… dietro il fenomeno della “Fata Morgana” si nascondono antiche leggende?

Fin dai tempi dei primi colonizzatori greci lo Stretto, porta della Sicilia, è il posto in cui il confine fra la natura e il sovrannaturale diventa sfumato; così, le tempeste e i gorghi che si inghiottono le antiche navi diventano opera di terribili creature divoratrici di uomini, e i capricciosi venti che ne increspano le acque sono i figli del dio Eolo che dimora nelle vicinanze; ogni fenomeno naturale che riguarda lo Stretto trova sempre la sua spiegazione nel mito.

Forse il più spettacolare di questi fenomeni è quello della cosiddetta Fata Morgana, che si osserva comunemente su entrambe le sponde dello Stretto nei mesi torridi dell’estate, quando sulla sponda opposta appaiono immagini tremolanti nelle quali si riconoscono alberi, palazzi, figure che possono far sembrare all’osservatore la terraferma più vicina di quanto non sia.

Niente più che una questione di fisica: in particolari condizioni atmosferiche la luce viene curvata dal passaggio attraverso diversi strati d’aria a diverso indice di rifrazione, dando origine ad un effetto ottico molto simile ai miraggi del deserto. Ma questo gli antichi non lo sapevano, ed è per questo che si è diffusa la leggenda della Fata Morgana.

La storia della Fata Morgana ha origini antiche ed ignote: le prime attestazioni dell’uso di questo nome per descrivere il fenomeno risalgono al Seicento, ma la storia ha probabilmente radici più antiche, che affondano nel medioevo cavalleresco. Morgana infatti è la fata delle acque del ciclo arturiano, sorellastra di re Artù: vive in un castello di cristallo nascosto sotto le acque del mare, e con le sue illusioni porta alla rovina i naviganti. Legata al fratellastro Artù da un rapporto ambiguo di amore e odio, è la prima causa della distruzione del suo regno; ma, alla fine dell’ultima battaglia del re, riconciliatasi col fratello morente, è lei che lo trae in salvo portandolo nella magica isola di Avalon, cura le sue ferite e lo mette a riposare, nascosto sotto una montagna incantata, in attesa del giorno del suo glorioso ritorno.

Ma che ci fa un personaggio della mitologia celtica nella mediterranea Sicilia del mito omerico?

Probabilmente le leggende del ciclo arturiano sono arrivate in Sicilia al seguito dei re normanni. È infatti Gervasio di Tilbury, storico inglese al servizio del re Guglielmo sul finire del XII sec., che per la prima volta identifica nel vulcano Etna la sede dell’ultima dimora di Artù. La leggenda, ripresa da diversi altri autori medievali, si arricchisce di elementi nel tempo: la mitica Avalon sarebbe la Sicilia e l’Etna sarebbe quindi il monte incantato dove Morgana ha trasportato Artù.

È per difendere il riposo del re da eventuali intrusi che Morgana mette in atto i suoi potenti incantesimi. La troviamo quindi in diverse leggende in cui difende la Sicilia dagli invasori, facendo apparire ai comandanti nemici, giunti sulle sponde della Calabria, la terraferma talmente vicina da spingerli a buttarsi a mare per raggiungerla a nuoto, annegando miseramente; o ancora, in una altra versione della storia, è lei che offre il suo aiuto addirittura al conte Ruggero per liberare la Sicilia dai saraceni; aiuto che Ruggero, devoto al Dio dei cristiani più che a una fata pagana, cortesemente rifiuta…

Come spesso succede, quindi, storia locale e tradizioni di terre lontane finiscono con l’intrecciarsi e confondersi nelle acque dello Stretto, crocevia di popoli e di miti.

Gianpaolo Basile

di Gianpaolo Basile

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