Abbronzatura: come funziona?

È iniziata l’estate e con lei la voglia di sole, mare e di abbronzarsi! Ma come avviene questo fenomeno così affascinante? Esaminiamo con un approccio scientifico quali sono le reazioni che avvengono sulla nostra pelle e le ripercussioni.

Indice dei contenuti

  1. Radiazione solare
  2. Cosa succede alla nostra pelle?
  3. Il Fattore di Protezione Solare (SPF)

Radiazione solare

La radiazione solare è l’energia che il sole emette e che la terra riceve in forma di onde elettromagnetiche. In particolare le radiazioni solari hanno una lunghezza d’onda tra compresa tra i 230 e 4000 nm. La maggior parte dell’energia solare giunge sulla terra con lunghezza d’onda tra i 400 e 760 nm (banda del visibile o luce). L’altra metà arriva in forma di radiazioni infrarosse, responsabili dell’azione termica dell’energia solare (760 e 4000 nm). L’ultimo tipo di radiazioni (dai 230 ai 400 nm) sono le radiazioni UV, ovvero le radiazioni ultraviolette. Di esse sulla terra ne arriva una minima parte essendo confinate maggiormente nell’alta atmosfera, in corrispondenza dell’ozonosfera. Anche se in piccole quantità rispetto alle radiazioni descritte precedentemente, anch’esse apportano benefici, e a volte purtroppo, danni al corpo umano. Distinguiamo 3 tipi di radiazioni ultraviolette: UV-A (400-315 nm), UV-B (315-280 nm) e UV-C (280-100 nm).

 

Comportamento delle radiazioni UV in presenza dell’ozonosfera Fonte: Okpedia

Il tipo di radiazione che penetra maggiormente l’atmosfera è l’UV-A seguita dall’UV-B, ovvero la radiazione responsabile della nostra abbronzatura!

Cosa succede alla nostra pelle?

È risaputo che stare a contatto con la luce del sole può apportare miglioramenti significativi per la salute. L’esposizione ai raggi UV permette infatti la sintesi organica di vitamina D, essenziale nell’assorbimento di calcio da parte dell’organismo. È consequenziale la minore probabilità di sviluppare patologie ossee quali l’osteomalacia e l’osteoporosi, ma anche di problematiche legate al sistema nervoso centrale e periferico e nella coagulazione.

L’epidermide, oltre a produrre vitamina D, si occupa della nostra protezione dai raggi UV per mezzo dei melanociti. Questi sono delle cellule dentritiche appartenenti allo strato basale dell’epidermide, dove al loro interno troviamo organuli come i melanosomi, i produttori della melanina. Fin che la melanina si trova all’interno dei melanociti non colora la pelle. Solo quando essa sarà fagocitata dai cheratinociti sarà in grado di donare all’epidermide la tipica colorazione ambrata.

Melanocita
Melanocita Fonte: Wikipedia

L’abbronzatura che noi osserviamo dopo alcune ore di sole, dunque, non è altro che un filtro solare naturale generato dalla pelle per protegge il DNA prevenire l’invecchiamento cutaneo contrastando la produzione di radicali liberi.

La melanina prodotta dai melanociti continua a degradarsi e ossidarsi all’interno dei cheratinociti fornendo ulteriore melanina fino a raggiungimento della quantità massima prevista dal nostro corredo genetico e dai melanosomi posseduti. Distinguiamo in base ai melanosomi tre tipi di popolazione:

  • Carnagione scura o nera: i melanosomi sono grandi.
  • Caucasica: i melanosomi sono di dimensioni minori.
  • Celtica: i melanosmi sono acora più piccoli.

Maggiori sono le dimensioni dei melanosomi, più sarà abbondante la quantità di melanina prodotta e di conseguenza più efficiente l’azione protettiva nei confronti del sole.

Il fattore di protezione solare (SPF)

La protezione effettiva generata dalla melanina in realtà risulta essere molto bassa e insufficiente per proteggere l’organismo da eventuali danni. Per questo motivo risulta d’obbligo l’utilizzo di prodotti solari specifici scelti in base al fototipo che si possiede.

Classifica dei fototipi Fonte: Facebook

Una volta individuato il fototipo, si scelgono i prodotti solari in base al Sun Protection Factor (SPF). Quest’ultimo indica la capacità di un prodotto di proteggere la pelle dai raggi solari. Maggiore è l’SPF maggiore sarà il grado di protezione solare.

La pelle chiara del fototipo 1 e 2 è più delicata e richiede una protezione molto alta, con indice 50. Il fototipo 3 necessita un fattore 30. La scala decresce fino all’ultimo fototipo che richiede attenzioni minori rispetto ai primi.

La composizione dei solari viene disciplinata dal regolamento cosmetico europeo 1223/2009. I filtri fisici sono dati da componenti chimiche schermanti, ovvero sostanze opache in grado di riflettere le radiazioni come il biossido di titanio e l’ossido di zinco. Lo ZnO riflette sia i raggi UVB che gli UVA ed esercita inoltre un’azione lenitiva e antibatterica. Giustifica la presenza della patina biancastra lasciata dai prodotti solari, che risulta essere quanto schermante tanto dannosa per l’ambiente marino (viene infatti spesso sostituito dall’equivalente ecologico, l’idrossiapatite).

Oltre a dei filtri fisici, le creme solari presentano dei filtri chimici dati da molecole organiche complesse come l’oxibenzone, il fenilbenzilimidazolo, l’acido sulfonico, il butil metoxidibenzoilmetano e l’etilexil metoxicinnamato. Ognuna di queste molecole assorbe l’energia delle radiazioni a lunghezze d’onda diverse e le rilascia sotto forma di calore minimizzando i danni.

Nonostante i possibili effetti collaterali collegati ad un’esposizione prolungata al sole, con le giuste accortezze e prevenzione, è possibile minimizzare le ripercussioni sulla salute al minimo, ottenere una bella pelle dorata e tutti i benefici che ne derivano!

Asia Arezzio

 

Bibliografia

 

 

 

di Redazione Scienza&Salute

Rubrica di divulgazione scientifica dalle curiosità di tutti i giorni alle ultime scoperte.

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