Ciao Darwin e le “etichette”

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Perché un programma come Ciao Darwin ci piace così tanto? Forse perché è un intrattenimento migliore di diverse fiction e diversi info-tainment? O forse perché è un programma che si basa sulle etichette sociali che attribuiamo e ci auto-attribuiamo?

Beh, forse per entrambe le cose. Tralasciando le polemiche sessiste che vengono fatte al programma, soffermiamoci a pensare alle etichette. Perché ci piacciono tanto?

E’ bello sentirsi parte di un gruppo, di una grande etichetta. Ci fa sentire capiti, al sicuro nella nostra cerchia. Ma serve davvero catalogarci in questo modo?

Un uomo non può essere racchiuso solo in una sola etichetta, possediamo identità plurime. Prendiamo ad esempio un padre: è sicuramente anche un figlio, può essere un marito, un lavoratore e uno sportivo allo stesso tempo. Un’etichetta non esclude l’altra.

Etichettare le persone, inoltre, può causare molte discriminazioni e dividere tra posizioni estremiste. E gli estremismi si sa, non portano niente di buono, la storia ce lo insegna.

Possiamo dire che il mondo deve essere tutto bianco o tutto nero? Non dimentichiamo che mezzo c’è un’infinita gamma di colori. Allora invece di parlare di grassi contro magri, di carnivori contro vegani, di destra contro sinistra, non sarebbe meglio accettare le diversità?

Inoltre non possiamo davvero riassumere le nostre personalità complesse in qualche termine, ce ne vorrebbero infiniti. Ma le etichette possono funzionare nelle occasioni nelle quali ci serve presentarci in maniera rapida e incisiva, non a caso infatti le usiamo soprattutto nei social.

Ben venga quindi usare le etichette anche a scopo ironico come in Ciao Darwin. Usiamole per criticare e auto-criticarci in maniera costruttiva, senza per forza incasellarci in esse.

Noemi Villari

di Redazione UniVersoMe

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