Immagina

Immagina di essere solo, nascosto sotto un muro retto da una trave arrugginita, con la polvere addosso che ti sgorga dagli occhi insieme alle lacrime, che serpeggia tra le tue dita, che si mischia al sangue delle ginocchia sbucciate.

Immagina di essere uomo, donna, vecchio o bambino. Di respirare, bere e mangiare come ogni essere umano, ma sentendo dentro di te un vuoto, qualcosa che ti manca, che fa di te qualcosa di dimezzato.

Immagina di ascoltare la radio in un lurido scantinato, ascoltando il grande uomo bianco, il padrone dei padroni, affermare che è dovere aiutare chi viene aggredito, chi è vittima del bullo, chi è soggetto a persecuzione.

Immagina un cielo oscuro illuminato da fiori in fiamme, tempeste di pollini, rombi di api, e poi il silenzio. Mortale silenzio, per un attimo o due, e poi urla levarsi nella notte.

Immagina di essere un puntino nella folla oceanica, in processione dietro una bara bianca. Con le ambulanze che scorrazzano qua e là, e due schiere di cavalieri di carta con scudi di plastica a spingerti ora da una parte, ora dall’altra.

Immagina di essere un padre, una madre, un nonno o un figlio, e di riuscire a contare nella tua vita più funerali che feste di compleanno. Di avere almeno un lutto in casa, un martire laico da ricordare o vendicare.

Immagina di essere figlio di nessuno, padre di niente, cittadino del nulla. Essere vivente solo perché ancora in grado di respirare, ma privato d’ogni cosa che rende l’uomo un uomo.

Immagina di esserti fidato dell’uomo bianco. Delle sue promesse mancate, delle sue prese di posizione, dei suoi finti moti di sdegno.

Immagina di essere tu l’aggredito. Tu la vittima del bullo. Tu la persona da sostenere. E immagina il tuo volto nel vedere che no, il grande uomo bianco sostiene l’aggressore, sostiene il bullo.

Immagina di essere un Gazawi. Padre, figlio e fratello di uomini senza diritti né patria. Senza una bandiera intorno a cui raccogliersi, una terra da difendere e tramandare, un governo da sostenere o contestare.

Avresti potuto immaginarlo.
Ma ieri casa tua è stata colpita da un missile.
Sei morto tu, tua moglie, tua figlia di sei anni e tuo figlio di tre.

Diranno che eri un terrorista. O che nascondevi un terrorista o che in ogni caso, in quanto palestinese, eri un potenziale terrorista.

Non è poi così difficile prendere un uomo, spogliarlo di ciò che è, vestirlo di ciò che non è, ucciderlo per ciò che lo si è fatto diventare.

Ora che hai finito di soffrire, libero dalle catene bianche e azzurre, lontano dai cavalieri dagli elmi stellati, scommetto che puoi vedere noi, uomini bianchi, riempirci la bocca di buone intenzioni e le mani di banconote insanguinate.

“Hai visto?” ti immagino dire a tuo figlio “Quanto sono poveri quegli uomini bianchi, che pur essendosi arricchiti d’ogni cosa hanno perso il bene più importante: la coscienza”.


Giuseppe Libro Muscarà

*immagine in evidenza: illustrazione di Marco Castiglia

di Rubrica Inchiostro

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