Attacco notturno degli Stati Uniti, morto il leader dell’Isis

L’intelligence statunitense progettava un attacco ai danni dell’Isis da mesi. Il bersaglio era chiaro: il capo, Ibrahim al Hashimi al Qurayshi. L’obiettivo è stato raggiunto nella notte di Giovedì. Dopo un raid nel nord della Siria durato circa due ore, il leader dell’organizzazione terroristica si è ucciso facendosi esplodere, approfittando di una bomba che aveva con sé.

al-Qurayshi, Fonte: timeofisrael.com

Oltre ad essere stato lungo, l’attacco è stato abbastanza “distruttivo“: al Qurayshi infatti ha deciso di innescare l’ordigno con il quale si è tolto la vita all’interno di un edificio, causandone il parziale crollo e causando, inoltre, la morte di alcuni civili. Tra le 13 persone morte durante l’attacco (non è chiaro quante di queste siano morte a cause della bomba e quante invece per i colpi di arma da fuoco scagliati contro l’edificio dalle truppe americane), secondo le ricostruzioni, vi erano 6 bambini e 4 donne. Queste le dichiarazioni del presidente Biden in merito alla vicenda:

“Un disperato atto di codardia da parte del leader Isis”

Ha dichiarato, inoltre, di aver scelto la via del “raid via terra” al posto dei più convenzionali attacchi tramite droni al fine di salvare il numero più alto possibile di civili. Ma la scelta del suicidio tramite bomba da parte di al Qurayshi ha vanificato ogni speranza da parte degli U.S.A. di “minimizzare i danni”. Il presidente Joe Biden è apparso molto soddisfatto e, all’interno del discorso tenuto alla Casa Bianca in cui “rivendica” l’attacco ha lanciato un segnale ad eventuali altri terroristi dicendo:

“Vi verremo a prendere ovunque”

Biden. Fonte: corriere.it

Chi era al Qurayshi, il leader silenzioso

Dopo la morte, nel 2019, dell’ex califfo Abu Bakr al-Baghdadi ci furono delle lotte intestine all’interno dell’ autoproclamato Stato Islamico (Isis) per la successione. A spuntarla fu, appunto, al Qurayshi, il quale decise sin da subito di adottare una politica di comando nettamente difforme dal suo predecessore. La differenza principale stava nell’esposizione mediatica delle due figure: se da un lato al-Baghdadi rivendicava la maggior parte dei suoi attacchi, apparendo molto spesso in video, al-Qurayshi cercava di mantenere un profilo basso, quasi a voler rimanere nell’anonimato. Il che non sorprende. Difatti, non è raro all’interno di un’organizzazione criminale – sia essa terroristica o no – che il successore al comando tenda a distaccarsi da chi lo ha preceduto, ed Al-Qurayshi probabilmente vedeva nella risonanza a livello globale che aveva il movimento sotto la guida del suo predecessore il suo principale “tallone d’Achille“. Nell’ultimo periodo prima del raid, il leader spendeva la maggior parte della sua vita all’interno della sua residenza.

al-Baghdadi. Fonte: agi.it

L’attacco che sancisce la fine del terrorismo?

Ad un occhio poco attento potrebbe sembrare che questo genere di “conquista” porti inevitabilmente all’annientamento del movimento terroristico. In realtà la storia ci insegna come l’uccisione del leader non porti quasi mai ad uno smantellamento dell’organizzazione. Si ha un esempio chiaro anche all’interno dello Stato Islamico stesso che, dopo la morte di al-Baghdadi, non ha cessato di esistere sebbene abbia in parte cambiato forma. Vi è inoltre una precisazione da fare: un movimento come l’Isis si è generato dall’unione di più movimenti terroristici di dimensioni ridotte. Di conseguenza, nell’ipotesi in cui non riescano a trovare un nuovo leader che succeda ad al-Qurayshi è più probabile una scissione: un ritorno a piccole identità terroristiche distaccate tra loro. Quindi, più che ad una eliminazione totale del movimento si assisterebbe ad una “dispersione” delle sue componenti.

In uno scenario in cui, seppur non totalmente sconfitta, l’Isis risulta sofferente e rimaneggiata a livello organizzativo è facile pensare che l’altra organizzazione jihadista principale, Al Qaeda, voglia approfittare della situazione e accrescere il suo controllo sul territorio.

Esercito Al Qaeda. Fonte: agi.it

Non risulta possibile, quindi, affermare che il raid statunitense di giovedì abbia contribuito ad indebolire il terrorismo. Se subentrerà un nuovo leader è probabile che gli Stati Uniti elaboreranno altri piani per catturarlo. Ciò che fa riflettere però è che, molto spesso, in queste operazioni vengono stroncate le vite di civili aventi l’unica “colpa” di essersi trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Francesco Pullella

 

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