Dentro il “buco” nell’ozono: cos’è e perché deve preoccuparci

Alla scoperta del “buco” nell’ozono: com’è fatto, cosa ha determinato la sua formazione e perché si trova in Antartide. 

INDICE

  1. COS’È L’OZONO?
  2. PERCHÉ I RAGGI UV SONO BLOCCATI  E ASSORBITI DALL’OZONO?
  3. COSA SUCCEDE NELL’OZONOSFERA?
  4. COS’È UN BUCO NELL’OZONO?
  5. PERCHÉ IL PIÙ GRANDE BUCO NELL’OZONO INTERESSA L’ANTARTIDE?
  6. QUALI SONO LE CONSEGUENZE?
  7. UN PROTOCOLLO PER CONTRASTARE QUESTO FENOMENO
  8. COS’È SUCCESSO TRA IL 2014 E IL 2019?
  9. COS’È SUCCESSO NEL 2020?
  10. COSA POSSIAMO FARE PER RIDURRE I RISCHI?

COS’È L’OZONO?

In natura esistono 3 forme di ossigeno: Ossigeno atomico (O) fortemente reattivo, l’ Ossigeno molecolare (O2) ovvero quello che noi inaliamo attraverso la respirazione e l’ozono (O3). Quest’ultimo deriva dal verbo greco ‘’ὄζειν’’ (puzzare), ed è concentrato in una porzione della stratosfera chiamata ozonosfera. Nonostante il suo effetto irritante per le mucose e la velenosità per gli esseri viventi, esso è essenziale per la vita sulla Terra, in quanto è in grado di assorbire le radiazioni UV.

PERCHÉ I RAGGI UV SONO BLOCCATI  E ASSORBITI DALL’OZONO?

L’ozono è composto da tre atomi di ossigeno legati tra loro mediante un legame semplice e un legame doppio. I raggi UV sono onde elettromagnetiche debolmente ionizzanti irradiate dal Sole e in quanto tali trasportano energia. Essi vengono distinti in tre categorie (UVA-UVB-UVC) in base alla quantità di energia trasportata. La loro intensità reagisce nella ozonosfera con l’ozono, permettendo la scissione dei suoi legami e bloccando ‘’l’ingresso’’ dei raggi nell’atmosfera.

Le radiazioni UV hanno una lunghezza d’onda compresa tra 100 e 400 nanometri (nm) e si dividono in tre categorie principali: UVA (315-400 nm) UVB (280-315 nm) UVC (100-280 nm). In generale, la capacità di penetrazione e quindi la “pericolosità” per l’uomo dei raggi UV aumenta al diminuire della lunghezza d’onda.

COSA SUCCEDE NELL’OZONOSFERA?

In questa porzione della stratosfera vengono prodotte molecole di ossigeno e molecole di ozono. Il processo è spiegato attraverso il meccanismo di Chapman.

Una molecola di ossigeno (O2) reagisce con raggi UVC. I legami vengono scissi e si genera ossigeno atomico (O). L’ossigeno atomico (O) può reagire con una molecola di ossigeno molecolare (O2) e generare l’ozono (O3). Se l’ozono (O3) reagisce con una radiazione UVB, produce un atomo di ossigeno (O). Se reagisce con un atomo di ossigeno (O) genera una molecola di ossigeno (O2).

COS’È UN BUCO NELL’OZONO?

Il buco nell’ozono non è uno ‘’squarcio’’, bensì un assottigliamento dello strato di ozono. È  provocato da sostanze in grado di legare col gas e sottrarlo dalla ozonosfera, riducendo progressivamente la sua concentrazione. Il problema venne riscontrato negli anni 70 e 80 del’900 a causa dell’uso spropositato di sostanze come il CFC, HCFC e CBrF3, più generalmente conosciuti sotto l’acronimo ODS (sostanze che riducono lo strato di ozono), presenti in un’ampia gamma di prodotti industriali e utilizzati come refrigeranti in frigoriferi, condizionatori d’aria o ancora negli estintori.

PERCHÉ IL PIÙ GRANDE BUCO NELL’OZONO INTERESSA L’ANTARTIDE?

L’inverno in Antartide è caratterizzato dalla costante presenza della notte. Durante questo periodo di assenza di luce, vengono formati dei vortici polari, stabili e freddi con temperature pari a -80° C. Questi producono le PSC (Polar stratospheric clouds) nuvole costituite da cristalli di ghiaccio, acido nitrico e acido solforico. Gli atomi di Br e Cl presenti negli Halon (bromoclorodifluorometano) e nei CFC (clorofluorocarburi) formano dei composti che si localizzano nella superficie dei cristalli di ghiaccio e, su questa, vengono attivati. Con l’arrivo della primavera e il ritorno della luce, i raggi UV colpiscono i cristalli di ghiaccio, vengono rotti i legami e il bromo e il cloro si legano all’ozono della stratosfera. I picchi si registrano in genere ad ottobre, quando l’ozono risulta completamente distrutto in zone estese.

