La riflessione di Allevi: innovare per sopravvivere

Nel fitto calendario di eventi che ha contraddistinto il day 1 del X festival letterario internazionale Taobuk, spicca l’ultimo incontro in programma della giornata: nella bellissima location della Fonderia Mazzullo (Taormina), il maestro Giovanni Allevi ha raccontato la genesi del suo ultimo libro “Revoluzione: Innovazione, follia e cambiamento“. Attraverso un entusiasmante dialogo con Antonella Ferrara, presidente e direttore artistico del Festival, il compositore e pianista si è addentrato nei meandri della sua esperienza personale durante il lockdown.

Quando mi hanno detto che tutte le tournée erano annullate, ho provato un attimo di “pura disperazione”: è stato in quel momento che la pandemia mi ha raggiunto.

© Foto Musacchio, Ianniello & Pasqualini

Il punto di svolta durante il difficile periodo di quarantena, trascorso nella casa in campagna di Ascoli Piceno, come raccontato nel libro, è stata inaspettatamente una spoglia pianta di bouganville: Maddalena, nome che Allevi ha dato all’arbusto, viene curata dal maestro che, “dialogando” con lei, inizia un percorso di lenta rinascita. Ed è proprio questo uno dei temi fondamentali della riflessione indotta dal “saggio filosofico” di Allevi, la rinascita non solo personale, ma anche collettiva.

Sono tre i sentimenti che si provano quando si innova: ebbrezza della scoperta, paura dell’incerto e colpa dell’abbandono.

Innovazione, oltre ad entusiasmo (tema centrale della kermesse), è il mantra che ha caratterizzato le parole di Allevi, da sempre considerato grande innovatore nel campo musicale, non senza qualche detrattore, come lui stesso ha sottolineato. Per l’artista, l’innovatore è colui che «si trova sul limite di una nuova conoscenza, oltre il quale c’è un territorio inesplorato, e fa un passo avanti». Fondamentale punto di partenza per ogni rivoluzione è comunque un “senso di vuoto“, che un po’ tutti noi abbiamo provato durante il periodo difficile che faticosamente stiamo cercando di lasciarci alle spalle.

© Foto di Emanuele Chiara

Ma la strada per la rinascita, per l’innovazione, non è esente da conflitti: Allevi ha spesso sottolineato come molti siano restii ad abbandonare i modelli dei grandi del passato (soprattutto riguardo la musica classica); tuttavia, questo atteggiamento di “ossequioso rispetto” ostacolerebbe l’entusiasmo dell’innovatore.

Non si può dire che le grandi sinfonie della passato siano perfette e ineguagliabili: l’insoddisfazione muove qualsiasi innovatore.

Ma da un conflitto con il mondo “esterno”, si passa con facilità a uno più intimo, in quanto l’artista ha affermato che il suo più grande detrattore è stato il padre stesso; inizialmente, il genitore auspicava per Allevi un lavoro “sicuro”. Tuttavia, dalle parole dell’artista comprendiamo anche come i giudizi esterni non debbano colpirci eccessivamente, nonostante nell’innovatore sia presente questo sentimento di «paura dello scandalo» per il gesto di lesa maestà nei confronti dei mostri sacri del passato.

Le nuove generazioni hanno spesso ansia di essere giudicati: dobbiamo invertire questa tendenza, ognuno ha valore e dignità indipendentemente dal giudizio esterno. Ognuno ha una scintilla divina interna e possiede un’identità propria.

© Foto di Claudia Di Mento

È questo l’auspicio che lascia il maestro, non solo ai più giovani, ma anche – in un certo senso – a sé stesso e alla collettività: «un ritorno alla natura e al sacro».

Immancabile, in chiusura, un riferimento alla sfera spirituale: “Io credo” è il titolo di uno dei capitoli del libro, che mostra come il rapporto con Dio e il sacro si sia perso nella società contemporanea. Forse anche per questo Allevi ha scelto di chiudere l’incontro con un invito a intonare un canto gregoriano, coinvolgendo il pubblico. Nonostante qualche stonatura di troppo, i presenti hanno accettato la sfida e hanno commentato, al termine, l’esperienza, descrivendo l’emozione provata durante questa particolare esperienza.

Ecco alcuni estratti dell’intervista al maestro per UniVersoMe.

Ci ha colpiti molto la disamina sul tema dell’innovazione: secondo lei, quanto realmente l’innovazione dal punto di vista personale, intimo, si può scindere dall’innovazione dal punto di vista artistico? Quanto una viene prima dell’altra e quanto sono invece indissolubilmente legate? 

Almeno in Revoluzione, non ho voluto porre l’accento sul lato artistico, lo vedo come un pretesto per parlare dell’idea, dell’innovazione, che può coinvolgere tutti noi, in qualunque ambito.

© Foto di Emanuele Chiara

Un altro tema della chiacchierata di oggi è stato l’intelligenza artificiale (I.A.). Molte professioni si sentono minacciate dalle sue potenzialità. Lei ha affermato che, ascoltando una versione composta da una I.A. della celebre Incompiuta di Schubert, ha avuto la sensazione che mancasse qualcosa nel risultato finale. Secondo lei, gli esperti del settore, non sapendo che una sinfonia è stata composta da una I.A., sarebbero stati in grado di capirlo al volo?

No, era impossibile capire che era stata completata da una rete neurale; però non avrebbe avuto la forza di scavalcare i secoli, sarebbe rimasto un lavoro “funzionale”. Magari potrebbe essere utilizzata per realizzare una musica di sottofondo di uno spot, senza avere nessuna pretesa di raggiungere reti artistiche di alcun tipo. Quindi in questo senso può essere di aiuto, però se vogliamo parlare di una musica che ti sconvolge l’anima e che scavalca i secoli, credo che sia impossibile allo stato attuale.

Lei nello specifico ha parlato di caducità della vita, della morte, per discernere le due melodie, entrambe perfette tecnicamente. Ma secondo lei possono essere coinvolte anche altre emozioni per differenziare la mano umana da quella artificiale?

Sì, sicuramente è coinvolto tutto un altro spettro di emozioni, ma ruotano tutte attorno al senso della caducità e al senso della propria morte.

Ho cercato una falla nel sistema e alla fine ho capito quale fosse il problema: l’essere umano ha il senso di morte, la macchina no; il gesto artistico è un atto di rivalsa nei confronti di questo.

Emanuele Chiara, Claudia Di Mento

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