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Cover "New Blue Sun" di André 3000. Etichetta discografica: Epic Records.

André 3000 è tornato ma non è più quello di prima

uvm 4 stelle
L’intenzione dell’artista è quella di “sospenderci” fra le note del suo flauto, alla ricerca di una nostra interpretazione emotiva, senza concentrarci troppo sulla qualità tecnica del lavoro in sé. – Voto UVM: 4/5

 

Dopo 17 anni di silenzio musicale dal rilascio di Idlewild, ultimo album degli OutKast, leggendario duo hip-hop di Atlanta, André 3000 fa il suo debutto da solista con un album new age dove è il flauto a fare da padrone.

Capita molto spesso nel mondo della musica di fare delle previsioni sulle uscite imminenti ma, quando si parla di un nome come quello di André Benjamin (in arte André 3000), è difficile pensare che avrebbe suonato qualcosa non hip-hop. Il duo da cui proviene infatti, gli Outkast, ha dominato la scena a cavallo fra gli anni ’90 e i 2000 con un successo difficile da eguagliare: Stankonia e Speakerboxxx/The Love Below sono fra gli album più venduti nella storia del genere. Oltre ai grandi numeri gli Outkast hanno anche plasmato un’eredità musicale da trasmettere, influenzando numerose generazioni successive di rappers – uno fra tutti, Tyler, the Creator – e aprendo, con il southern hip-hop, un nuovo fronte musicale in una scena che in quegli anni era culturalmente dominata dalla West ed East coast statunitensi.

Eppure, nonostante André 3000 avesse potuto vivere di rendita sulla scorta della fama e del nome creatosi con il compagno Big Boi, ha deciso di imbracciare il flauto e suonare “indisturbato” per le strade di Los Angeles. Da questa esperienza viene fuori New Blue Sun, un album a metà fra l’ambient jazz e la new age, completamente strumentale e realizzato insieme al musicista e produttore Carlos Niño.

Un lavoro di improvvisazione

Come André stesso ha dichiarato, il suo lavoro non nasce da uno studio e da una preparazione metodici. È un flusso di coscienza musicale dove le parole sono sostituite dal suo flauto, accompagnato da altri strumenti come gong, bastoni della pioggia, sintetizzatori, tastiere, violini, la cui organizzazione armonica è affidata al producer Carlos Niño. Persino la lunghezza e i refusi voluti dei titoli delle tracce rendono l’album “non intenzionale”.

Con il brano d’apertura I Swear, I Really Wanted to Make a ‘Rap’ Album but This Is Literally the Way the Wind Blew Me This Time (“Lo giuro, volevo davvero fare un album rap ma questo è letteralmente il modo in cui stavolta sono stato trasportato dal vento”) l’artista sembra quasi volersi giustificare con il suo pubblico per la sua scelta inaspettata, facendo subito intendere quale sarà il leitmotiv dell’intero lavoro, ovvero il flauto. In Ninety Three ‘Till Infinity and Beyoncé, dove la storpiatura della parola “beyond” lascia all’ascoltatore una certa libertà di interpetazione, le sonorità ambient elettroniche di Matthewdavid ci trasportano in un viaggio dai caratteri atavici e un po’ tribali.

Un’accoglienza incerta per André 3000

Non è certamente un album facile da comprendere, André 3000 lo sa bene e non si aspetta di certo un’acclamazione unanime. I critici si sono infatti divisi subito fra chi ci ha visto il coraggio di un artista in fuga dalla fama e alla ricerca della normalità e fra chi invece la solita solfa new age neanche molto ambiziosa. L’intenzione dell’artista non è comunque quella di lanciare un messaggio ben preciso, è più quella di sospenderci fra le note del suo flauto alla ricerca di una nostra interpretazione emotiva, senza concentrarci troppo sulla qualità tecnica del lavoro in sé.

E a chi lamenta il suo mancato ritorno nel mondo dell’hip-hop l’artista ha affermato in un’intervista a GQ (intento a fare il bucato in una lavanderia a gettoni):

Come posso aspettarmi che tu sia
eccitato riguardo a un mio lavoro
se io stesso non lo sono?

 

Francesco D’Anna

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