Plasma di soggetti guariti contro il COVID-19: ottimismo per il nuovo trattamento

Sono oltre 70000 in Italia le persone che hanno vinto la battaglia contro il Coronavirus. Potrebbero aiutare chi ancora sta lottando con il virus? Utilizzare il plasma dei pazienti guariti come terapia per l’infezione da SARS-CoV-2 fa ben sperare.

Farmaci Covid-19: a che punto siamo

La pandemia da Coronavirus ha creato una grave crisi sanitaria in tutto il mondo.  Sviluppare un vaccino o dei farmaci antivirali specifici in questo momento rappresenta una priorità, ma si prospettano ancora tempi non molto vicini per la loro commercializzazione ed utilizzo.

Nell’attesa si è dato il via all’utilizzo di farmaci off-label come lopinavir/ritonavir, idrossiclorochina, eparina; essendo “presi in prestito” da altre malattie, questi farmaci non presentano indicazioni terapeutiche specifiche per il trattamento della Covid-19. In questo momento sono in atto diversi studi sperimentali che si spera portino presto a nuove informazioni in merito alla loro reale efficacia e sicurezza.

Tra le varie proposte di trattamento nell’ultimo periodo ha attirato l’attenzione la possibilità di curare gli infetti con il plasma dei pazienti che hanno già superato l’infezione.  Per gli esperti non è niente di nuovo, in passato fu già utilizzata con successo anche per altre epidemie come SARS, MERS e H1N1 con efficacia e sicurezza soddisfacenti.

Terapia con il plasma, cosa significa?

Quando vi è in atto l’invasione da parte di un microrganismo, l’uomo attiva il suo sistema immunitario per difendersi. Si instaura così un meccanismo di riconoscimento del patogeno da parte dei leucociti, che genera una risposta mediata dalla produzione di anticorpi specifici per eliminarlo. Questo processo però richiede tempo, spesso anche settimane, e in base al tipo d’infezione l’individuo potrebbe anche perdere la vita. La formazione di anticorpi specifici per un microrganismo è quindi fondamentale.

Tra i vari anticorpi prodotti da un’individuo nel corso dell’infezione abbiamo: le IgM e le IgG. Le prime sono immunoglobuline prodotte nelle prime fasi dell’infezione e la loro presenza nel sangue indica un’infezione in corso. Le IgG, prodotte più tardivamente, indicano invece l’immunizzazione del paziente verso il patogeno nel tempo. Ovvero, la presenza di quest’ultime nel sangue dell’individuo indica che esso ha contratto il virus e ha già sviluppato un “esercito” pronto a combatterlo.

Un recentissimo studio pubblicato su Nature Medicine conferma che, i pazienti con Covid-19, a distanza di 19 giorni dai sintomi, hanno sviluppato tutti (285 i casi esaminati) immunoglobuline-G (IgG) contro SARS-CoV-2.

Ottenuto attraverso la centrifugazione del sangue, il plasma rappresenta la sua parte liquida, all’interno della quale sono presenti vari componenti, principalmente acqua, proteine (tra queste anche anticorpi) e sali minerali.

Fornire ad un malato di Covid-19 il plasma proveniente da un paziente precedentemente infetto, potrebbe essere utilizzato come cura, ma anche come profilassi per sfuggire all’infezione.

 

Lo studio

In Cina è stato effettuato uno studio che riporta l’esito dell’utilizzo di questa pratica clinica. I dati riguardano pochi pazienti, quindi vanno eseguiti ulteriori sperimenti e verifiche sulla sua effettiva sicurezza ed efficacia. I primi risultati suggeriscono che potrebbe essere un approccio utile nel trattamento dei pazienti più critici.

Prelevati da 40 pazienti guariti, 39 campioni di plasma hanno dimostrato di avere un alto titolo di anticorpi. Per svolgere il trattamento in completa sicurezza il plasma, prima di essere somministrato, è stato trattato eliminando eventuali tracce di Coronavirus o altri patogeni. Ad essere arruolati sono stati 10 pazienti con una media di 52,5 anni che presentavano sintomi importanti.

Gli effetti della terapia

Somministrando 200 mL di plasma si è potuto osservare un miglioramento dei sintomi clinici (febbre, dolore al petto, tosse) entro 3 giorni e la scomparsa della viremia dopo 7 giorni. Esami radiologici hanno mostrato assorbimento delle lesioni polmonari entro 7 giorni. Lo studio ha dimostrato anche sicurezza della trasfusione e assenza di effetti avversi severi.

Benché sia una ricerca preliminare, ha provato che la terapia con il plasma può migliorare le condizioni cliniche del paziente e neutralizzare la viremia.

I primi trial clinici anche in Italia

Ultimamente l’interesse degli esperti si è rivolto verso questo tipo di cura. La Food and Drug Administration ha già approvato il trial clinico per l’impiego del plasma da convalescenti come trattamento per i pazienti critici con infezione da Covid-19.

Non solo all’estero! Anche l’Italia si sta muovendo in questa direzione, in diversi ospedali sono già iniziate le sperimentazioni nei pazienti più gravi. Gli ospedali di Mantova, Pavia, Roma sono solo alcuni in cui si sta già adottando questa tecnica che finora ha dato esiti positivi.

Nonostante la dimostrazione che ci sia una ripresa con una riduzione della convalescenza, la terapia  potrebbe presentare dei limiti: una sola donazione basta per pochi pazienti e non tutti gli anticorpi sono potenti in egual modo.

E se potessimo selezionare soltanto gli anticorpi migliori?

Sempre basata sul plasma dei guariti, gli esperti stanno cercando anche un’altra soluzione: gli anticorpi d’elitè.  A lavorarci è un gruppo di ricercatori del Rockefeller University Hospital di New York. Il piano è di trovare i pazienti che hanno combattuto il virus talmente bene che i loro anticorpi potranno diventare farmaci. Trovati quelli più efficaci, schierati dal sistema immunitario contro il SARS-CoV-2, il fine ultimo è di clonarli e usarli in campo clinico. Iniettare un concentrato di questi “super anticorpi” sarebbe utile per combattere il virus in pazienti e prevenire l’infezione in popolazioni ad alto rischio.

In una rapida evoluzione della pandemia, c’è bisogno di una cura efficace e mirata contro la Covid-19, come anche un vaccino che possa prevenirla. Nell’attesa del loro sviluppo, l’utilizzo della terapia con plasma convalescente potrebbe essere una soluzione.

Georgiana Florea

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