Questo pazzo, pazzo mondo…

Qualche giorno fa, nel pieno dello scalpore mediatico per le presidenziali francesi, un caro amico, al corrente del mio interesse verso tutto ciò che riguarda mente, cervello e dintorni, mi ha segnalato un video, presente su YouTube, in cui amenamente si argomenta di come il neoeletto Macron sia in realtà un pazzo pericoloso: “lo dice uno psichiatra” afferma perentoriamente il titolo stesso del video (ah, il fascino sempreverde dell'”ipse dixit”!).

Il bello è che è tutto vero: o almeno, è vero che lo dice uno psichiatra (di cui non voglio fare il nome), che durante il video argomenta di come vere o presunte violenze sessuali in età giovanile possano avere reso instabile la mente del povero presidente neoeletto. Non ritengo opportuno pronunciarmi sulla validità di questa “diagnosi” per tutta una serie di motivi: intanto perché non sono psichiatra; e secondariamente perché, anche in psichiatria, le diagnosi, quelle vere, si fanno col paziente davanti e non “per interposta persona”, affidandosi a notizie di dubbia provenienza.

Ma è in particolare su questo che il video in questione mi ha fatto riflettere: sul modo in cui, ancora oggi, dare del pazzo a qualcuno, o meglio, affermare che soffre di un qualsiasi tipo di problemi mentali, possa trasformarsi in una pericolosa arma politica volta a screditarne l’immagine. Non è del resto la prima volta che i nostri media ci deliziano con notizie del genere; anzi, pare che ogni volta che succeda qualcosa di politicamente rilevante ci sia sempre qualcuno pronto a dare del pazzo, o del mentalmente instabile, o dello psicopatico, a qualcun altro. Spesso, purtroppo, appoggiandosi alle parole (a volte fraintese o decontestualizzate, ma purtroppo non sempre) di qualche addetto ai lavori, compiacente o meno. Ricordo che qualche mese fa girarono per un po’ sulla rete le dichiarazioni di un noto psichiatra (neanche di lui faccio il nome), indubbiamente ironiche, ma neanche troppo, che arrivavano addirittura a dire che l’Italia intera è un paese di pazzi.

Trovo che ci sia qualcosa (mi si perdoni il termine) di malato, dietro questa tendenza. O meglio, che tradisca un problema di fondo purtroppo terribilmente attuale e che ormai siamo abituati a dare per scontato. Ovviamente si tratta di un understatement, di qualcosa di non scritto: ma dietro questo modo di atteggiarsi, dietro il fatto che notizie del genere trovino una discreta risonanza nei mezzi di comunicazione, e che ci sia gente che trova interesse a diffonderle, c’è la concezione radicata che essere “pazzi”, soffrire di malattie mentali, sia qualcosa di cui bisogni vergognarsi.

Lo stesso termine “pazzo”, che i profani considerano sinonimo di “paziente psichiatrico”, si porta ancora dietro una fortissima valenza dispregiativa; quando in realtà sarebbe doveroso ricordare che, almeno stando all’accezione comune, le due categorie raramente coincidono. Nella mentalità comune, il termine “pazzo” evoca ancora il tizio seminudo che corre per strada urlando, parla da solo,  si crede Napoleone o Gesù Cristo, ha atteggiamenti bizzarri, magari ha allucinazioni o altre dispercezioni; inteso in questo senso, quello che la gente comune chiama pazzo coincide molto grossolanamente con quello che gli psichiatri indicano come paziente psicotico, che comunque rappresenta solo una piccolissima parte delle tantissime manifestazioni cliniche di cui si occupa la psichiatria (e che tra l’altro è una condizione da cui, seppur limitatamente, grazie ai progressi della medicina, oggi si può persino guarire). In senso lato, poi, quella del “pazzo” diventa una categoria ancora più ampia e abusata; è pazzo il “diverso”, colui che non è “normale”. Il punto è che dallo psichiatra va anche chi soffre di depressione, disturbi d’ansia, disturbo ossessivo-compulsivo e tanti altri, pazienti che, se doveste incontrare per strada, vi apparirebbero come persone assolutamente “normali” e che ogni giorno lottano contro la loro malattia, un po’ come chi soffre di diabete mellito o chi ha un tumore maligno. Ecco, provate a dare loro dei pazzi…

Mi si dirà: ma perché tutta questa polemica? Che cosa cambia a te se la gente continua a usare questi termini e a ignorare quello che c’è dietro?

A me, personalmente niente. Ma a chi queste condizioni le vive sulla propria pelle, moltissimo. Perché se è vero che tanta gente va dallo psichiatra a farsi curare per queste malattie, ce ne sono anche tantissimi che ne soffrono ma dallo psichiatra non ci vanno: perché non riescono ad accettarlo. Perché hanno paura che li si consideri dei “pazzi”. Perché i loro genitori, la loro famiglia, i loro amici, li dissuadono: “ma no, non c’è bisogno che tu vada dallo psichiatra, non sei pazzo, è solo un brutto momento, passerà”. Capita così che tantissimi pazienti che, nelle opportune condizioni, avrebbero potuto beneficiare di un trattamento precoce, finiscano poi con l’essere riconosciuti come tali, e trattati, solo quando ormai è troppo tardi e c’è poco da fare. E intanto, intorno a noi, si continua impunemente ad alimentare quello che gli specialisti del settore chiamano lo “stigma”, il pregiudizio, la discriminazione. Con buona pace di chi soffre…

Gianpaolo Basile

 

di Redazione UniVersoMe

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