Endometriosi: nuove speranze dal mondo della ricerca

L’endometriosi è una patologia insidiosa, a eziopatogenesi non ben definita, e spesso sottodiagnosticata.
Ne soffrono in Italia almeno tre milioni di donne, alcune delle quali con una sintomatologia così grave da essere invalidante.
Tuttavia la maggioranza della popolazione è all’oscuro della sua esistenza.

Ma di cosa si tratta esattamente?

La malattia

L’endometriosi è la presenza anomala (o detta in gergo medico ectopia) di tessuto endometriale in altre sedi che non siano l’utero.
Gli organi più colpiti sono: ovaie, tube, peritoneo, vagina, intestino.

Come nell’endometrio normale, anche in quello ectopico avvengono delle modifiche causate dagli ormoni durante il ciclo mestruale, con sanguinamenti e fenomeni di irritazione e cicatrizzazione.
Questo causa dolore pelvico, spesso durante i rapporti sessuali, rigonfiamento addominale, infertilità, astenia, nonché un grave distress psicologico.
Il distress è dovuto anche a uno stigma che ancora permane nei confronti delle pazienti, ritenute da alcuni medici esagerate nel riportare il dolore, e al ritardo nella diagnosi e nella somministrazione delle cure.

Prospettive di trattamento

Solitamente il dolore cronico da endometriosi viene trattato con farmaci anti-infiammatori (preferibilmente FANS) al bisogno, o si intraprende una terapia ormonale sostitutiva.
Quest’ultima sembra avere un beneficio sia in termini di diminuzione del dolore che di aumento della fertilità nelle donne che ricercano una gravidanza.

Si può ricorrere, nei casi più gravi e refrattari, alla terapia medica e al trattamento chirurgico con rimozione delle lesioni qualora esse vengano individuate.
In situazioni estreme, anche la menopausa chirurgica può essere un’alternativa per attenuare i sintomi, nonostante non sia quasi mai presa in considerazione nelle donne fertili, anche su richiesta della paziente stessa.

Novità dal mondo della ricerca

Un recente studio, pubblicato sulla rivista scientifica Cell Reports, apre a nuovi orizzonti sul fronte della terapia per l’endometriosi, in particolare per la variante causata da una mutazione del gene ARID1A, caratterizzata da una elevata gravità e da un impatto molto negativo sulla fertilità. Come ribadito, le cause dell’endometriosi sono avvolte da mistero e la scoperta del ruolo di questo gene è stato un ulteriore passo avanti per la loro comprensione.

Cosa comporta la mutazione di ARID1A?

Essenzialmente, una mutazione di questo gene porta all’attivazione di alcuni enhancers, proteine che vanno a stimolare delle porzioni del genoma cellulare, che correlano con una disregolazione della normale funzione endometriale.
Questa disregolazione a sua volta può portare all’impianto in sede anomala del tessuto uterino, a causa dell’acquisizione da parte delle cellule di un fenotipo invasivo. Inoltre, è stata rilevata una associazione tra ARID1A e p300, una proteina che regola la trascrizione genica, la maturazione e la crescita cellulare.

Ipotesi terapeutica e speranze per il futuro

Appare dunque evidente come, se si trovasse un farmaco capace di agire su questi enhancers, si riuscirebbe a mitigare, se non del tutto curare, l’endometriosi ARID1A correlata.
Qui viene in aiuto la target therapy, cioè una terapia creata ad hoc per agire su un determinato bersaglio molecolare.
In questo particolare studio il target era P300, che una volta silenziato andava a bilanciare gli effetti della mutazione di ARID1A e della patologia.
Questo è solo il trampolino di lancio per ulteriori scoperte in campo farmacologico. Si auspica che le pazienti che soffrono di endometriosi possano ottenere al più presto il riconoscimento e le cure che meritano.

Maria Elisa Nasso

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