QUALI SONO LE CONSEGUENZE?

In assenza dell’ozono, le radiazioni ultraviolette penetrano con maggiore intensità sulla Terra, esponendo gli esseri viventi a una vasta gamma di danni.

Nell’uomo le radiazioni UV incidono determinando un incremento di tumori della pelle, soprattutto alle popolazioni più esposte ai raggi del sole per posizione geografica o per attività lavorativa. Inoltre aumentano il rischio di malattie all’occhio, come la cataratta e provoca in alcuni soggetti immunodeficienza. Oltre ai danni all’uomo sono verificati quelli agli ecosistemi terresti e acquatici. Infatti i raggi UV, che hanno alto potere penetrante, alternano la crescita e i cicli biochimici nel mare e impoveriscono il filoplancton di cui si servono diversi animali a fini nutritivi. Inoltre, a causa della compromessa attività fotosintetica delle piante, provocano una riduzione dell’attività agricola.

UN PROTOCOLLO PER CONTRASTARE QUESTO FENOMENO

Nel 1987 è stato istituito il Protocollo di Montreal, (in vigore dal 1989), che ha adottato misure atte a proteggere lo strato di ozono, limitando fino al 98% le sostanze che riducono lo strato dello stesso (ODS). E’ un accordo globale, l’unico trattato delle Nazioni Unite ratificato da tutti i paesi del mondo ovvero dai 197 paesi membri delle Nazioni Unite.

Gli ODS sono anche potenti gas serra e la progressiva riduzione è fondamentale  per moderare i cambiamenti climatici. Il suo emendamento più recente, l’emendamento Kigali, richiede la graduale riduzione graduale degli HFC, nonostante non riducano l’ozono. Il protocollo infatti, cerca di ridurne gradualmente la produzione e il consumo per evitare che gli ODS vengano sostituiti dagli HFC.

Fonte: Agenzia europea dell’ambiente.  Analisi dell’ozono totale sull’Antartide effettuate da Copernicus. Il blu indica i livelli di ozono più bassi, il giallo e il rosso quelli più elevati.

COS’È SUCCESSO TRA IL 2014 E IL 2019?

In contrasto a quanto previsto dal protocollo di Montreal, tra il 2014 e il 2017 si è assistito a un incremento inaspettato dell’inquinamento illegale legato alla Cina orientale. Il chimico atmosferico Stephen Montzka, presso la National Oceanic and Atmospheric Administration degli Stati Uniti e il suo team, ha analizzato la concentrazione di CFC-11 nell’aria sopra le stazioni di monitoraggio atmosferico in tutto il mondo. Si evince che:

  • Nel 2019 il Mondo ha emesso circa 52.000 tonnellate di CFC-11
  • Tra il 2014 e il 2018 il mondo ha emesso 69.000 tonnellate

Dai dati emerge dunque che le emissioni del 2019 erano paragonabili alle medie dal 2008 al 2012.

COS’È SUCCESSO NEL 2020?

Il buco nell’ozono il 20 settembre 2020 ha raggiunto un picco di circa 24,8 milioni di chilometri quadrati, riuscendo a coprire quasi tutta la superficie antartica. Al termine del dicembre 2020  si è assistito ad un evento unico nel suo genere: si è chiuso ‘’il buco più duraturo, profondo e grande degli ultimi 40 anni” come affermato dall’Organizzazione Mondiale della Meteorologia (OMM).

Anche la Nasa si è concentrata sulla misurazione chimica presente all’interno del buco dell’ozono. I ricercatori hanno rilevato una diminuzione del 20% nella riduzione del buco dell’ozono nell’inverno antartico rispetto a quella del 2005.

COSA POSSIAMO FARE PER RIDURRE I RISCHI?

Ciò che può fare l’uomo è ridurre l’impoverimento dell’ozono attraverso l’eliminazione dei livelli di cloro e bromo, seguendo le linee guida date dal Protocollo di Montreal e quelle dettate dal buon senso comune. Così come una mente sana vige in un corpo sano, anche noi cerchiamo di attenuare le ferite di questo grande corpo che è il Mondo in cui viviamo e di cui siamo le menti.

Francesca Umina

 

BIBLIOGRAFIA:

https://ozonewatch.gsfc.nasa.gov/

https://www.ansa.it/

https://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/inquinamento/2021/01/07/omm-si-e-chiuso-il-buco-dellozono-record-in-antartide_0de56135-e158-4589-9a9b-b554ff9673fb.html

https://www.green.it/

https://ec.europa.eu/clima/policies/ozone_it

https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=LEGISSUM%3A4413653#:~:text=Il%20protocollo%20di%20Montreal%20(alla,sostanze%20chimiche%20che%20lo%20riducono.

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