Antibiotico-resistenza, un’emergenza che potrebbe diventare più pericolosa del cancro

 

Il ventesimo secolo merita di essere ricordato per la scoperta di una delle sostanze che più contribuì ad aumentare l’aspettativa di vita della popolazione: la penicillina, il capostipite dei moderni antibiotici.

A partire dalla metà del secolo scorso, infezioni che generalmente si concludevano nel peggiore dei modi, divennero improvvisamente controllabili e ben curabili; malattie come polmoniti e meningiti fecero sempre meno paura e non furono più sinonimo di una morte preannunciata.

Il progresso scientifico portò alla scoperta di sempre più tollerabili ed efficienti antibiotici tanto che, nel decennio compreso tra il 1983 e il 1992, la FDA (Food and Drug Administration, ente statunitense che si occupa della regolamentazione dei farmaci) approvò più di 30 nuove molecole per l’uso clinico.

Sir Alexander Fleming, inventore della penicillina, tuttavia, in una intervista successiva alla vincita del Premio Nobel nel 1945, ci lasciò un messaggio molto importante:

Chiunque giochi con la penicillina senza pensare alle conseguenze, è moralmente responsabile del decesso di chi morirà per una infezione sostenuta da un microrganismo resistente alla penicillina

anticipando quello che sarebbe stato uno dei più gravi e pericolosi problemi del ventunesimo secolo: l’antibiotico-resistenza.

Secondo una review del 2017 infatti, in Europa, i batteri resistenti sono responsabili di circa 33 mila morti ogni anno. Emerge un dato drammatico in Italia dove, nel 2015, si sono verificate ben 10762 morti, tanto che il nostro, insieme alla Grecia, rappresenta il peggior paese per rischio infettivo in Europa. Si stima che le infezioni resistenti provochino lo stesso numero di morti dovute a tubercolosi, HIV ed influenza messe assieme.

In particolare, in un recente lavoro pubblicato su The Lancet Infectious Diseases è stata eseguita un’analisi su otto specie batteriche più frequentemente rinvenute in liquidi biologici, tra cui: Pseudomonas aeruginosa multifarmaco-resistente; Klebsiella pneumoniae carbapenemi e cefalosporine di terza generazione-resistente; Pneumococco penicilline e macrolidi-resistente; Stafilococco aureus meticillino-resistente. Tutti batteri responsabili di infezioni diffuse alle vie urinarie, apparato respiratorio, apparato digerente e dei siti chirurgici che, nei peggiori casi, possono portare a setticemia (condizione grave caratterizzata dalla presenza di batteri nel sangue).

Abbiamo infatti indotto i batteri ad adattarsi ai nostri tentativi volti a combatterli, tanto che alcune popolazioni batteriche, come riportato, risultano completamente immuni alle terapie. La causa di questo fenomeno si deve ricercare nell’uso sregolato di questi farmaci: spesso vengono utilizzati antibiotici “di ultima generazione” per infezioni banali o anche lì dove non sarebbero necessari.

Occorre infatti precisare che numerose malattie stagionali quali raffreddori ed influenze, non sono generalmente causate da batteri (cellule viventi a tutti gli effetti) ma da virus (macromolecole incapaci di riprodursi fuori dall’organismo ospite), sui quali gli antibiotici non hanno alcuna efficacia e quindi, vanno evitati ad ogni costo. Numerosi studi confermano tra l’altro che l’uso di antibiotici in caso di alcune patologie delle alte vie respiratorie non migliora significativamente né la sintomatologia né la clinica dell’infezione che si risolve nello stesso periodo di tempo, rischiando però di provocare, ovviamente, maggiori effetti collaterali. Quindi, alla prossima influenza, bisogna rifletterci un po’ prima di chiedere l’antibiotico.

La situazione in ospedale non è dissimile: a causa della comparsa di specie sempre più resistenti gli infettivologi sono obbligati ad utilizzare potenti antibiotici di nuova generazione che per adesso danno ottimi risultati, ma ai quali i batteri, in futuro, potrebbero diventare immuni per lo stesso principio. La colpa non è comunque solo di medici e pazienti, infatti più del 65% del consumo di antibiotici annuo è destinato agli allevamenti animali e nell’agricoltura, ambienti nei quali si creano facilmente dei batteri super-resistenti che talvolta possono essere trasmessi all’uomo.

Complessivamente, stando agli ultimi dati, il fenomeno dell’antibiotico-resistenza nel 2018 continua ad essere in crescita. Da poco si è conclusa la settimana dedicata all’antibiotico-resistenza (12-18 Novembre) in cui, oltre ad iniziative mediche, sono state avanzate iniziative sociali e politiche al fine di migliorare la gestione dei farmaci a disposizione. L’obiettivo è quello di promuovere l’uso di linee guida standardizzate per la prescrizione e un servizio attivo di monitoraggio per l’eventuale comparsa di altre specie multi-resistenti.

Purtroppo, nonostante ciò, l’Organizzazione Mondiale della Sanità prevede che, senza adeguate misure di prevenzione, da qui al 2050 i super-batteri killer saranno la prima causa di decesso a livello mondiale, superando cancro, diabete ed infarti.

Il cambiamento dovrà quindi comunque partire da medici e pazienti e da una reciproca fiducia per i farmaci prescritti in quanto, come detto prima, contrariamente alle credenze, l’antibiotico non è comunque il rimedio a tutti i mali. Con l’augurio di trovare meno spesso “mostri” come questo:


Antonino Micari

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