bosco con colori autunnali, dipinto. 2 dia 13x18 (D02.16.01-02), carige

L’avvelenato

“Se io avessi previsto tutto questo, dati causa e pretesto, le attuali conclusioni…” cantava Francesco Guccini in una delle sue canzoni più taglienti, una sorta di rigurgito di insoddisfazioni e delusioni, tanto da meritarsi il titolo di “L’avvelenata”. Non so per quale preciso nesso associativo mi vengono in mente proprio le più violente rime del Francescone nazionale mentre oggi (anzi, ieri), 6 novembre 2017, mi trovo in una piovosa notte autunnale, accoccolato nel mio letto col pc sulle ginocchia a buttar giù, rigorosamente all’ultimo momento, le righe di un editoriale che finora non ho avuto il tempo di scrivere (anzi, diciamocela tutta, che proprio non ho voglia di scrivere) e che tu oggi (anzi, domani, 7 novembre, o quando sarà) stai leggendo. Forse perché ieri sera tornando a casa in macchina era questa una delle canzoni che cantavo a squarciagola, o forse perché anch’io, tutto sommato, mi sento insoddisfatto, e non so bene di cosa.

Forse della giornata uggiosa, del trauma del risveglio mattutino e del rientro alla routine quotidiana e universitaria dopo una piacevolissima ma ahimè troppo breve vacanza. Forse del fatto che mi è toccato di scrivere questo editoriale proprio oggi a ridosso delle elezioni regionali e ci si aspetterebbe che ne parli, mentre invece non ne ho proprio voglia. O forse del dibattito politico stesso, che pur dovendo essere in teoria un momento costruttivo di dialogo e confronto sociale riesce spesso a tirare fuori il lato peggiore delle persone che vi partecipano e di cui ascolto i pareri e leggo i commenti sui social media.

Forse, mi dico tra me e me, sono insoddisfatto perché oggi uno dei collaboratori della nostra unit di Cultura locale, in preda allo sconforto, aveva deciso di non scrivere più di Messina, città sorda e che non merita; e perché, anche se alla fine con gli altri del gruppo di redazione siamo riusciti a farlo ricredere, e pur non condividendo del tutto le sue posizioni, nella sua ferita aperta ho letto per un attimo le mille ferite aperte di chiunque abbia un ideale e lo veda lentamente inabissarsi travolto dalle onde degli eventi.

Forse, a rendermi insoddisfatto è la mia momentanea mancanza di ispirazione; o forse l’incapacità di tollerarla quando in realtà fa parte dei regolari alti e bassi di chiunque si diletti in qualsiasi attività creativa. Forse sono insoddisfatto del taglio troppo intimistico e patetico che sto dando a questo editoriale, se così vogliamo continuare a chiamarlo: proprio io che tendenzialmente odio chi scrivendo si lamenta un po’ di tutto e un po’ di niente, magari alla ricerca di facili immedesimazioni da parte dei lettori per raccattare qualche visualizzazione in più. Forse, addirittura, a insoddisfarmi è la mia stessa insoddisfazione, e il fatto che stia perdendo il mio tempo in lamentele così vacue solo per il vezzo un po’ esibizionistico di mostrarmi nudo di fronte a una (spero non troppo folta) platea di sconosciuti, io che ho una casa, degli amici, qualcuno che mi ama, quando c’è gente che sta molto peggio di me e ha ben più motivo di me di lamentarsi e meno spazio per far leggere le proprie lamentele agli altri.

E mentre scrivo e mi rendo conto che quello che doveva essere un editoriale poco ispirato è diventato un editoriale “avvelenato”, un fiume informe e liquido di dubbi, una sorta di blues autunnale un po’ stantio e un po’ stonato, mi rendo conto che via via che scrivo l’insoddisfazione inizia a diradarsi, come le nuvole dal cielo ormai scuro: e ti ringrazio, vi ringrazio, Lettori (spero non siate troppi però), per aver preso parte vostro malgrado a questo gioco terapeutico, oltre a chiedervi di perdonarmelo, se potete, di dimenticarvelo, insomma di passarmi per buono questo piccolo capriccio del quale, sincerissimamente, un po’ mi vergogno, se penso che, tutto sommato, è solo un modo come un altro di sbarazzarmi di un editoriale che non mi va di scrivere.

Lentamente, la mia mente scorre e arriva all’ ultima strofa della canzone: “se io avessi previsto tutto questo, dati causa e pretesto, forse farei lo stesso…”

Gianpaolo Basile

di Redazione UniVersoMe

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