, nella vita. ‘Arte e vita’ sì, nel senso che ti ci dedichi a quella cosa, ma non è che l’arte ti possa aiutare.

Con queste parole Lea Vergine voleva far capire come l’arte non sia indispensabile per la vita, il che suona strano visto che è stato affermato da una critica d’arte. Ma questa frase può avere diverse chiavi di lettura.

L’arte non è indispensabile ma, nonostante ciò, in molti si interessano a essa. Ma perchè? Semplice: l’arte è un’emozione continua, qualsiasi essa sia. Non tutti la capiscono ma, per coloro che ci riescono, hanno un qualcosa in più che rende la vita, come detto da Lea Vergine, più felice o meno infelice.

Giacomo Guarnera

di Redazione Attualità

Rubrica di long form journalism; approfondimento a portata di studente sulle questioni sociali, politiche ed economiche dall’Italia e dal mondo.

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