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Zaky resta in carcere: prolungata la custodia di altri 45 giorni. Amnesty accusa l’Italia

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Si prolunga per altri 45 giorni la custodia cautelare presso il carcere di Tora al Cairo dello studente egiziano Patrick Zaky che, prima di essere arrestato il 7 febbraio 2020 con l’accusa di propaganda sovversiva, frequentava ed era un dottorando per l’Università di Bologna.

A deciderlo, la Corte d’Assise egiziana in data 21 novembre, dopo un ennesimo rinvio disposto il 7 novembre scorso.

La storia sembra ripetersi all’infinito, come un cerchio che non vuole chiudersi: un ulteriore prolungamento della custodia era stato previsto a luglio 2020 e, da lì, solo altri temporeggiamenti e prolungamenti. Il tutto quasi nel silenzio dell’Italia, il cui intervento risulta sensibile e non idoneo alla scarcerazione del giovane.

Ad affermarlo è Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, che è intervenuto in una trasmissione di Radio Popolare proprio questa mattina:

È come se l’Italia avesse accettato l’idea che si tratta di un eventuale caso di mala-giustizia egiziana nei confronti di un cittadino egiziano e che, dunque, si lascia fare alla magistratura egiziana non tenendo conto che Patrick ha anche una storia italiana.

 

Cosa rischia Zaky in Egitto

Una vacanza in famiglia che si è trasformata in tragedia: Zaky, in carcere ormai da nove mesi, rischia di non ricevere la libertà prima di 25 anni. Questo in virtù dell’accusa di “diffusione di notizie false”, “incitamento alla protesta” e “istigazione alla violenza e ai crimini terroristici”, come disposto dai pubblici ministeri di Mansura.

Tutto sembra essere nato da dieci post di Facebook, ritenuti falsi dagli avvocati. Tuttavia, neanche gli appelli e le prove fornite in giudizio dagli stessi legali sono serviti a garantire la libertà al ragazzo.

Alla gravità dell’accusa si aggiungono le affermazioni degli avvocati del giovane, che sostengono che, al momento dell’arresto, Zaky sarebbe stato bendato ed ammanettato per 17 ore durante l’interrogatorio.

Non bisogna dimenticare, poi, che Zaky è asmatico: la situazione pandemica dell’ultimo anno lo pone come soggetto a rischio d’infezione da COVID-19, con conseguenze che potrebbero risultare disastrose per la sua salute e/o vita.

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Nuovi arresti di attivisti che collaboravano con Zaky

Negli scorsi giorni sono giunte notizie di tre arresti che hanno coinvolto i responsabili dell’E.I.P.R. (Iniziativa Egiziana per i Diritti della Persona), un’ONG egiziana che collaborava con lo studente (anch’egli attivista) per la tutela dei diritti umani in Egitto.

Si tratta di Mohammed Basheer, direttore amministrativo di EIPR; Karim Ennarah, direttore per la parte giustizia penale e Gasser Abdel-Razek, direttore generale della ONG.

L’accusa per tutti e tre gli esponenti è di essersi uniti ad un gruppo terroristico, aver diffuso false dichiarazioni che disturbano la sicurezza pubblicaaver danneggiato il pubblico interesse ed aver utilizzato un account online per diffondere false notizie.

(da sinistra: Mohammed Basheer, Karim Ennarah, Gasser Abdel-Razek – fonte: ishr.ch)

Così lo studente perde un importante cavallo di battaglia; infatti, l’EIPR aveva ingaggiato una lotta con la giustizia egiziana per ottenerne la liberazione.

L’appello di Amnesty

A questo punto il futuro della questione risulta più tetro di prima, con l’Egitto che sempre più muove atteggiamenti repressivi nei confronti di qualsiasi forma di attivismo e l’Italia che sempre meno riesce ad avere ingerenza in questioni che riguardano propri cittadini (vd. Giulio Regeni) o studenti.

Tuttavia, Amnesty International si batte ancora duramente per questa causa: è ancora possibile firmare l’appello per la scarcerazione del giovane dottorando. L’ONG lo ritiene, infatti, un prigioniero di coscienza detenuto esclusivamente per il suo lavoro in favore dei diritti umani e per le opinioni politiche espresse sui social media.

Al momento, sono state raggiunte più di 124.000 firme su un obiettivo di 125.000.

 

Valeria Bonaccorso

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