Tornerà l’elezione diretta dei presidenti delle Province e dei sindaci metropolitani! Tornerà anche l’elezione dei consiglieri e la nomina degli assessori provinciali! Almeno, questa sembra essere la volontà della maggioranza di governo, che già da qualche mese sta tracciando la direttiva per concretizzare il cambiamento. Intanto gli animi dei candidabili si scaldano; secondo il decreto in uscita: quali organi potrebbero votare i cittadini? E quando?
Province, la bozza della legge elettorale
Riporta le informazioniLa Gazzetta del Sud.Nel corso degli ultimi mesi sono stati depositati ben nove disegni di legge riguardo la riforma sulle province, ma è nei giorni appena passati che l’indirizzo governativo è stato completamente esplicito per l’elaborazione di una bozza a opera del Comitato ristretto della Commissione Affari costituzionali al Senato.
Secondo il testo più recente, il presidente della Provincia verrebbe eletto, dai cittadini della Provincia, tra i candidati che ottengano il maggior numero di voti: entro il primo turno previo raggiungimento di almeno il 40% delle preferenze o tramite ballottaggio ai turni successivi.
I consiglieri provinciali sarebbero sempre a elezione cittadina. Verrebbero votati nelle varie circoscrizioni elettorali, ovvero nei vari territori provinciali, ripartiti in collegi plurinominali con un numero di seggi compreso fra tre e otto (secondo l’estensione territoriale).
La soglia di sbarramento è attualmente fissata al 3% e non è prevista la possibilità di esprimere un voto disgiunto.
Elezioni in primavera: perché sarebbe vantaggioso
A detta del senatore calabrese Mario Occhiuto, componente del Comitato che ha elaborato il testo base, “a breve avremo la nuova legge”. Ma “a breve” esattamente cosa significa?
I membri del parlamento si stanno muovendo velocemente per far coincidere l’election day delle provinciali con quello delle europee, già previste a giugno 2024. Una concomitanza che avvantaggerebbe l’andamento sia del primo che del secondo genere di elezioni. Nell’occasione, infatti, le urne si riempirebbero a favore di tutti.
C’è da chiedersi comunque se i tempi siano opportunamente larghi. Per comporre la coincidenza (e lasciare i mesi a una campagna elettorale lampo) il decreto-provinciali dovrebbe essere ufficializzato entro la fine dell’anno. Nulla di semplice e certo.
Elezioni europee. Fonte: Pixabay
Province sì-Province no: l’essenza del dibattito
“Province sì-province no”: il dibattito si nutre di ampie ragioni ma può essere semplificato in due vedute sostanziali: “Province come apparati per la maggiore autonomia locale e una migliore intermediazione Comune-Regione (Province sì)”; “Province come apparati mangia-denaro pubblico, di dubbia utilità (Province no)”.
Il governo e la maggioranza sostengono infatti che gli apparati burocratici provinciali abbiano la possibilità e l’utilità di interessarsi, più degli apparati regionali, delle specifiche questioni comunali e intercomunali. E proprio per la prossima adesione territoriale potrebbero meglio rappresentare le istanze locali dinanzi ai parlamenti e agli esecutivi regionali.
Le province sarebbero chiamate ad agire principalmente nei seguenti ambiti: valorizzazione dei beni culturali; gestione della viabilità e dei trasporti; protezione della flora e della fauna; garanzia servizi sanitari; organizzazione dello smaltimento di rifiuti; tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche; promozione, coordinamento e organizzazione delle attività economiche e produttive di interesse locale; etc.
Di fronte a tutto questo, l’opposizione in primis pone il dubbio della necessità in rapporto ai costi. Vale la pena ricreare e rifinanziare le istituzioni provinciali? Conviene, nell’ottica di un investimento, oppure sarebbe solo uno spreco di denaro pubblico?
Non è semplice farsi un’idea a proposito, si discute pure dell’imprevedibile. Neanche guardare al passato può essere sufficiente: molto può cambiare nei tempi e nei tempi.