Educare all’arte con ‘Nuovo Cinema Paradiso’

Un film che insegna ad amare l’arte. Voto UvM: 5/5

 

 

 

Esiste un film che ci insegna ad amare il cinema, ad emozionarci, a piangere, a ridere, ad innamorarci, esiste un film capace di dimostrarci che il Cinema, che l’Arte è semplicemente e meravigliosamente Vita.

La regia è quella del grande regista siciliano Giuseppe Tornatore, anno 1988, il film è destinato a divenire una delle colonne portanti della storia del Cinema italiano, anche grazie alle musiche di Ennio Morricone.

Il suo titolo, noto a molti, è Nuovo Cinema Paradiso.

Il Cinema Paradiso, unica occasione di svago per gli abitanti del paesino siciliano Giancaldo, prende vita e diviene motivo ispiratore dell’intera pellicola, è ciò che scandisce le vite dei protagonisti, è ciò che ne le lega indissolubilmente le storie.

Nella cabina di questo cinema, alla fine degli anni 40’, in un’Italia ancora devastata dalla guerra, il piccolo Totò, bambino particolarmente vivace ed intelligente, incontra Alfredo, il cinematografo, uomo apparentemente cinico e scorbutico, ma capace di donare affetto e saggezza.

 

 

Quell’uomo, quel luogo, quelle pellicole, quella forma d’Arte che è il cinema divengono ben presto per Totò, divenuto orfano di padre, il suo principale ed unico punto di riferimento.

È qui che fin dalla tenera età egli impara a meravigliarsi dinnanzi a una pellicola, incontrando i grandi del cinema, da Charlie Chaplin a Luchino Visconti, che conosce la potenza dell’amore, tra delusioni e proibizioni, che sperimenta personalmente la fatica e il rischio del lavoro, ma anche la gratitudine e la soddisfazione per aver contribuito alla felicità di un intero paese.

In tutto questo egli è sicuramente guidato da Alfredo, che tuttavia non insegna a Totò soltanto come proiettare le pellicole, tagliarle e sistemarle. Ciò che Totò riceve da Alfredo è una vera e propria testimonianza, che racchiude in sé la necessità di nutrirsi di meraviglia, di arte, di avventura, di Amore per dare un senso alla propria vita.

“Qualunque cosa farai, amala, come amavi la cabina del paradiso quando eri picciriddu”, questa la testimonianza di Alfredo, pienamente compresa da Totò solo al momento della loro separazione, necessaria affinché egli si riconosca pienamente come erede.

 

 

Ogni movimento autentico dell’ereditare presuppone infatti il trauma dell’abbandono, del sentirsi “spogli”, “mancanti”.

Non è un caso che l’eredità acquisita al momento della morte dell’anziano sia una pellicola, composta da tutti i frammenti dei film che la censura moralistica del prete del paese aveva impedito venissero proiettati.

Essa trasmette proprio la passione del bacio, la forza dell’amore, l’irruenza dell’abbraccio, che nessuna censura può pensare di oscurare.

Totò, divenuto adulto, emozionandosi dinnanzi a questa pellicola, scopre di essere diventato quello che era già da sempre stato, fa proprio quello che era già suo da sempre e che forse, da buon maestro, Alfedro aveva già visto ben prima di lui.

Specialmente in quest’ultima scena, lo spettatore, che non può che sentirsi rapito dalla delicatezza e dalla potenza con cui Tornatore narra la storia di Totò, finisce per immedesimarsi del tutto nel protagonista.

 

 

Ognuno di noi scopre che quella meraviglia, quelle lacrime, quella gioia e quella stretta al cuore avvertite da Totò dinnanzi alla pellicola lasciatagli da Alfredo sono le stesse che noi abbiamo provato durante la visione di Nuovo Cinema Paradiso.

Ed è proprio in un coinvolgimento e in una compenetrazione tali che risiedono la grandezza e l’unicità di questo film, che rivela chiaramente come l’arte, in ogni sua forma, e le sorprendenti emozioni che essa è in grado di suscitare accomunino straordinariamente tutti gli esseri umani.

Ogni spettatore negli occhi di Totò non potrà che riconoscere la luce di colui che ha fatto esperienza della bellezza, non potrà che sperare che anche i propri occhi si riempiano sempre più spesso di quella luce che è potentissima vita.

Giusy Mantarro

di Benedetta Sisinni

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