Può un uomo credere di essere morto?

“Dottore, dottore, sono morto!”. Potrebbe essere la scena di un film, invece è davvero possibile che un medico senta una tale frase pronunciata da un paziente. Si tratta della Sindrome di Cotard, conosciuta anche con il nome di “sindrome dell’uomo morto”.

La sindrome di Cotard è un raro disturbo caratterizzato dalla presenza del cosiddetto “delirio di negazione”.
Il soggetto affetto non percepisce più alcun tipo di stimolo emozionale e la sua coscienza spiega questo fenomeno convincendosi di non essere più in vita o di aver perso tutti gli organi interni preposti a tale scopo.

Si evidenziò per la prima volta il 28 giugno 1880, quando Jules Cotard presenta, alla Société Médico-Psychologique, una comunicazione che lo renderà celebre dal titolo “Du délire hypocondriaque dans une forme grave de mélancolie anxieuse” dove riporta il caso di una donna di 43 anni che sostiene di non avere cervello, nervi, torace, stomaco e intestino; tutto quello che le era rimasto erano la pelle e le ossa.

La malattia era iniziata due anni e mezzo prima quando la signora aveva manifestato una grande spossatezza e ansia affermando di sentirsi come un’anima persa. Riteneva, a causa dello stato del suo corpo, di non doversi nutrire, di non potere più morire di morte naturale pensando che l’unico mezzo per porre fine ai suoi giorni fosse quello di essere bruciata viva.

Cotard affermò di avere descritto una nuova varietà clinica di melanconia ansiosa grave le cui caratteristiche sono costituite da:

  • melanconia ansiosa
  • idee di dannazione o possessione
  • tendenza al suicidio e alle automutilazioni
  • analgesia
  • delirio ipocondriaco di non-esistenza o di devastazione di alcuni organi o del corpo intero
  • delirio di immortalità

Al giorno d’oggi sono pochi i casi descritti.

Uno studio condotto presso l’ U.O. di Neurologia, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Pisa, espone la condizione di un paziente con sospetta sindrome di Cotard.

Riguarda un uomo, EC di 82 anni, senza alcuna storia familiare di disturbi psichiatrici che vive in famiglia. Operoso e partecipe a tutte le attività familiari, il paziente è stato profondamente colpito dalla morte di una sorella verificatasi sei mesi prima di giungere all’osservazione dei medici. Due mesi dopo l’evento luttuoso il paziente ha iniziato a riferire vaghe rachialgie.

Progressivamente l’anziano era divenuto inquieto, preoccupato per il persistere della sintomatologia dolorosa, iporessico ed insonne, aveva abbandonato l’abitudine di fare lunghe passeggiate e si era rifiutato di recarsi al supermercato per le compere quotidiane, rispondendo faticosamente e con parole imprecise alle domande dei familiari.

Un mese prima della valutazione medica, gradualmente, EC aveva manifestato deficit di attenzione, di memorizzazione e di esecuzione di calcoli aritmetici. Nel contempo l’uomo era divenuto ansioso, perplesso, come spaventato, perseverante su previsioni di morte. Successivamente aveva avvertito che il suo corpo era cambiato. Infine si era rifiutato di nutrirsi ritenendosi morto.

Il paziente fu mandato in ambulatorio per i disturbi cognitivi nel sospetto di una sindrome demenziale a decorso sub-acuto. L’anamnesi orientava verso un quadro Cotardiano nell’ambito di una depressione maggiore con manifestazioni psicotiche.

Il paziente fu quindi trattato con farmaci antidepressivi e il quadro clinico ha mostrato una progressiva risoluzione sintomatologica dalla seconda settimana di terapia fino a remissione totale con reintegrazione nel ruolo familiare e nel contesto sociale del soggetto dopo circa quaranta giorni di trattamento farmacologico.

Ma vi sono basi neurobiologiche per spiegare la sindrome di Cotard?

Per quel che riguarda l’aspetto psicologico/neuropsicologico, alcuni studi hanno evidenziato nei pazienti con sindrome di Cotard una disposizione psicologica individuale definibile come stile attribuzionale introiettivo.

Numerosi studiosi infatti analizzarono l’assessment neuropsicologico di pazienti con la sindrome di Cotard ed evidenziarono che il profilo neuropsicologico, attraverso il test di riconoscimento di facce, non mostrava deficit a carico di funzioni cognitive quali le capacità di ragionamento, la memoria visuospaziale per i luoghi, la memoria di riconoscimento verbale, ma i deficit riguardavano il riconoscimento delle facce e le stime cognitive (funzioni esecutive).   

La perdita del significato emotivo di ogni esperienza sensoriale, determinerebbe il delirio di negazione, ovvero “Io sono morto”, quale unica spiegazione per la totale mancanza di emozioni. In particolare le anomalie percettive, soprattutto per i volti, causate dal deficit neurologico di elaborazione emotiva del riconoscimento visivo interagiscono con lo stile attribuzionale interno determinando un vissuto depressivo importante che, a sua volta, è alla base del delirio di negazione.

Anche la diagnostica per immagini ha contribuito nell’approfondire le conoscenze su tale patologia, soprattutto TC e RMN, così come la medicina nucleare: in alcuni pazienti attraverso la SPECT si evidenziò una riduzione di flusso cerebrale.

Solitamente, la sindrome di Cotard viene trattata con medicinali antidepressivi e antipsicotici, associati a delle sedute di psicoterapia. In questo percorso si tende, generalmente, a coinvolgere i familiari, in quanto il paziente potrebbe non riconoscere il proprio stato in piena autonomia.

Nonostante la sindrome di Cotard non sia riportata nel DSM (Manuale Diagnostico e Statistico delle malattie mentali), e nonostante sia associata ad altre patologie neuropsichiatriche, verosimilmente rappresenta una sindrome ben definita e ciò dovrebbe stimolare i ricercatori a studiarne ulteriormente i meccanismi fisiopatologici. 

Carlo Reina

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